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Sempre più tesi i rapporti tra Lubiana e Bruxelles. Janez Janša, primo ministro sloveno, senza limiti nel provocare l'Unione europea. Lo ha dimostrato nella recente visita di una delegazione del Parlamento europeo giunta in Slovenia per valutare la situazione dello stato di diritto

20/10/2021 -  Stefano Lusa

“We do what we want and we do it with pride” (Facciamo quello che vogliamo e lo facciamo con orgoglio). Era un verso di No Limit, una celebre canzone da discoteca degli anni Novanta. Sembra oramai il motto di Janez Janša, il controverso primo ministro sloveno, che in questi mesi ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Oramai in Europa più di qualcuno lo conosce con il nomignolo di Maresciallo Twito e nel paese esiste un'applicazione che misura il tempo che il primo ministro passa sul suo social preferito.

Il premier non ha smesso di twittare nemmeno durante la visita di una delegazione del Parlamento europeo giunta a Lubiana per valutare la situazione dello stato di diritto, la libertà dei media e la lotta contro la corruzione. In programma una serie di incontri con alti rappresentati dello stato, con giornalisti ed esponenti della società civile. Janša non ha trovato il tempo per incontrare gli eurodeputati, mentre i colloqui con il ministero della Cultura sono saltati dopo che la delegazione europea si era opposta alla registrazione della riunione.

Per il primo ministro la visita non era altro che un tentativo di liquidare il governo sloveno e non sono mancati strali all’indirizzo della liberale olandese Sophie in 't Veld, che guidava la delegazione. I due da tempo sono ai ferri corti. All’inizio dell’anno, in una commissione del Parlamento europeo dove si doveva discutere della libertà di stampa in Slovenia, la in 't Veld si era rifiutata di far vedere ai deputati un video sugli attacchi alla stampa approntato dall’ufficio di Janša. Il premier l’ha subito accusata di censura, mentre lei ha risposto che il Parlamento europeo non è YouTube, dove ognuno può far vedere quello che gli pare.

Durante la visita i deputati europei non hanno mancato di punzecchiare il premier sloveno, rilevando che aveva il tempo di cinguettare su Twitter, ma non quello di incontrarli. La sua risposta è stata rabbiosa e ben presto ha trasceso i canoni del buon gusto. Prima si è chiesto quante volte una simile delegazione ha incontrato i primi ministri di Germania, Francia o Olanda e poi ha ricordato che proprio ad Amsterdam è stato ucciso l’ultimo giornalista nell’Unione europea. I toni si sono talmente inaspriti che il premier olandese Mark Rutte ha chiamato a consultazione l’ambasciatore sloveno, per tutta risposta Janša ha scritto un altro tweet in cui lo invitava a non perdere tempo con i diplomatici e la libertà di stampa in Slovenia, ma di tutelare piuttosto i giornalisti del suo paese per evitare che "vengano uccisi nelle strade".

Per gettare altra benzina sul fuoco ha pensato bene di rigirare un tweet in cui compariva un’immagine in cui alcuni eurodeputati (tra cui la in 't Veld) erano presentati come burattini di George Soros, il finanziere di origini ungheresi sopravvissuto alla Shoah, al centro di teorie complottiste spesso dalle tinte antisemite. Da Bruxelles hanno subito dato ad intendere che l’antisemitismo non ha posto nell’Unione europea. Il presidente dell'Europarlamento, Davide Sassoli ed il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel hanno invitato Janša a smetterla di attaccare gli eurodeputati sui social. Sophie in 't Veld al termine della visita si è detta preoccupata per i toni del dibattito pubblico e per il clima di conflittualità, odio ed intimidazione presente nel paese.

A dire il vero, Janša non ha fatto nulla di nuovo. Ha semplicemente usato in Europa gli stessi toni che usa con i suoi avversari in casa propria. Nell’Unione europea non si era mai visto un simile spettacolo. Sta di fatto che se in passato, Lubiana era vista come le prima della classe, quella più diligente nell’applicare gli standard politici e democratici occidentali, ora è considerata alla stregua di Polonia e Ungheria.

La rotta ad est intrapresa dal governo di centrodestra era ampiamente prevedibile. Il premier da tempo guarda più a Budapest e a Varsavia che a Bruxelles. La Slovenia, così, ha cominciato la sua strada verso i nuovi modelli di democrazia illiberale, dove la divisione dei poteri traballa. Non a caso l’esecutivo si lamenta di non essere riuscito a far fronte efficacemente alla pandemia a causa dei molti bastoni tra le ruote messi dalla Corte costituzionale, dagli altri organismi di controllo ed anche dal parlamento, dove il governo non può contare su una maggioranza certa. Intanto le leggi vengono interpretate in maniera creativa e le sentenze dei tribunali pure.

La prima a farne le spese potrebbe essere la STA, l’agenzia di stampa nazionale, che da quasi un anno non vede un soldo dallo stato e adesso rischia di chiudere. L’accusa è quella di voler disciplinare i media, anche se dal governo precisano che si tratta solo di un vizio di forma, visto che il direttore dell’agenzia, Bojan Veselinovič, si sarebbe rifiutato di firmare il contratto che farebbe arrivare i mezzi. Condizioni inaccettabili per Veselinovič, che alla fine ha deciso di lanciare la spugna e dimettersi. La questione ha movimentato anche le battute finali del vertice sui Balcani Occidentali, al Castello di Brdo, quando il premier Janez Janša e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si sono resi protagonisti di un indicativo siparietto di fronte ai giornalisti.

A riscaldare gli animi anche la mancata nomina dei magistrati sloveni nella Procura europea. Il tribunale ha recentemente stabilito che la procedura, annullata dal governo, deve essere invece portata a termine, ma nell’esecutivo non sembra esserci nessuna intenzione di dar corpo alla sentenza. Intanto dall’opposizione piovono accuse sulla presunta politicizzazione della polizia e sull’uso strumentale della forza durante le manifestazioni anti Green pass ed antigovernative di martedì 5 ottobre.

La scena politica slovena, così, di giorno in giorno sembra andare sempre più in ebollizione in un conflitto che pare oramai senza limiti sia tra governo e opposizione sia tra Lubiana e Bruxelles.

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Parlamento dei diritti 3", cofinanziato dall'Unione europea (UE) nel quadro del programma di sovvenzioni del Parlamento europeo (PE) per la comunicazione. Il PE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è di OBC Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'UE. Vai alla pagina “Il Parlamento dei diritti 3”.


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