Riportiamo l'intervento integrale di Emilio Molinari intervenuto lo scorso dicembre al convegno di OB "Vivere senza futuro? L'Europa tra amministrazione internazionale ed autogoverno: i casi di Bosnia Erzegovina e Kossovo.

10/01/2005 -  Anonymous User

Ringrazio l'Osservatorio su Balcani per avermi fornito l'opportunità di intervenire su questioni che mi stanno molto a cuore. Gli argomenti dei quali si è dibattuto in questi anni con l'Osservatorio, con l'ICS e con altri soggetti della cooperazione cominciano a diventare ora elemento di prospettiva politica e di intervento strategico nei Balcani. Dove è arrivato il momento a mio avviso di proporre una vera e propria "cultura dell'acqua".

Il caso del Tara è a mio parere un simbolo della questione dei protettorati, cioè di territori dall'identità indefinita, territori moderni nati dopo la caduta del muro di Berlino, che sono continuamente in bilico tra autogoverno, definizione di una propria identità e delega alle organizzazioni internazionali. In bilico dentro la formazione stessa dell'Europa, in equilibrio precario anche nella definizione dei processi di sviluppo: tra "area di pascolo" per gli interessi forti e criminali e la possibilità di sperimentare nuovi percorsi della politica e dell'economia, i cosiddetti "percorsi partecipati" di cui si discute molto.

Dentro la crisi globale delle forme democratiche dei partiti e delle rappresentanze, il ritorno al valore dei beni comuni della vita quali ad esempio l'acqua ed i fiumi - dove sono nate le civiltà, la democrazia, le relazioni - sono fondamentali. Basti considerare che attorno ai beni comuni si sono create forme forti di autogoverno: si pensi agli statuti sull'acqua dei comuni del Medioevo europeo ed in particolare italiano.

Tutto questo significa riscoprire i valori sui quali rifondare la comunità a partire dal basso, valori che diventano gli elementi sui quali si ricostruisce. Questa considerazione vale per questi territori in bilico costante, ma anche per il nostro Paese, vale per l'Europa che si sta costruendo, vale per tutto il mondo: si tratta di una scommessa che giocano i Bosniaci e la ex Yugoslavia, ma in generale tutta l'Europa.

Che tipo di civiltà, di democrazia si può costruire a partire dalla gestione diretta di questi beni? Che senso dare al "locale", al "globale" a partire dalla gestione diretta di questi beni? "Il Tara è la nostra anima" ha detto in precedenza qualcuno. Riscoprire che l'acqua, i grandi fiumi sono l'anima dei popoli, qualcosa di ancestrale nell'anima dell'uomo, è un valore che abbiamo perso dentro la modernità e che va ritrovato.

Il Tara è un bellissimo fiume, un patrimonio dell'Umanità, perché il Tara è per tutti, non solo per i Montenegrini, è una fonte d'acqua alla quale si deve attingere in modo ragionato, il suo è un territorio transnazionale in cui si incontrano le diverse nazionalità in un area in cui i confini sono diventati qualcosa di indeterminato per certi versi: il Montenegro che fa parte della Federazione di Yugoslavia insieme alla Serbia, dall'altra parte, nella direzione in cui costruiranno la diga sulla Drina, opera che allagherà il Tara, abbiamo la Republika Srpska, che sta all'interno della Bosnia ed Erzegovina con tutto ciò che questo comporta in termini di sovranità, di formazione delle leggi, di modo di esercitare l'autogoverno e nel modo in cui può essere elemento di conflitti nuovi.

Un diga lungo questo fiume non va a ricostruire un tessuto di relazioni tra etnie, oltre i confini, ma accentua gli attriti.

La realtà attraverso la quale scorre il Tara è un luogo in cui la povertà e la guerra hanno determinato sfiducia nei governi, in cui dilagano criminalità e corruzione, in cui vi è indeterminatezza delle decisioni e poca chiarezza sugli interessi da esse sottesi. Inoltre vi è in Bosnia Erzegovina una delega continua al protettorato, che diventa così "cultura antropologica" delle persone: si rimette all'organizzazione internazionale la soddisfazione dei bisogni, perché la gente non ha più fiducia nelle proprie istituzioni e in se stessa, non ha più fiducia neanche nella sua possibilità di ripartire.

La questione del fiume Tara è emblematica anche per altre ragioni. E' una realtà in cui opera una multinazionale inglese, che ha prestanomi locali e si appoggia a personalità locali. In altre aree operano multinazionali tedesche, francesi, europee in genere, perchè nel settore della gestione delle acque, le più grandi multinazionali a livello mondiale sono europee e la loro gestione si attua con l'esclusione totale della cittadinanza locale da ogni decisione in merito alla produzione di energia idroelettrica.

Si deve ripartire perciò dal bene comune acqua per ridefinire nuovi percorsi della democrazia.

L'enfasi mondiale attorno all'acqua non è da imputare solamente ad un problema ambientale, non è solo la difesa di una meraviglia della natura, ma è qualcosa di più, si tratta di un vero e proprio passaggio epocale.

L'acqua intesa come indicatore di una grande crisi ambientale mondiale che sta diventando crisi sociale, che traccia addirittura i confini dell'esclusione: 1.400.000.000 di persone che non hanno accesso all'acqua potabile, grandi continenti che oggi, all'interno della grande crisi dell' esaurimento dell'acqua e del petrolio, stanno sconvolgendo l'insieme degli assetti globali, pensate a cosa significa la crisi energetica e quella idrica per un Paese come la Cina, in questo momento i Cinesi stanno costruendo 111 grandi dighe, perché non sanno più come preservare l'acqua per lo sviluppo e in questo contesto si gioca la partita della "grande rapina internazionale" cioè l'accaparramento di queste risorse, che diventano una merce da comprare, costringendo i governi a metterle sul mercato nelle forme più disparate, come per esempio l'acquisizione dei servizi idrici delle città o l'imbottigliamento dell'acqua, dopo avere convinto 6 miliardi di persone che solo attraverso l'acqua in bottiglia possono soddisfare la loro sete, i loro bisogni, oppure gestendo i grandi invasi d'acqua per l'energia idroelettrica attraverso il meccanismo delle concessioni trentennali.

Pensate all'Albania: il governo italiano ha commissionato all'Università di Bari uno studio sulla possibilità di prelevare l'acqua dall'Albania attraverso una condotta sottomarina per alleviare la siccità del sud del Paese. I dati ci dicono che la Bosnia è uno dei grandi Paesi ricchi di risorse idriche, che quindi diventano appetibili per gli altri che ne hanno bisogno. La Bosnia, con un indice di disponibilità idrica per abitante pari a 16 supera l'Italia, alla quale corrisponde un indice di 2,6 e la Spagna con un indice di 2,3. Contro un indice di esauribilità che è di 35 in Bosnia, l'Italia presenta un indice pari a 6,5, mentre per la Spagna l'indice è al 6,3, si tratta ben inteso di acqua potabile dei grandi fiumi.

In Bosnia Erzegovina si stanno facendo programmi energetici pressoché su tutti i fiumi: sul Tara, sul Vrbas, sulla Neretva, sull'Una ma questi programmi non sono ancora definitivi e tra l'altro risalgono agli anni '80, a quando c'era ancora la Yugoslavia e quando la Bosnia era già produttrice di energia elettrica.

La partita in Europa si gioca anche con i Paesi balcanici come potenziali fornitori di acqua e i Paesi dell'Europa Occidentale come potenziali acquirenti; c'è l'Europa della direttiva 2060 che traccia i percorsi della partecipazione dell'acqua intesa come bene comune, dell'acqua partecipata e c'è l'Europa delle multinazionali che vanno a comprarla, si tratta di uno scontro trasversale: il governo olandese, di centrodestra, in questi giorni sta votando una legge che dichiara l'acqua come bene comune e che fa divieto di metterla sul mercato; dall'altra parte del mondo, l'Uruguay con un governo di centrosinistra, il primo dopo 170 anni, propone un referendum sul medesimo divieto e lo vince.

Dobbiamo inserirci in questo network mondiale trasversale per condurre insieme la battaglia per l'Europa, per i territori "in bilico" costruendo attorno a questo la democrazia. Nella direttiva 2060 è stato inserito anche "Il contratto dei fiumi", tra le popolazioni che vivono sui fiumi, sul quale si può iniziare a ragionare. A marzo del 2005 si terrà a Ginevra il Forum Mondiale dell'Acqua, in cui convergeranno delegazioni da ogni parte del mondo, si sta costituendo anche il comitato bosniaco sull'acqua insieme all'ICS, alle ADL, all'Osservatorio sui Balcani. A Ginevra bisognerà presentare un rapporto sull'acqua nei Balcani e fare del Tara un elemento simbolo di questa battaglia.


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