A tre settimane dal voto, la campagna elettorale slovena viene infuocata dalle accuse mosse dalla tv di Helsinki YLE, che chiama in causa in prima persona il premier Janša in uno scandalo di corruzione legato all'acquisto di 135 blindati finlandesi Patria

03/09/2008 -  Francesco Martino

Si può proprio dire che la notizia è scoppiata ieri "come una bomba". La tv di stato finlandese YLE, con un lungo servizio firmato dal giornalista investigativo Magnus Berglund, ha accusato il premier sloveno Janez Janša di essere direttamente coinvolto nello scandalo di corruzione legato all'acquisto di 135 blindati 8x8 dalla compagnia finlandese Patria, un affare da 278 milioni di euro.

La tv di Helsinki, citando documenti degli inquirenti finlandesi, che sul caso indagano già da un anno e mezzo, fa nomi e cifre, tirando in ballo lo stesso premier sloveno Janez Janša, fino allo scorso luglio presidente di turno dell'Ue. Ben 22 milioni di euro sarebbero stati versati per favorire la scelta dei blindati Patria rispetto alla concorrenza della compagnia americana General Dynamics.

Secondo le accuse, quasi nove di questi sarebbero andati direttamente a Janša e al suo Partito democratico (SDS). A mediare la "transazione" sarebbero stati tre noti faccendieri sloveni : Walter Wolf (sloveno-canadese), Jure Cekuta e Rudolf Leban, il cui nome apparve già nelle mediazioni tra il clan Ciancimino e la Geoplin (impresa statale slovena) per la gestione del progettato gasdotto russo che, passando per la Slovenia, dovrebbe arrivare fino in Italia.

Nella rosa dei nomi eccellenti indagati dalla Finlandia c'è pure quello del brigadiere Dragan Bavčar, influente militare, fratello del più noto Igor Bavčar, ex ministro dell'Interno durante la secessione slovena, poi ministro per l'Ue e ora uno dei maggiori magnati sloveni.

Il caso Patria surriscalda il dibattito politico politico sloveno già da due anni. L'opposizione aveva a più riprese richiesto una chiarificazione dei suoi lati oscuri, ma la maggioranza di governo ha puntualmente impedito che la commissione parlamentare, costituita per fare luce sulle presunte irregolarità, potesse portare a termine il suo mandato.

La maggioranza ha poi destituito il presidente della stessa commissione, il socialdemocratico Milan Cvikl, e impedito che la commissione si incontrasse con gli inquirenti finlandesi durante le loro visite in Slovenia. Fonti dell'opposizione slovena sostengono che ad intralciare le indagini fosse la stessa procura di stato, guidata da Barbara Brezigar, fedele delfina del premier Janša.

Lo schema di corruzione secondo le accuse (Delo)

Il servizio della TV finlandese piomba come una pesante mazzata sulla campagna elettorale in Slovenia. Alle elezioni parlamentari, previste per il prossimo 21 settembre, mancano meno di tre settimane, e gli ultimi sondaggi danno all'attuale premier un vantaggio risicato sul principale avversario diretto, i socialdemocratici di Borut Pahor, ma poche chance di riottenere una maggioranza in parlamento. Adesso lo scandalo Patria rischia di rimescolare completamente le carte in gioco.

Janša non ha però tardato a rispondere alle accuse, appoggiato senza riserve dal proprio partito. In una conferenza stampa convocata ieri d'urgenza, ha smentito ogni accusa sul caso Patria, indicando nell'opposizione (soprattutto nel deputato SD Milan Cvikl) e nell'impresa concorrente a Patria le fonti delle accuse lanciate nei suoi confronti dalla Tv di stato finlandese.

Janša ha definito le accuse "bugie allo stato puro" che "qualcuno dalla Slovenia ha messo in bocca ai giornalisti finlandesi". Dall'Ufficio del governo per i rapporti con l'esterno è partita una lettera diretta al direttore di YLE, nel quale si chiede che "il giornalista Magnus Berglund sostenga le rozze accuse contro il premier Janez Janša con prove inconfutabili", o in caso contrario, che si facciano pubbliche scuse al premier sloveno da parte dell'emittente.

In un'intervista pubblicata stamattina da quotidiano lubianese "Dnevnik", il reporter finlandese ha però ribadito le conclusioni del proprio servizio. "I fatti non sono fantasia, ed io riferisco fatti che sono stati controllati ben due volte da fonti diverse. Difendo in pieno il lavoro fatto".

Da Helsinki, intanto, arrivano altre interessanti notizie: dopo aver licenziato per sospette attività corruttive il presidente del consiglio di amministrazione, e con le indagini che durano ormai da un anno e mezzo, Patria ha congelato ogni contatto (provato e documentato) con le ditte mediatrici Leban Samp Leban di Lubiana e la Riedl di Vienna.

Secondo la YLE sarebbero state queste due aziende a fare da mediatori per far arrivare il denaro ai funzionari sloveni corrotti. Il grosso dei pagamenti (in parte già effettuati) sarebbero stati versati in ottobre, insieme al bonifico per i blindati.

Mentre si aspettano ulteriori sviluppi della vicenda, è difficile prevedere quale sarà l'effetto dello scandalo Patria sulla campagna elettorale e sul voto, vista la forte polarizzazione della scena politica ma anche dell'opinione pubblica slovena. E' però difficile pronosticare che quello che il caporedattore del quotidiano "Delo", Darijan Košir, ha definito nel suo editoriale di oggi "uno degli scandali più grandi in Slovenia negli ultimi decenni", possa passare senza lasciare il segno.


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