Il rapporto tra l'attuale esecutivo della Romania e le istituzioni dell'Unione europea è sempre più conflittuale. Nonostante la presidenza del Consiglio dell'Ue, nonostante le imminenti europee
Alla Romania, il settimo paese dell’Ue per grandezza, sono assegnati 32 posti nel Parlamento europeo. In piena campagna elettorale per le elezioni europee del 26 maggio prossimo, il paese - che ha attualmente la presidenza del Consiglio dell'UE - ha ospitato il 9 maggio a Sibiu il summit di capi di stato e di governo dell’Ue.
È stato il presidente romeno Klaus Iohannis a fare gli onori di casa nella bellissimi città della Transilvania, ex capitale europea della cultura che ha avuto per alcuni anni come sindaco proprio l’attuale capo di stato romeno. I grandi assenti: il primo ministro romeno Viorica Dancila (non invitata) e il leader Liviu Dragnea del Partito Social Democratico (PSD) al governo, ma in contrasto con Bruxelles nonché con lo stresso gruppo dei socialisti europei che infatti hanno deciso di congelare i rapporti con il PSD fino a dopo le elezioni europee.
A peggiorare i rapporti dei socialdemocratici romeni con l’Ue sono state le ripetute ammonizioni e critiche arrivate da Bruxelles all’indirizzo della politica di Dragnea, leader del PSD e politico più potente del paese. Critiche per la riforma della giustizia e in particolare per leggi ritenute “ad personam” e che mirerebbero a salvare il Dragnea dal carcere, visto che quest'ultimo è stato condannato – non in via definitiva - per atti di corruzione (tra l'altro) con fondi dell’Ue.
È da quando nel 2016 i Socialdemocratici hanno vinto le elezioni - ed hanno formato un governo con i Liberaldemocratici di Calin Popescu Tăriceanu (ALDE), appoggiati dalla minoranza magiara nel Parlamento di Bucarest (l’UDMR) – che sono in un perpetuo e dannoso conflitto con Bruxelles che punta il dito verso l’indipendenza della giustizia, lo stato di diritto, la lotta alla corruzione, principi – secondo l'UE - in pericolo sotto il governo attuale. Un rapporto teso che è andato peggiorando nonostante dall’inizio dell’anno la Romania abbia assunto la presidenza a rotazione dell’UE.
Retorica nazionalista ed anti-Ue
È stata anche la retorica nazionalista e anti UE di Liviu Dragnea, esibita contro le critiche che arrivavano dall'Unione, ad irritare i leader dell'Europa unita. Ed è proprio su questo tipo di retorica che è centrata la campagna elettorale del PSD, il principale partito politico della Romania. Mentre il presidente francese Emmanuel Macron appena arrivato a Sibiu ha dichiarato che “i cittadini dovranno scegliere se vogliamo continuare a costruire insieme o distruggere l’Europa con le posizioni nazionaliste”, Dragnea non ha esitato a paragonare negli stessi giorni l’Unione europea ai “colonialisti che andavano a prendere le risorse nei paesi dove arrivavano”.
Il leder PSD ha invitato la popolazione a consumare soprattutto prodotti romeni - per il pranzo di Pasqua ha esibito sul proprio tavolo esclusivamente prodotti romeni - invocando la sovranità del proprio paese davanti alle critiche di Bruxelles con atteggiamenti che ormai evocano a molti il leader polacco Jaroslaw Kaczynski o il premier ungherese Viktor Orban.
Dov'è l'entusiasmo?
Eppure la Romania è sempre stata vista come uno dei paesi più euroentusiasti. Ed infatti mentre la cancelliera Angela Merkel faceva ieri un bagno di folla nella Piata Mare (Piazza Grande) di Sibiu i cittadini romeni scandivano la parola “Europa”, proprio nel giorno, il 9 maggio, in cui si celebra l'Unione.
Il paese è membro dell’Ue da dodici anni, periodo in cui ha contribuito alle finanze dell’Unione con 17 miliardi di euro e allo stesso tempo ne ha ricevuti 56. Denaro che ha creato sviluppo laddove le amministrazioni locali e i piccoli imprenditori hanno saputo gestirlo. Altrove esistono intere aree dove queste risorse sono state sperperate, nulla è stato fatto e vi è ancora grande arretratezza.
Ed è proprio dove la corruzione ha ostacolato ogni sviluppo che è molto probabile che la gente guardi con diffidenza verso l’UE: perché per loro nulla è cambiato e un leader come Liviu Dragnea che aumenta stipendi e pensioni in uno dei paesi più poveri dell’UE è benvenuto a prescindere dalle accuse – e condanne – di corruzione che pesano sulle sue spalle.
In Romania resta fortissimo il divario tra l'ovest sviluppato (in cerca di manodopera) e un poverissimo est e sud. Così come resta lo sviluppo ineguale tra centri urbani e località rurali. La Romania e tra i paesi con la più alta crescita economica (oltre il 4% del Pil annualmente) ma allo stesso tempo tra i più poveri dell’Unione: qui il 65% della popolazione vive in povertà. Tra questi molti votano il PSD che assicura loro sussidi sociali ma che non offre prospettive di sviluppo in alcune zone del paese dove anche le infrastrutture mancano: la Romania ha solo 823 di km di autostrade e 13 cantieri aperti da anni ma “nessuno” riesce a spigare perché in 30 anni si è fatto così poco.
Verso le europee
Sono tredici le formazioni politiche che si presentano alle europee più tre candidati indipendenti. Gli analisti politici e la stampa in questi giorni hanno sottolineato che i veri temi europei – come la disoccupazione, le migrazioni, i cambiamenti climatici, la sicurezza e gli attacchi terroristici – sono i veri assenti nei discorsi politici della campagna elettorale.
Il partito principale, il PSD, punta su una campagna elettorale dalla retorica nazionalista ben espressa dallo slogan “Patrioti in Europa. La Romania merita di più”. Gli alleati del PSD, i liberaldemocratici di Alde, puntano sullo slogan “In Europa con dignità”. Il Partito Movimento Popolare parla di “Uniti in Europa”. La nuova Alleanza 2020 USR (l’Unione Salvate la Romania) – costituita da PLUS (il Partito delle Libertà, Unità e Solidarietà) - propone invece un'Agenzia europea per i bambini, per l'inclusione e l'innovazione sociale con sede a Bucarest. I liberali del PNL (Partito Nazionale Liberale), la principale forza di opposizione in Romania, usa parole pesanti nel criticare il governo e invita gli elettori a votarli per “una Romania dove si può. Per avere città europee in tutta la Romania”. Inoltre i liberali appoggiano il presidente Iohannis per un nuovo mandato nelle elezioni presidenziali previste per fine anno.
Referendum sulla giustizia
Il presidente Klaus Iohannis ha firmato un decreto per organizzazione un Referendum sulla giustizia che si terrà insieme alle elezioni europee. I romeni sono chiamati a rispondere se sono d’accordo con il divieto di amnistia per i reati di corruzione e se sono d’accordo con il divieto di decreti governativi d’urgenza in materia di reati e pene. È di fatto un “tentativo disperato” del capo dello stato di fermare la riforma della giustizia promossa dal Partito Social Democratico e criticata ripetutamente e aspramente da Bruxelles in nome dello stato di diritto.
Una delle sfide di queste elezioni europee sarà l'affluenza. Una bassa affluenza aiuterebbe il PSD che gode di un elettorato abbastanza stabile. Tutte le altre forze politiche vogliono mostrare che vi è un’alternativa al PSD e quindi considerano le elezioni europee come un vero e proprio test anche di politica interna.
Secondo un recente sondaggio pubblicato da Politico, a livello europeo le elezioni verranno vinte dal PPE mentre in Romania il PSD otterrebbe 8 seggi, il PNL 9, l’Alleanza 2020 USR Plus 7, 4 per il Partito Pro Romania dell’ex PSD Victor Ponta, 4 anche per i liberal democratici di Tăriceanu (ALDE), alleati al governo con il PSD, mentre l’Unione Democratica dei Magiari della Romania (l’UDMR) e il Partito Movimento Popolare (PMP) dell’ex capo dello stato Traian Băsescu non riuscirebbero ad accedere nel Parlamento europeo.
Dossier
Tra il 23 ed il 26 maggio 2019 nei 28 paesi dell'Unione europea si terranno le votazioni per l'elezione del Parlamento europeo. Un appuntamento importante che in questo dossier guardiamo dal punto vista dell'est Europa e con una particolare attenzione ai dati, grazie al nostro progetto di datajournalism EDJNet
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