Una biblioteca in fiamme… una storia non raccontata

A cent’anni dal censimento del 1910: per conoscere le minoranze che popolavano l’Impero. Incontro con Kanita Foćak, uno sguardo importante sul passato comune che ebbero Bosnia e Trentino, una voce capace di raccontare la guerra recente che ha insanguinato i Balcani. All'interno di Euromediterranea

 

Nel mese di dicembre di 100 anni fa a Trento e Sarajevo, parti dello stesso Impero, fu realizzato un censimento che sottolineò il grande numero di lingue e di culture presenti entro gli stessi confini.

A Sarajevo la seconda lingua più parlata risultò essere lo spagnolo, parlato dagli ebrei sefarditi fuggiti nel 1492 dalla Spagna della Reconquista. I testi più importanti di questa comunità, custoditi nella Biblioteca Nazionale, vennero bruciati 500 anni dopo la loro venuta, nel 1992.

Nessuno meglio di Kanita Foćak (architetto - Sarajevo, Bosnia Erzegovina) può raccontare la Sarajevo dell’integrazione. Donna di origine dalmate, con nonni veneziani, sposata in prime nozze con un uomo serbo ortodosso, in seconde nozze con un uomo mussulmano, madre di due figli, vittima diretta dell’assedio di Sarajevo che l’ha lasciata vedova, Kanita può narrare il passato recente della città che è stata il crogiolo fertile della multiculturalità e delle pacifiche convivenze religiose, delle feste comuni, del Bajram mussulmano e del Natale cattolico, così come della Pasqua ortodossa a cui tutti i cittadini delle diverse religioni prendevano parimenti parte.

Il fascino dei racconti di Kanita, permeati dalla sua grande cultura, sta nella potente evocazione dei momenti di condivisone del tempo libero e della cultura, così come delle difficoltà attraversate nella guerra e nell’attuale dopoguerra. Una finestra su un passato recente in cui l’integrazione era una realtà, una voce di fiducia nel popolo balcanico.

 

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