Tone Kralj "Rapallo" - Pokrajinski Muzej Koper

Tone Kralj "Rapallo" - Pokrajinski Muzej Koper

Resistere e farsi beffe dei regimi: Tone Kralj (1900-1975), pittore espressionista sloveno, ha attraversato fascismo e poi comunismo senza abbassare la testa. Nei suoi dipinti, conservati nelle chiese del Litorale sloveno, Marx, Hitler, Mussolini e D'Annunzio condividono la dannazione eterna

30/11/2023 -  Stefano Lusa Capodistria

Un limes tracciato dall’arte e non dalle armi. Si potrebbe sintetizzare così l’opera di Tone Kralj, pittore espressionista che ha lasciato la sua impronta in una cinquantina di chiese a ridosso del confine tra Italia e Slovenia.

Originario della Bassa Carniola, Kralj ha passato oltre 50 anni della sua vita a decorare le chiese del Litorale, molte delle quali ubicate in quella parte della Venezia Giulia che dopo la Seconda guerra mondiale passò dall’Italia all’allora Jugoslavia.

Tone Kralj

Tone Kralj

Le sue prime esperienze risalgono agli anni Venti, quando venne chiamato dalla locale organizzazione dei sacerdoti sloveni operanti nel Regno d’Italia ad ornare le loro chiese.

Un inconfondibile tratto che nasconde sensibilità sociale, senso di giustizia, la ricerca di un contatto diretto con Dio, dedizione alla causa nazionale e volontà di farsi beffe dei regimi. I suoi motivi sono spesso tratti del Vangelo di Luca dove l’attenzione è rivolta ai diseredati ed agli oppressi. Significativamente, nei suoi quadri un grande ruolo è svolto da lavoratori, artigiani e gente del popolo.

L’artista ci racconta anche un'altra storia, scomoda e nascosta sotto uno spesso tappeto nell’immediato dopoguerra dal regime comunista jugoslavo. Per il maresciallo Tito ed i suoi compagni la Resistenza e la “Lotta di liberazione nazionale” era una faccenda gestita quasi esclusivamente dai comunisti.

La cosa è alquanto vera per il resto della Jugoslavia, ma non per la Slovenia, dove il Fronte di Liberazione nacque dall’unione di varie forze di ispirazione anche cattolica e liberale.

L’antifascismo però aveva radici ancor più profonde tra gli sloveni della Venezia Giulia, dove comunisti e liberali avevano sviluppato quasi immediatamente forme di resistenza ai tentativi di “bonifica etnica” messi in atto dal regime fascista. Ben più efficace fu però l’azione di molti sacerdoti, che conservarono proprio nelle chiese e nel rapporto con i fedeli lingua e tradizioni slovene. Un supporto fondamentale in un momento un cui tutto il resto sembrava perduto.

Tone Kralj, nelle sue rappresentazioni, spiega ai credenti che resistere è possibile e necessario. In sintesi, dice che il sogno della “Slovenia unita”, l’equivalente di quello risorgimentale per gli italiani, non era perduto e non doveva essere dimenticato.

In un contesto dove le camicie nere giravano per i paesini sloveni, dove l’architettura veniva romanizzata persino modificando le punte dei campanili, Kralj dipingeva rappresentando gli angeli ed i santi con il bianco, il rosso ed il blu, i colori nazionali sloveni.

Ai loro piedi, diavoli e aguzzini che a volte avevano le sembianze del Duce, Benito Mussolini, del "Vate" Gabriele D’Annunzio e anche con quelle di altri gerarchi dell’epoca. Accanto a loro uomini in camicia nera con il pugnale alzato e più tardi anche gente in camicia bruna e diavoli con il volto di Adolf Hitler.

I dipinti nelle chiese presero vita proprio mentre il regime stringeva le maglie della censura, quando molti sloveni venivano mandati al confino o perseguitati. Era quello il tempo in cui al maestro di cappella Lojze Bratuž venne fatto bere olio di ricino miscelato a olio di motore per aver avuto l’ardire di far cantare canzoni slovene al suo coro. Morì dopo un mese e lo scrittore triestino Boris Pahor raccontò quell’agonia in quelle che probabilmente sono le più belle pagine della sua letteratura.

Né per Kralj e nemmeno per i preti sloveni del Litorale nell’immediato dopoguerra non ci fu nessun pubblico riconoscimento. Molti di essi vennero addirittura perseguitati dal regime. Nel paese andò in scena una resa dei conti durissima con gli oppositori della rivoluzione.

La chiesa slovena, che al di fuori del Litorale si era più preoccupata di contrastare i comunisti che ad opporsi agli occupanti, venne presa di mira. Nessuna eccezione venne riservata ai preti sloveni della ex Venezia Giulia. Kralj, che aveva passato gran parte della sua carriera a dipingere motivi religiosi, non era certo l’artista che poteva rappresentare il nuovo corso dell’arte slovena, così venne lasciato nel dimenticatoio.

Negli anni Sessanta - in una antologia sull’arte nel Litorale - non gli venne dedicata nemmeno una riga. Come aveva fatto già in passato si prese la sua rivincita dipingendo. Nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù di Vertoiba, a due passi da Gorizia, in un quadro con al centro il crocefisso, mise tra i dannati Karl Marx con "Il Capitale" in mano.

Accanto a lui il Maresciallo Tito, con al dito un anello che gli aveva regalato Stalin in persona e sua moglie Jovanka. Poi, poco più un là, Enrico VIII, Stalin con un martello in mano, Hitler con un elmetto in testa e anche Gabriele D’Annunzio. Una vera e propria allegorica messa alla berlina di tutte le forme di totalitarismo passate e presenti.

Delle provocazioni pittoriche di Kralj nessun esponente del regime si accorse e nessun fedele andò a spiattellare alle autorità quello che c’era dipinto in chiesa. Una alleanza che rimase granitica nel tempo tra l’artista ed i fedeli. Accadde durante il fascismo e tutto si ripeté anche al tempo del comunismo.

A portare alla ribalta dell’opinione pubblica slovena il ruolo svolto dai sacerdoti del Litorale nella conservazione della coscienza nazionale hanno contribuito in questi anni i lavori dello storico Egon Pelikan . Significativo lo studio L'attività clandestina del clero sloveno durante il fascismo- Edizioni Kappa VU.

Lo stesso Pelikan ha contribuito a far conoscere al grande pubblico anche la figura di Tone Kralj a cui ha dedicato anche molti suoi lavori, tra cui l’edizione italiana: “Tone Kralj e il territorio di confine” edito dall'Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell'Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia.


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