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Otpor, il famoso movimento che ha avuto un ruolo determinante nella caduta del regime di Slobodan Milošević, ha cessato di esistere. Tuttavia dalle sue ceneri germogliano altri movimenti che hanno intenti simili ed esportano l'esperienza di Otpor in altri paesi

11/11/2004 -  Danijela Nenadić Belgrado

Il movimento popolare Otpor (Resistenza, ndt.), un tempo l'organizzazione giovanile più influente della Serbia, simbolo della lotta contro il regime di Slobodan Milošević, ha cessato ufficialmente di esistere nel settembre 2004. I giovani di allora, che con la benedizione del mondo intero realizzarono, senza compromessi, una lotta contro il repressivo regime serbo e che con la loro campagna "E' finito" (Gotov je) ed "E' ora" (Vreme je), influirono sulla mobilitazione dei cittadini affinché alle elezioni mettessero la parola fine al decennale governo di Slobodan Milošević, hanno deciso di impegnarsi politicamente e cambiare il carattere del loro agire.

Così, dopo i cambiamenti al potere in Serbia nel 2000, Otpor si trasformò da generale movimento popolare in una organizzazione non governativa, i cui intenti principali furono la democratizzazione della società, la promozione della società civile e la lotta contro i più gravi problemi, quali la criminalità e la corruzione.

Tuttavia, l'influenza di quelli che fino a ieri erano beniamini dei più ampi strati della società fu veramente bassa, così che gli attivisti e i membri di Otpor iniziarono apertamente a parlare della possibilità di un attivo impegno politico.

La preparazione per la trasformazione di Otpor in un partito politico iniziò già alla metà del 2002, mentre la trasformazione definitiva accadde nel novembre 2003, direttamente alla vigilia delle elezioni politiche anticipate, fissate per il dicembre dello stesso anno.

I giovani entusiasti, in quel momento uniti nella Organizzazione politica Otpor, senza una tangibile esperienza nella vita politica, ebbero l'idea di creare un partito moderno di orientamento socialdemocratico, con l'intento di promuovere un diverso e responsabile contributo alla politica e alla società in generale.

Tuttavia, alle elezioni di dicembre il neo partito subì una debacle, conquistando complessivamente solo l'1.6% di voti. Una indubbia sconfitta, che fu la conseguenza della tarda trasformazione in partito, della non adeguata legge elettorale che prescrive un tetto del 5% per poter entrare in parlamento, con cui si riduce fortemente la possibilità di ingresso ai partiti minori, ma anche conseguenza della campagna che la maggior parte dei "grossi" partiti condussero contro Otpor.

I risultati delle elezioni, inoltre, dimostrarono che la mancanza di esperienza e il rifiuto di formare una coalizione pre-elettorale con qualcuno dei partiti maggiori, furono i motivi chiave della non riuscita di Otpor nell'intento di diventare un partito parlamentare.

Nonostante Otpor abbia continuato ad esistere autonomamente fino al settembre del 2004, era chiaro che questa organizzazione fosse "clinicamente morta", sicché era solo questione di giorni sapere quando si sarebbe spenta del tutto.

Le divisioni interne, le numerose pressioni dall'esterno, la mancanza dei finanziamenti e di una chiara visione su come uscire dalla crisi, la mancanza di energie e di un impegno dei leader, hanno fatto sì che si prendesse la decisione finale sulla adesione collettiva di Otpor al Partito democratico (DS) nel settembre 2004, col che l'organizzazione ha definitivamente cessato di esistere.

Con ciò si è concluso un periodo e Otpor è diventata parte di un mito sull'energia dei giovani che con il loro attivismo sono riusciti a scalzare il regime di Slobodan Milošević.

Nonostante ciò, in Serbia esistono ancora numerose organizzazioni composte dagli ex membri di Otpor, i quali hanno deciso di continuare con le loro attività nella società civile, sicché è piuttosto difficile dare un quadro preciso sulla cessazione definitiva di Otpor, ossia su chi sono le persone che oggi si rifanno al nome che un tempo era famoso.

Una di queste organizzazioni è il Centro per la resistenza non violenta, che nella sua parte preponderante riprende le attività non governative dell'allora Otpor, e che in questi giorni si è trovato al centro dell'attenzione sia del pubblico locale che di quello internazionale per le sue attività in Ucraina.

Un segmento del Centro è proprio il Training Team che realizza dei training nell'ambito della resistenza e della soluzione pacifica delle crisi e dei conflitti. Proprio questo team è stato al centro dell'attenzione del pubblico, e in particolare dopo l'impegno attivo dei trainer del Centro durante le vicende pre-elettorali in Georgia, Bielorussia e Ucraina.

Perché nell'ultimo anni diversi trainer e attivisti dell'allora Otpor hanno trasferito l'esperienza e la conoscenza impiegate nella lotta contro il regime della Serbia ai loro colleghi di varie organizzazioni studentesche e giovanili sia della regione che fuori.

Il più famoso "esportatore di rivoluzioni", come viene spesso chiamato, Aleksandar Marić ha avuto la sua prima missione compiuta in Georgia, quando ha addestrato l'allora movimento giovanile "Kmara" alle tecniche della resistenza non violenta, il cui risultato è stata la sconfitta del regime di Eduard Scevarnadze.

Dopo di che sono giunti numerosi inviti di organizzazioni studentesche dai paesi dei cosiddetti regimi autoritari, i quali hanno creduto che lo "scenario serbo" potesse essere realizzato anche alle loro condizioni. Sulla "riuscita" dei training che si sono tenuti in suddetti paesi e sul timore che potessero assistere allo stesso destino di Slobodan Milošević, la dice lunga il fatto che tutti i trainer del Centro, e in particolare Aleksandar Marić, sono stati definiti come persona non grata, col che gli è stato impedito l'ingresso in Bielorussia, Russia e Ucraina.

L'ultimo "incidente" che, come già detto, ha scosso l'opinione pubblica mondiale è accaduto una decina di giorni fa, alla vigilia del primo turno per le elezioni presidenziali in Ucraina, tenutesi il 1 novembre 2004, quando Aleksandar Marić prima è stato trattenuto all'aeroporto di Kiev, poi fatto rientrare in Serbia senza spiegazioni sul perché gli sia stato impedito l'ingresso in Ucraina.

Aleksandar Marić, d'altra parte, durante gli ultimi tre mesi aveva lavorato come consulente della rete giovanile ucraina denominata "Pora" ("E' ora"), molto simile a Otpor sia per gli obiettivi che per l'organizzazione.

Dopo questo caso, presso l'opinione pubblica locale e mondiale si è speculato sui modelli e sulle ricette per "l'esportazione" della rivoluzione pacifica. Mentre la maggior parte dei media e dell'opinione pubblica dell'estero parlano con simpatia di queste attività, tra l'opinione pubblica serba, sempre più spesso, si sentono storie su stranieri pagati, agenti della CIA, che hanno svolto il lavoro in Serbia ed ora insegnano le loro tecniche di spionaggio negli altri paesi.

Siniša Šikman, attivista e trainer del Centro, afferma che loro "non distruggono i regimi e non si immischiano alle faccende interne degli altri paesi, ma insegnano l'esperienza di Otpor e le conoscenze nell'ambito della organizzazione delle campagne civili politiche e non politiche, realizzate durante la lunga lotta contro il regime di Milošević. I nostri training sono universali e possono essere adottati in qualsiasi Paese". Secondo le sue parole, identici o simili training sono già stati realizzati in Bosnia ed Erzegovina, in Kosovo, ma anche in Paesi democraticamente sviluppati.

Tuttavia, i rappresentanti del Centro per la resistenza non violenta affermano di non essere gli eredi di Otpor, ma di avere, piuttosto, gli stessi intenti e attività, così che è giunto il tempo di chiudere la storia sul movimento che ha giocato un ruolo determinante nella distruzione del regime di Milošević e che, invece, l'attenzione vada a concentrarsi sui problemi coi quali la società serba si confronta.

Ad ogni modo, benché non esista più, il Movimento popolare Otpor guadagna un posto di tutto rispetto nella nuova storia serba, sicché il suo ruolo e la sua influenza saranno ancora a lungo oggetto di svariate analisi e discussioni.

Vedi anche:
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Otpor in politica: intervista con Nenad Djurdjevic


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