Da una parte la squadra negoziale di Belgrado, dall'altra quella del Kosovo. Manca però la comunità serba del Kosovo. La nostra corrispondente è stata tra i suoi rappresentanti. Il backstage della preparazione dei negoziati

01/12/2005 -  Saša Stefanović

Non è ancora chiaro se ai negoziati sullo status futuro del Kosovo parteciperà anche una terza squadra negoziale, quella dei serbi del Kosovo. Lo ha proposto recentemente Oliver Ivanovic, a capo della Lista serba per il Kosovo e Metohija. Una cosa in questi giorni sembra però oramai assodata: quando verrà il tempo i rappresentanti dei serbi del Kosovo verranno ascoltati attentamente e verrà chiesto loro cosa pensano rispetto al vivere in futuro in Kosovo.

I rappresentanti dei serbi del Kosovo non siedono tra le fila della squadra negoziale kosovara. Non potrebbero farlo, i loro interessi fondamentali sono molto distanti da quelli degli albanesi del Kosovo.

Su tre cose però le posizioni di questi ultimi sono molto più vicine che in passato con i rappresentanti dei serbi del Kosovo: non si ritiene plausibile un ritorno alla situazione del 1999; non si considera possibile una divisione del Kosovo; non si sostiene la creazione di cantoni.

Ed allora quale potrebbe essere la posizione dei serbi del Kosovo?

La determinazione dello status futuro del Kosovo riguarda due elementi su tutti: quale sarà il suo futuro status istituzionale e come vi verranno garantiti i diritti delle minoranze, in particolare quella serba.

Due politici serbi del Kosovo faranno parte della squadra negoziale che difenderà gli interessi di Belgrado. Entrambi sono membri dei partiti attualmente al potere in Serbia e la loro presenza nella squadra negoziale la dice lunga su come il governo serbo intende il ruolo dei serbi del Kosovo e sulle posizioni che si aspettano questi ultimi adottino: debbono stare al fianco di Belgrado e non essere portavoce di una posizione autonoma.

Quando l'inviato speciale per i negoziati, Martti Ahtissari, lo scorso mercoledì ha incontrato i leader serbi del Kosovo ha ascoltato le loro preoccupazioni e punti di vista. Ma ha anche approfittato dell'occasione per sottolineare come dovessero provare a pensare a tutte le opzioni possibili sul tavolo, e soprattutto alle loro alternative.

Ma quali sono le preoccupazioni principali dei serbi del Kosovo?

Una delle maggiori è di riuscire a ben rappresentare gli interessi della propria comunità, riuscendo ad affrontare il tavolo dei negoziati senza essere troppo condizionati dall'emozionalità legata all'aver vissuto, dal 1999 ad oggi, in una situazione non certo facile. E con la consapevolezza che sarà a loro che verrà richiesto il compromesso maggiore e che non avranno la possibilità di mettere sul tavolo tutte le loro frustrazioni, preoccupazioni e paure nel vivere in un "nuovo" Kosovo.

I politici serbi del Kosovo temono anche di essere completamente esclusi dai negoziati, oppure che non si tenga realmente conto delle loro posizioni in merito alle questioni cruciali che andranno a condizionare e creare il Kosovo del futuro.

Alcuni dei principali leader serbi hanno inoltre esplicitato di essere preoccupati delle pressioni psicologiche alle quali potrebbero essere sottoposti. Una in particolare: che si dica loro che "lo status è già determinato, a prescindere dalla posizione da loro espressa". Vi è inoltre un'altra preoccupazione: quella di non essere in grado di convincere l'altra parte ad ascoltare le proprie posizioni, liberandosi dalle forti pressioni che sicuramente vi saranno da parte dell'opinione pubblica kosovara.

La posta in gioco è comunque molto alta, questo per tutte le parti in causa, e tra questi anche i serbi del Kosovo. Aleggia il dubbio che quest'ultima sia talmente alta che su di essa non si deciderà nulla in Kosovo e la paura che questo possa essere vero mette ancor più pressione sulle parti negoziali.

Si teme inoltre che non vi sia alcuna garanzia in merito a come procederanno i negoziati.

"Ho l'impressione che ci si tratti come un oggetto e non come un soggetto rilevante sulla scena politica" ha affermato un politico serbo del Kosovo "e questo lo fa Belgrado, la comunità internazionale e quando è strumentale ai loro obiettivi anche i rappresentanti della comunità albanese".

Dopo anni di sostanziale isolamento dalla vita politica ed istituzionale del Kosovo (a causa della loro decisione di boicottare le istituzioni kosovare) i serbi del Kosovo hanno ora la sensazione di non avere molte carte da giocare per fare in modo che la loro voce venga ascoltata e sia credibile.

Altro elemento che li preoccupa è se saranno in grado di cogliere in modo sufficiente le posizioni dei vari portatori di interesse coinvolti nei negoziati in modo da poter arrivare ad un buon compromesso. E' il sesto anno che i serbi del Kosovo vivono in enclaves, è il sesto anno che circa 250.000 serbo-kosoavri vivono da sfollati e non credono nella possibilità di un loro ritorno alle proprie case in Kosovo.

Ma nonostante queste paure un'altra cosa emerge chiara dalla maggior parte dei rappresentanti serbi del Kosovo. Sono intenzionati a rimanere in Kosovo, qualsiasi sia l'esito dei negoziati sullo status. Si sentono come rappresentanti degli interessi della comunità serba del Kosovo nel momento più difficile forse per questa gente dopo le violenze del marzo 2003 e nella consapevolezza che se non difenderanno loro gli interessi dei serbi del Kosovo nessuno lo farà, neppure Belgrado.

Poi vi è una speranza: che in futuro si riesca ad instaurare un clima di comprensione con la maggioranza dei cittadini del Kosovo e che questo possa portare al dialogo e ad una coesistenza pacifica.

A tal fine è però necessario che i leader dei serbi del Kosovo lavorino ancora molto prima di sedersi al tavolo delle trattative in modo da definire meglio la propria posizione, e gli interessi ed i bisogni della comunità che rappresentano. E' un esigenza per tutti, anche per quelli che siedono dall'altra parte del tavolo in modo che questi ultimi possano considerare anche i serbi del Kosovo come partner per costruire - assieme - il futuro del Kosovo.


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