Il premier kosovaro Isa Mustafa e il premier serbo Aleksandar Vučić con l'alto rappresentante UE Federica Mogherini

Il premier kosovaro Isa Mustafa e il premier serbo Aleksandar Vučić con l'alto rappresentante UE Federica Mogherini

Il recente accordo tra Belgrado e Pristina siglato a Bruxelles viene interpretato diversamente dalle parti in causa. La posizione della Serbia in questa analisi

02/09/2015 -  Dragan Janjić Belgrado

Si sono stretti la mano, hanno firmato un accordo che obiettivamente ha una grossa importanza per la regione, hanno giocato a calcio nella stessa squadra di politici contro la squadra dell’Unione europea (vincendo), ma questo non sembra aver influito molto sulle accuse che si scambiano vicendevolmente nei loro quotidiani discorsi politici.

Così si potrebbe descrivere l'atteggiamento dei leader di Serbia e Kosovo che, sotto la forte spinta di Bruxelles e Washington, hanno recentemente compiuto quello che è ritenuto il passo più importante nel loro faticoso tentativo di ricostuire relazioni bilaterali.

Fino a pochi anni fa del resto persino un’occasionale stretta di mano tra funzionari serbi e del Kosovo sarebbe stata accolta in Serbia con una valanga di proteste e accuse di tradimento degli interessi serbi e letta come accettazione dell’indipendenza del Kosovo. Oggi nessuno nota le strette di mano e l’accordo che Belgrado e Pristina hanno firmato a Bruxelles è perlopiù interpretato come un grande successo del governo serbo. Il fatto poi che i leader serbi e kosovari abbiano giocato a calcio assieme nella squadra dei paesi che ancora non fanno parte dell’UE contro la squadra dell’Unione è solo la cigliegina sulla torta, ad uso dei media.

Un accordo storico

L’accordo che la Serbia e il Kosovo hanno siglato a Bruxelles lo scorso 25 agosto è davvero di importanza storica e apre la via verso l’euro-integrazione. E' l’apice della nuova strategia sul Kosovo che il premier Aleksandar Vučić e il suo Partito progressista serbo (SNS) stanno conducendo da oltre tre anni, spingendo in secondo piano il mantra del Kosovo come parte inalienabile della Serbia. Belgrado in pratica ha iniziato a tessere relazioni con Pristina come se fossero due stati sovrani, pur mantenendo l’enfasi sul fatto che la Serbia non riconosce il Kosovo.

Da Bruxelles e Washington sono giunti i complimenti per la saggia, coraggiosa e pragmatica politica che giova ad entrambe le parti, ma questo a Belgrado come a Pristina viene interpretato con due standard piuttosto differenti. La soddisfazione per i complimenti, che significano inevitabilmente anche l’innalzamento dell’immagine internazionale sia di Pristina che di Belgrado, è più che evidente, ma sia gli uni che gli altri di fronte alle rispettive opinioni pubbliche continuano strenuamente a non mettere in primo piano il compromesso raggiunto e i risultati ottenuti con il pragmatismo, insistendo piuttosto di essere risultati vittoriosi nella trattativa.

I contenuti

A Bruxelles sono stati firmati quattro accordi: sulla costituzione dell’Associazione dei comuni serbi, sulle forniture di energia elettrica, sulle telecomunicazioni e sulla libertà di circolazione attraverso il ponte sul fiume Ibar nel centro di Mitrovica.

Per il governo di Belgrado la cosa più importante è stato l’accordo sulla creazione dell’Associazione dei comuni serbi ed è a ciò che sono stati dedicati i maggiori sforzi. L'Associazione è una sorta di compensazione che la Serbia ha chiesto per aver accettato che le leggi kosovare valgano sull’intero territorio del Kosovo. Ciò, ovviamente, presuppone anche che l’Associazione sarà formata in accordo con suddette leggi, e non quindi in base a quelle della Serbia.

L’Associazione dei comuni serbi sarà composta da dieci municipalità a maggioranza serba e i preparativi per la sua formalizzazione, compresa la stesura di uno statuto, dovrebbero essere completati entro la fine dell’anno. L’Associazione avrà competenza nei settori della sanità, educazione, sviluppo economico e pianificazione territoriale. Inoltre quest'Associazione è concepita per essere il punto di incontro della cooperazione istituzionale tra le zone serbe del Kosovo e la Serbia: includendo anche il flusso di denaro proveniente da Belgrado in aiuto della popolazione serba del Kosovo.

Al governo serbo sono soddisfatti perché l’Associazione avrà delle funzioni istituzionali, come il parlamento, il presidente, il consiglio e la bandiera, mentre a Pristina sostengono che la cosa più importante è che non avrà potere esecutivo e che sarà governata dalle leggi del Kosovo. La palese differenza di interpretazione è indice di problemi e disaccordi avvenuti durante la fase di negoziazione dell’accordo, ma i passi chiave sono comunque stati fatti, e Bruxelles e Washington supervisioneranno il processo di implementazione.

Nel settore delle telecomunicazione il Kosovo può ritenersi soddisfatto, perché riceverà il prefisso internazionale +383, ma i serbi del Kosovo potranno comunque continuare ad usare la rete di telecomunicazione serba con l’attuale prefisso, mentre le tariffe per le chiamate verso la Serbia saranno uguali a quelle del traffico locale all’interno della Serbia. Inoltre, è stato consentito all’operatore di telefonia mobile serba Telekom Srbija di continuare a operare anche in Kosovo, nei comuni serbi.

Il ponte sul fiume Ibar nel centro di Mitrovica, chiuso al traffico e al passaggio dal 1999, verrà trasformato in zona pedonale. I serbi controllano questo ponte e vi hanno posto delle barricate, e in un secondo tempo lo hanno trasformato in un “parco della pace” con l’intento di impedire l’ingresso alle forze di sicurezza kosovare e ai gruppi radicali del sud (albanese) e del nord (serbi) della città. Situazione che evidentemente dovrà cambiare.

Inversione di rotta

Il governo di Belgrado conta ora sul fatto che nei prossimi mesi saranno aperti alcuni capitoli negoziali con l’UE, sapendo che il successo dei negoziati con il governo kosovaro ne era una delle condizioni politiche di base per ottenere il via libera. Vučić e l’SNS non hanno nemmeno tentato di spiegare all’opinione pubblica che la Serbia ha dovuto rinunciare agli obiettivi di un tempo ed ha iniziato ad accettare la realtà: è invece in corso una campagna politico-mediatica volta ad esaltare la nuova grande vittoria ottenuta. In sostanza però così si blocca sul nascere un dibattito pubblico serio su questo tema.

Vučić inoltre prosegue nel limitare lo spazio ai partiti e gruppi di estrema destra che gridano al “tradimento”, temendo che questi possano raccogliere il consenso di una percentuale significativa di elettori nazionalisti che ora votano per l’SNS. Del resto l’opinione pubblica serba è stata nutrita fino a qualche anno fa con l’idea che il Kosovo è una parte inalienabile della Serbia e l’idea di negoziati diretti con Pristina è sempre stata vista piuttosto male.

Mentre erano all’opposizione, gli stessi Vučić e i funzionari del suo SNS sono stati promotori della difesa del Kosovo come parte inalienabile della Serbia. Tuttavia la loro svolta verso un pragmatismo politico non suscita alcuna turbolenza in parte per via dell’enorme popolarità di cui gode la figura del premier Vučić presso la maggior parte dei nazionalisti, e in parte per via dello stretto controllo della scena politica e mediatica serba da parte della compagine di governo.

Vučić, si è capito, ha valutato correttamente che il Kosovo da anni ormai non è più una vera priorità per la maggior parte dell’elettorato della Serbia e l’importanza di questo tema dipende molto dalla capacità delle forze ultranazionalistiche di imporlo all’opinione pubblica. Quindi per evitare seri danni politici a se stesso e al suo partito è stato sufficiente che Vučić incoraggiasse le divisioni esistenti all’interno di quei gruppi e condisse il tutto con una campagna mediatica a suo favore.

Inoltre i partiti filo europei e liberali, all'opposizione, quali ad esempio il Partito democratico (DS), non possono da parte loro muovere obiezioni sostanziali all’accordo, sapendo che si tratta di un compromesso raggiunto con forte insistenza di Bruxelles e Washington. L'unica critica sollevata è stata quella che non vi sarebbe alcun motivo di festeggiare e affermare che l'accordo rappresenti una vittoria serba: ma di certo è una critica che non nuoce assolutamente a Vučić.


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