Bandiere dell'UE © artjazz/Shutterstock

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Stimolare la convergenza con i paesi Ue, creare un mercato comune regionale e proseguire con l’integrazione settoriale nel mercato unico europeo sono tra gli obiettivi del rinnovato impegno dell’Unione europea nei confronti dei paesi dei Balcani Occidentali. Ma il percorso resta in salita

29/01/2024 -  Gentiola Madhi

Negli ultimi tre mesi dell’anno appena concluso si sono moltiplicate le occasioni di incontro tra i sei leader dei paesi dei Balcani Occidentali e i rappresentanti dell’Ue e degli stati membri. Tra gli appuntamenti principali vi è stato il summit del Processo di Berlino svolto a Tirana lo scorso ottobre e il vertice Ue-Balcani Occidentali organizzato ai margini del Consiglio Europeo a metà dicembre a Bruxelles. 

Di fronte all’impatto economico causato dall'aggressione russa contro l’Ucraina e le conseguenze della crisi pandemica, al centro dell’agenda politica europea sta il nuovo piano di crescita per i Balcani Occidentali, voluto dalla Presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, e ufficialmente presentato per approvazione alle istituzioni decisionali europee il 9 novembre scorso. L'obiettivo principale del piano è di favorire la convergenza socio-economica tra i paesi della regione e l’Unione, e bilanciare il fatto che il processo di integrazione europea dal punto di vista politico non ha fatto passi avanti significativi nel corso del 2023. 

Cosa prevede il nuovo piano di crescita?

Il livello di convergenza economica dei paesi della regione si stima sia attualmente tra il 30% ed il 50% della media dell’Ue in termini di prodotto interno lordo: a questo ritmo serviranno diversi decenni per ridurre il divario con i paesi membri. 

Di fronte a tale prospettiva, l’Ue si impegna ad introdurre un nuovo strumento finanziario per l’attuazione di un programma di riforme nella regione incentrato sulla convergenza. Il piano di crescita mira ad una maggior integrazione economica tra i paesi della regione e l’Ue, l’attuazione delle riforme fondamentali e una maggior assistenza finanziaria. 

Ai paesi della regione viene richiesto di elaborare un programma di riforme in materia di convergenza socioeconomica, che passerà al vaglio della Commissione. Le procedure previste dal piano sono allineate ai  piani nazionali di ripresa e resilienza previsti per i paesi membri. 

L’obiettivo principale degli investimenti, con  circa il 50% della dotazione a disposizione, è rivolto alla connettività in materia di trasporti ed energia, alla transizione verde e digitale e all’istruzione e sviluppo delle capacità, settori questi considerati moltiplicatori per lo sviluppo economico. Gli investimenti infrastrutturali saranno gestiti attraverso il quadro per gli investimenti nei Balcani (WBIF), strumento già utilizzato nell’ambito del Processo di Berlino. 

Le risorse messe a disposizione sono pari a sei miliardi di euro per il periodo 2024-2027, di cui due miliardi sono contributi a fondo perduto e il resto sono prestiti agevolati erogati dall’Ue. L’allocazione delle risorse per ciascun paese si basa sul calcolo della  popolazione (al 60%) e del PIL pro capite (al 40%).

Il sostegno fornito dal piano di crescita andrà a complementare i fondi messi a disposizione dall’esistente strumento di preadesione (IPA III), il quale mira all’allineamento delle legislazioni nazionali con l’acquis in vista della prospettiva adesione all'Ue. I due strumenti proseguiranno in maniera distinta, assicurandosi comunque sinergie tra loro.

Un’integrazione più graduale

Nel corso degli ultimi due anni si sono moltiplicate le iniziative dell’Ue che promuovono un’integrazione graduale dei paesi balcanici nell’Unione, allontanando nel tempo la prospettiva di adesione. 

Il Consiglio Europeo di giugno 2022 ha invitato la Commissione, il Consiglio e l’Alto Rappresentante ad avanzare verso la realizzazione dell’integrazione di questi paesi, fermo restando che il processo resta reversibile e basato sul merito. 

In quest’ottica, i sei paesi balcanici si sono già impegnati a partire dal 2017 - in seno al Processo di Berlino - a lavorare per la creazione di un’area economica regionale, con l’istituzione di un mercato comune regionale basato sui principi della libera circolazione di beni, capitali, servizi e persone, sull’esempio del mercato unico europeo. Con l’avanzamento della cooperazione economica regionale basata sulle regole e standard dell’Ue, i paesi dei Balcani Occidentali avranno l’opportunità di accedere in specifici settori che operano all’interno del mercato unico, godendo così dei benefici della parziale integrazione prima di diventare paesi membri dell’Ue.

Dal canto suo il Consiglio si è impegnato lo scorso dicembre a prendere in esame proposte che valorizzano l’integrazione graduale, compreso l’approfondimento ulteriore della cooperazione settoriale tra i Balcani e l’Ue. In tale contesto, il nuovo piano di crescita contribuirebbe alla progressiva cooperazione e integrazione delle economie della regione, come misura preparatoria per la successiva integrazione con il mercato unico.

La questione delle dispute bilaterali

Formalmente, l’integrazione graduale dovrebbe fungere da incentivo al progredire delle riforme nei paesi dei Balcani, ma la situazione sul terreno è complicata dalla presenza costante di dispute bilaterali sia tra i paesi della regione che con alcuni paesi membri dell’Ue.

Il Consiglio lega l’attuazione del nuovo piano di crescita e il relativo esborso di fondi ad una condizionalità rigorosa, e alla richiesta che nessun paese dei Balcani Occidentali blocchi il processo di avanzamento verso il mercato unico di un altro paese della regione. A ciascun paese in ogni caso resta la facoltà di sospendere in via temporanea o duratura il proprio avanzamento nell’ambito del mercato comune regionale e relativo accesso settoriale al mercato unico europeo.

Un prerequisito specifico è previsto per le relazioni tra la Serbia e il Kosovo. Le parti devono dimostrare un impegno costruttivo nella normalizzazione delle relazioni in modo tale da poter attuare gli obblighi derivanti da questo nuovo strumento finanziario. Il fine ultimo rimane l’avvio dei negoziati per un accordo globale sulla normalizzazione delle relazioni.

Ciò che resta ancora da chiarire però è il peso del potere di veto che rivestono i paesi membri dell’Unione nei confronti dell’avanzamento dei paesi balcanici. 

Al momento, sia l’Albania che la Macedonia del Nord si trovano sospesi nel loro percorso di negoziati di adesione con l’Ue proprio a causa dei veti posti rispettivamente dalla Grecia e dalla Bulgaria. Mentre Skopje si presta a svolgere le politiche e le presidenziali a metà primavera, i risultati dei quali incideranno sull’attuazione o meno della riforma costituzionale imposta dal veto della Bulgaria, i rapporti tra l’Albania e la Grecia appaiono ancora più incerti, considerando i tempi necessari per la conclusione del processo a carico del sindaco-eletto di etnia greca Alfred Beleri attualmente in stato di detenzione.

Non di poco conto è anche il ricorso all’uso del veto da parte dell’Ungheria in seno alle principali istituzioni europee. Il 15 dicembre scorso, il presidente ungherese Viktor Orban ha sospeso il processo di revisione del bilancio settennale dell’Unione, perché contrario allo stanziamento di ulteriori aiuti finanziari all’Ucraina.

Il blocco temporaneo del processo di revisione del bilancio settennale europeo ha inciso negativamente sulla tempistica dell’avvio del piano di crescita per i Balcani Occidentali, perché i fondi messi a disposizione dal piano dipendono dalla revisione del bilancio comunitario stesso.

 

Questo articolo è stato scritto nell'ambito del progetto "CORE: Cooperazione Regionale nei Balcani Occidentali".
Il progetto è realizzato con il contributo dell’Unità di Analisi, Programmazione, Statistica e Documentazione Storica – Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ai sensi dell’art. 23 – bis del DPR 18/1967. Le opinioni contenute nella presente pubblicazione sono espressione degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.


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