Il grattacielo dell'Agrokor a Zagabria, Croazia © OPIS Zagreb/Shutterstoc

Il grattacielo dell'Agrokor a Zagabria, Croazia © OPIS Zagreb/Shutterstoc

Partito da consulente, Pavao Vujnovac è arrivato in fretta ai vertici del potere economico in Croazia: dopo aver conquistato il mercato del gas con la sua PPD, ha poi acquistato il "gigante malato" Agrokor, e oggi vanta interessi nei settori più svariati, tanto da valere oggi un quinto del PIL croato

12/03/2024 -  Giovanni Vale Zagabria

Pavao Vujnovac non è un nome noto al pubblico italiano e, fino a qualche mese fa, non lo era nemmeno in Croazia. A breve, però, quest’imprenditore di 50 anni controllerà un quinto del Prodotto interno lordo croato. Dopo l’uscita di scena di Ivica Todorić – il milionario fondatore di Agrokor, caduto in disgrazia assieme alla sua impresa nel 2017 – ecco che un nuovo tycoon, forse ancora più ricco e potente, fa la sua comparsa nel panorama politico ed economico della Croazia.

L’ascesa dell’uomo del gas

“Non avevo nemmeno un centesimo. Ho varcato soglie in tutta Europa, cercando opportunità, e non me ne vergogno”. In una recente lunga intervista al portale Telegram , Pavao Vujnovac descrive così i suoi primi anni di attività.

Nato a Osijek nel 1974, Vujnovac si è laureato in Economia nel capoluogo della Slavonia nel 2005, all’età di 31 anni. Alla stampa, ha raccontato di aver attraversato “periodi difficili” e di aver dovuto fare “diversi lavori da studente”. “Ad un certo punto, oltre ad un impiego in un cantiere, davo anche ripetizioni di matematica”, ha confidato l’imprenditore a Telegram. Nel 2006 inizia la sua carriera lavorativa nel settore del gas, come consulente alle vendite all’interno del distributore locale PPD (Prvo plinarsko društvo) con sede a Vukovar. Passano pochi anni e nel 2009 la PPD è sommersa dai debiti. Vujnovac approfitta della situazione e rileva l’azienda, comprandola (assieme ai suoi debiti) tramite la sua Energia Naturalis, appena registrata. Vujnonac ha allora 35 anni.

Arrivano poi gli anni della liberalizzazione della distribuzione dell’energia, un processo graduale dovuto all’ingresso della Croazia nell’Ue nel 2013. “Se nel 2010 le aziende private detenevano una quota di mercato inferiore al 10%, nel 2015 arrivano a circa il 70%”, scrivono Bajo, Primorac e Jurinec in uno studio pubblicato nel 2016 sulla rivista Fiscus dell’Istituto per le finanze pubbliche croato.

“Responsabile di questa svolta nella struttura del mercato è la Prvo plinarsko društvo, il cui fatturato cresce da 51 milioni di kune nel 2011 [circa 6,8 milioni di euro, nda.] a quasi 4 miliardi di kune nel 2015 [oltre 530 milioni di euro, nda.], rendendo questa società un fattore dominante, controllando più di un terzo del mercato della fornitura di gas in Croazia”, proseguono i tre autori.

L’ascesa della PPD ha anche un’altra conseguenza per il mercato del gas croato. Se dal 2011 Gazprom non era più presente in Croazia come fornitore, nel 2013 fa il suo ritorno grazie ad un contratto con la PPD. “La partnership tra tale società e Gazprom dal 2013 coincide con la crescita della PPD e la progressiva uscita di scena dell’azienda [pubblica, nda.] Prirodni Plin”, concludono Bajo, Primorac e Jurinec.

La crisi di Agrokor

Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 un’altra crisi presenta a Pavao Vujnovac una nuova e ancor più ghiotta opportunità. Agrokor, la più grande azienda croata, è in serie difficoltà finanziarie. Questo colosso dell’agroalimentare, che controlla una cinquantina di imprese e dà lavoro a 60mila persone nei Balcani (di cui 40mila in Croazia), è oberato dai debiti. Il suo fondatore Ivica Todorić ha iniziato negli anni Settanta vendendo fiori e si è arricchito durante le privatizzazioni degli anni Novanta, ma è ora costretto a fare un passo indietro. Con una legge speciale, nota come Lex Agrokor, il governo nomina per l’impresa un’amministrazione straordinaria al fine di evitare una bancarotta incontrollata.

“Questa crisi segna la fine dell’economia negoziata in Croazia. Prima o poi dovevamo passare attraverso questa catarsi, perché il problema si stava solo ingrandendo e ritardando. La bolla doveva scoppiare ad un certo punto”. Con queste parole si esprime, nell’estate del 2017 , Ante Ramljak, l’amministratore speciale nominato dal governo per pilotare Agrokor fuori dalla bufera.

In un’analisi pubblicata dalla Friedrich Ebert Stiftung (FES) a fine 2017 , gli autori Klepo, Bićanić e Ivanković descrivono il percorso di sviluppo di Agrokor come “l’archetipo del capitalismo clientelare croato”: “c’è una stretta connessione con lo Stato, che offre un sostegno sia visibile che invisibile negli affari, e lo schianto finale dell’azienda è causato dal ritiro del supporto da parte del governo HDZ”, si legge nello studio.

Cos’è successo? In breve, Agrokor è cresciuta a dismisura a partire dagli anni Novanta comprando un’impresa dopo l’altra in Croazia e nei Balcani. Ma quest’espansione è stata finanziata da crediti sempre più cari e più difficili da ottenere e in un contesto di lunga recessione in Croazia (ben sei anni, dal 2008 al 2014). Ad un certo punto, “incapace di arrivare ad un accordo con i creditori occidentali per rifinanziare i vecchi debiti, Ivica Todorić si rivolge dunque alle banche russe”, prosegue Marina Klepo nel documento pubblicato dalla FES. Il risultato è che a fine 2016 Agrokor ha un debito complessivo di 3,4 miliardi di euro (di cui 1,1 miliardi con la banca russa Sberbank) e deve ai fornitori altri 2,1 miliardi di euro. L’amministrazione speciale, nel mezzo di una crisi politica, riesce ad evitare il collasso del gruppo e nel 2019 Agrokor rinasce come Fortenova.

Il nuovo boss della Croazia

È a questo punto che Pavao Vujnovac entra in scena. Il maggiore azionista di Fortenova è inizialmente la banca russa Sberbank, che detiene circa il 42% delle parti. Ma con l’invasione russa dell’Ucraina e l’introduzione delle sanzioni da parte dell’Unione europea, questa proprietà diventa un problema. “La partecipazione russa sanzionata ha limitato in modo significativo le nostre operazioni e il nostro ulteriore sviluppo, rendendo praticamente impossibile un rifinanziamento sostenibile e a lungo termine”, ha detto a fine 2023 al Financial Times il nuovo amministratore di Fortenova Fabris Peruško, prima di aggiungere che “questa situazione sta finalmente per cambiare”. Nei mesi seguenti, infatti, l’impresa OpenPass di Pavao Vujnovac, che oggi controlla circa un terzo di Fortenova, acquisterà altre parti per 660 milioni di euro fino a controllare circa il 54% della proprietà.

A quel punto, scrive il portale Telegram , Vujnovac avrà nelle sue mani circa un quinto del prodotto interno lordo croato. Nel 2022, infatti, la sua holding Enna Group ha registrato un fatturato di circa 8 miliardi di euro (con una crescita del 62% rispetto all’anno precedente), mentre Fortenova viaggia sui 5,2 miliardi, a cui va aggiunto il fatto che Vujnovac è comproprietario anche della catena Pevex e che Enna controlla il 38% del porto di Ploče.

Insomma, conti alla mano, “i ricavi delle aziende che saranno di proprietà di Vujnovac lo scorso anno sono stati di circa 14 miliardi di euro, ovvero circa un quinto del valore del PIL croato dello scorso anno”, conclude Telegram, secondo cui “Vujnovac sta diventando più potente di quanto Todorić non sia mai stato” e “nessun governo potrà ignorarlo”.

Investimenti strategici

Energia, trasporti, infrastrutture… ci sono diversi grandi cantieri in Croazia che mirano a trasformare il paese grazie anche all’aiuto dei fondi europei e in molti di questi progetti è oggi presente Pavao Vujnovac.

Per i critici il merito è di Ivan Vrdoljak, ministro dell’Economia dal 2012 al 2015 all’interno dell’allora governo a trazione socialdemocratica e amico d’infanzia dell’imprenditore. Sarebbe stato lui ad assicurare l’ascesa della Prvo plinarsko društvo (PPD) negli anni della liberalizzazione del mercato del gas.

Vujnovac ovviamente smentisce e d’altra parte la sua ascesa non si è fermata quando Vrdoljak è passato all’opposizione. Anzi, nel 2016, all’interno del nuovo governo conservatore, “il numero due al ministero dell’Economia è diventato Leo Prelec, il quale, per assumere tale incarico, ha abbandonato le cariche dirigenziali in tre diverse società del gruppo PPD”, come scrive Petar Vidov in un articolo apparso su Novosti nel 2016 . Poco prima, tra il 2014 e il 2015, la PPD aveva prestato oltre 500mila euro all’HDZ. Nel business, d’altra parte, è fondamentale saper anticipare dove va il mercato.

Ecco che oggi Vujnovac è nei punti chiavi dell’economia croata. Controlla il porto di Ploče, il punto di arrivo del cosiddetto corridoio europeo Vc che dall’Adriatico attraversa la Bosnia Erzegovina e arriva fino a Budapest. Molti finanziamenti europei (così come i prestiti della Banca mondiale e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) hanno contribuito a sviluppare quest’asse infrastrutturale. Soltanto a fine 2023 è arrivato poco meno di un milione di euro dall’Unione europea per fare del porto di Ploče il primo “5G smart port” in Croazia , con nuovi sistemi di automatizzazioni.

L’impero di Vujnovac è presente anche a Fiume, nell’ambito del progetto Rijeka Gateway, dichiarato “strategico” per la Croazia proprio dal ministro Vrdoljak nel 2014 . Parliamo di un grande cantiere di modernizzazione e (ri)costruzione del porto di Fiume lanciato nel 2003 e dal valore totale di 187 milioni di euro .

Nel 2021, ENNA – la holding di Vujnovac – ha ottenuto un contratto di concessione da 50 anni per il nuovo terminal in costruzione al porto di Fiume in partenariato con il gigante danese dei trasporti marittimi Maersk. Come Ploče, anche Fiume è il punto di arrivo di un corridoio pan-europeo, il Vb. La Commissione europea ha finanziato, tra le altre cose, la modernizzazione della linea ferroviaria Fiume-Zagabria (costo totale di oltre 360 milioni di euro) che servirà ad aumentare la capacità di trasporto merci in arrivo al porto.

Un ultimo esempio, forse il più attuale, è quello del rigassificatore dell’isola di Veglia (Krk). Progetto chiave per diversificare le fonti di energia in Croazia e in Europa, il rigassificatore inaugurato nel 2021 ha ricevuto importanti finanziamenti statali ed europei (per un totale di oltre 233 milioni di euro ). Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il governo ha deciso di aumentare la capacità della struttura da 2,9 a 6,1 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Nella primavera dello scorso anno, la PPD ha affittato tutte le capacità libere del rigassificatore dal 2027 al 2037 .

Fino al 2027 sono invece due imprese ungheresi ad aver affittato le capacità disponibili e non hanno reagito bene alla notizia del colpo di mano della PPD. Anche in questo caso, Pavao Vujnovac pare solo aver fiutato il mercato in tempo e dopo aver cavalcato per anni l’onda del gas russo, si prepara ora a svoltare con i fornitori americani.

Per dirla con le parole del nuovo boss della Croazia, “non voglio entrare domani in qualcosa che non sarà in linea con l’agenda politica dominante”.


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