Andare in giro con lui per il centro di Sarajevo era un’impresa quasi impossibile: Jovan Divjak non riusciva a fare venti passi che subito si avvicinava qualcuno, lo salutava, lo abbracciava, e spesso, praticamente sempre, lo ringraziava. Ho visto più di un sarajevese portarsi la mano al cuore al solo sentire il suo nome. Una volta addirittura mi capitò in treno da Mostar a Sarajevo, quando una signora seduta di fronte a me vide che tenevo in mano il suo libro «Sarajevo mon amour».Čika Jovo era davvero l’uomo più amato di Sarajevo, e credo che lo resterà per molti, moltissimi anni a venire. Un amore autentico e granitico, temprato da quella prova terribile che la città fu chiamata dalla Storia ad affrontare ormai quasi trent’anni fa.

Divjak e la sua città d’adozione hanno attraversato insieme l'inferno, e non credo di esagerare dicendo che ne sono usciti in larga parte per merito suo e del suo eroismo.

Perché Jovan Divjak è stato davvero un eroe dei tempi moderni. Una di quelle rare persone che sono disposte non solo a morire, ma anche e soprattutto a vivere per la loro patria.

Non a caso dopo la guerra (anzi, a guerra ancora in corso) aveva fondato la sua associazione Obrazovanje Gradi BiH. Nel tormentato dopoguerra della Bosnia (quello che a volte, ahimé, sembra non aver mai fine) i ragazzi a cui Divjak ha salvato la vita, fornendo loro concreta possibilità di una esistenza migliore, sono forse di più dei cittadini a cui salvò la vita durante l’assedio. Niente secondo me fa guardare con speranza al futuro della Bosnia più del sentire quegli ex-bambini, ora giovani adulti, che dicono: «da grande voglio essere come lui».

Ho scoperto solo dopo che non amava essere chiamato Generale (i Generali sono tutti a L’Aja, diceva) e sulle prime ne rimasi sorpresa. Io l’avevo sempre chiamato cosi e non mi sembrava che gli dispiacesse. Poi ho capito: ogni qual volta una donna, di qualsiasi età o nazionalità, dimostrava ammirazione nei suoi confronti, in lui tornava a far capolino quella sorta di indulgente compiacimento da rubacuori balcanico. La galanteria non mancava di certo, in Jovan. Cosi come non mancava quell’incredibile, sferzante sense of humor, che superava il già notoriamente spiazzante umorismo balcanico. Ho sempre pensato che questa fosse una parte costitutiva della sua tempra, e che gli ha permesso di superare i tanti momenti dolorosi in cui è stato chiamato ogni minuto a rendere conto della giustezza delle proprie scelte.

Personalmente, non credo che potrò mai ringraziare Jovan Divjak abbastanza. Alcune delle decisioni importanti della mia vita le devo a lui e a tutto quello che, direttamente o indirettamente, mi ha insegnato. L’unica cosa che posso dire, oltre al fatto che che mi mancherà immensamente, è che proprio come i ragazzi della sua OGBH, io da grande vorrei essere come lui. Zbogom, Generale!

Jovan Divjak fotografato da Sara Anderlini sulle colline di Sarajevo nel 2009

Jovan Divjak fotografato da Sara Anderlini sulle colline di Sarajevo nel 2009

21/04/2021 - 

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