La cortina e l’antenna. La televisione nei regimi comunisti dell’Europa centro-orientale

Incontro-dibattito

Introduce Fernando Orlandi

Interviene Paolo Carelli, collaboratore di Ce.R.T.A. - Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi Università Cattolica di Milano.


Che ruolo ha avuto la televisione durante i regimi comunisti dell’Europa orientale? Quali sono state le sue caratteristiche principali in termini di contenuti, linguaggi, flussi di distribuzione? E quali le affinità e le differenze all’interno dei singoli Paesi? Ricostruire la vicenda storica della televisione nei Paesi (ex) socialisti è un’operazione che può contribuire a superare alcuni equivoci di fondo che hanno accompagnato l’analisi e la rappresentazione del blocco sovietico da parte dell’Occidente nel corso degli anni. Da un lato, complice la cornice della Guerra Fredda, quel sistema di nazioni è spesso stato descritto come un monolite senza coglierne le profonde distinzioni storiche e geografiche, anche e soprattutto nell’ambito degli studi sulla comunicazione; dall’altro, la tendenza a definire i media dei regimi essenzialmente come strumenti di propaganda direttamente dipendenti dal potere politico, intenti a trasmettere solo noiose celebrazioni e momenti di educazione politico-culturale delle masse senza alcun ricorso a forme di leggerezza e intrattenimento, risponde solo parzialmente al vero.
Negli ultimi anni, una nuova generazione di studiosi di media e televisione (prevalentemente provenienti dai paesi in questione, ma non solo) ha avviato una riflessione sistematica sull’esperienza televisiva di quel periodo e di quel contesto politico e geografico, proprio con l’intenzione di depurarla dalle mitologie e dagli equivoci indicati. Studiare la "televisione del socialismo" può apportare un notevole contributo alla ricerca sulla comunicazione e i media studies, facilitando la comprensione di fenomeni e dinamiche relativi ad ambiti di studio più tradizionali come la geopolitica, le relazioni internazionali, la scienza politica; in particolare, può consentire di superare la dicotomia classica della Guerra Fredda restituendo a questi paesi un ruolo centrale nello sviluppo dei fenomeni culturali e creativi che hanno caratterizzato la storia della televisione (e non solo) a livello europeo e mondiale.
Una prima opera di sistemazione passa attraverso almeno tre grandi aspetti che intersecano la vicenda complessa della televisione dell’Europa orientale prima del 1989: in primo luogo, è opportuno considerare i sistemi televisivi nel loro complesso, ovvero i legami e le relazioni tra gli attori e i soggetti che a vario titolo hanno contribuito allo sviluppo del mezzo e dei suoi contenuti, dagli organismi di controllo e censura agli apparati del regime fino a industrie creative di valore come la sovietica Soyuzmultfilm o la cecoslovacca Kratki film. In secondo luogo, un ambito estremamente interessante è rappresentato dai flussi, ovvero dagli scambi di prodotti e contenuti televisivi sia in termini di importazione che di esportazione; si tratta di un aspetto che contribuisce a sgomberare, almeno parzialmente, il campo da un equivoco che vede i paesi comunisti chiusi e impermeabili a qualsiasi sollecitazione esterna. Studi e ricerche approfondite mostrano, al contrario, periodi di maggiore dinamicità e apertura dell’ambiente televisivo, mettendo in luce situazioni particolari come quella dell’Ungheria che, già a partire dalla fine degli anni Settanta, importava circa il 30% dei palinsesti complessivi (principalmente dall’Europa occidentale) o della Bulgaria dove il ricorso a programmazione straniera restava prevalentemente dentro i confini della dipendenza dall’Unione Sovietica o degli altri paesi satellite. Infine, è interessante effettuare una ricognizione dei generi televisivi che hanno caratterizzato quel periodo; ferma restando l’assoluta centralità dell’informazione e dei programmi informativi di approfondimento politico e culturale (spesso in chiave propagandistica), in molti casi l’utilizzo di più evasive forme d’intrattenimento ha svolto un ruolo di ricompattamento di alcuni valori fondanti della società socialista, come per esempio i cartoni animati oppure le serie tv costruite sulla rappresentazione della contrapposizione tra blocco orientale e blocco occidentale (per esempio, nella Germania Orientale) o sull’esaltazione della vita quotidiana nei palazzi e nei condomini (il cosiddetto ‘block of flats genre’ di prodotti come l’ungherese Szomeszdók o la polacca Alternatiwy 4, seppure quest’ultima in forma dissacrante e irriverente).
La storia della televisione nei regimi dell’Europa orientale è, pertanto, un osservatorio privilegiato per comprendere lo sviluppo del mezzo in chiave sempre più globale, per cogliere i processi di trasformazione che hanno interessato quell’area alla fine dello scorso millennio e per comprendere alcune dinamiche del presente, come l’utilizzo della nostalgia in chiave retorica e la rinnovata centralità di alcune potenze sullo scenario politico e culturale del mondo.