Copertina del Feral Tribune (22 sett.2005)

Le dichiarazioni del capo procuratore del Tribunale dell'Aia secondo le quali il generale Gotovina sarebbe nascosto in un monastero, suscitano una valanga di reazioni stizzite sia nei circoli ecclesiastici che nella Zagabria ufficiale

27/09/2005 -  Drago Hedl Osijek

Con la frase "il latitante generale Gotovina si nasconde in un monastero in Croazia", la procuratrice capo Carla del Ponte la scorsa settimana ha sollevato un vera e propria bufera, non solo nei circoli politici della Zagabria ufficiale, ma anche nella eccezionalmente potente e influente Chiesa cattolica in Croazia. La sua intervista per il britannico Daily Telegraph - alla vigilia del suo arrivo in Croazia, dove dovrebbe nuovamente confrontarsi col premier Sanader e i suoi collaboratori sul caso Gotovina, il maggior ostacolo alla piena collaborazione tra Zagabria e l'Aia - è stata ripresa ampiamente da tutti i più importanti media croati. Le reazioni sono state numerose e accese, alcune anche senza giri di parole troppo diplomatici, con cui solitamente si ammorbidiscono i toni severi.

Per Zagabria la dichiarazione della procuratrice capo dell'Aia, che esplicitamente afferma che Gotovina si trova in Croazia, non poteva giungere in un momento meno propizio. Non vi è molto ottimismo presso il governo sul fatto che l'imminente arrivo della Del Ponte a Zagabria e il rapporto che consegnerà dopo la visita sarà soddisfacente e che aprirà alla Croazia la tanto anelata strada verso l'adesione all'Unione europea. La Croazia quindi spera che all'inizio di quest'autunno si avviino finalmente i colloqui sull'adesione all'Unione europea, ma il premier Sanader - la cui popolarità è in caduta libera - con un ulteriore rinvio dei colloqui si troverebbe in una situazione certo non invidiabile, e da molti ritenuta senza via d'uscita.

Reagendo alle dichiarazione di Carla del Ponte, il premier Sanader ha affermato che secondo le informazioni provenienti dai servizi di sicurezza, Gotovina non è in Croazia. "Se qualcuno ha informazioni diverse dovrebbe condividerle con noi", ha detto il premier croato, aggiungendo come la Croazia "dovrebbe accogliere in modo rilassato quanto dice la Del Ponte, avendo presente che ogni procuratore desidera arrestare tutti gli accusati". Ma, a Zagabria, dopo le dichiarazioni della procuratrice capo, e in particolare di quella parte in cui apertamente accusa il Vaticano di non fornire l'aiuto delle informazioni che potrebbero condurre alla individuazione del luogo in cui si nasconde Gotovina, c'è stato di tutto tranne la "rilassatezza".

"A noi è chiaro che la procuratrice dell'Aia, è per un motivo che non conosciamo 'frustrata' e quindi parte delle sue dichiarazioni sono da attribuire a questo stato umorale. Ma resta comunque insolito che in modo infondato e per giunta sui media si nominino i più alti rappresentanti della Santa Sede, compreso Papa Benedetto XVI e l'episcopato cattolico di Croazia" - ha detto il direttore dell'ufficio stampa della Conferenza episcopale croata, Anton Suljic, riportando la posizione ufficiale della Chiesa. Egli ha aggiunto che "anche la comunità internazionale, che ha assegnato a Carla del Ponte una dei ruoli principali in seno al Tribunale dell'Aia, dovrebbe essere chiamata a chiarire le dichiarazioni della procuratrice sia alla Chiesa cattolica che alla Repubblica di Croazia".

"Non ho commenti da fare, semplicemente non desidero entrare in quel ring" - ha detto il vescovo Mile Bogovic, che con le sue dichiarazioni a più riprese si è messo in difesa del generale Gotovina. Sono note le sue valutazioni sul fatto che l'Aia è "un tribunale politico" che desidera mostrare il passato della Croazia in un'ottica distorta. Bogovic ha spesso descritto il generale Gotovina come "simbolo della vittoria".

Uno dei migliori conoscitori delle relazioni tra Zagabria e l'Aia ed ex presidente del croato Comitato di Helsinki per i diritti umani, Ivan Zvonimir Cicak, sostiene però che "i gran dignitari, così come pure i politici croati, sono rimasti ostaggi della propria politica condotta fino a ieri con la quale hanno promosso Gotovina ad icona nazionale". "Come può oggi il vescovo Bogovic - si chiede Cicak - chiedere ai suoi fedeli di togliere le immagini di Gotovina quando proprio lui le ha promosse come 'simbolo della vittoria croata'". Cicak aggiunge che "il peggio che potrebbe accadere alla Chiesa, sia quella croata che il Vaticano, sarebbe la chiusura e l'inasprimento delle posizioni nei confronti del Tribunale e dell'Europa, tenendo presente che ciò sarebbe letale non solo per la chiesa ma anche per l'intera Croazia".

La capo redattrice del settimanale Feral Tribune, Heni Erceg, ha così commentato le relazioni tra la chiesa cattolica croata e il generale Gotovina: "Seguiamo una logica elementare - secondo i sondaggi la maggior parte dei croati ritiene che Gotovina sia un eroe, e poi che Carla del Ponte debba essere mandata al diavolo. La maggior parte dei croati inoltre si dichiara credente, e la Chiesa secondo il suo ufficio dovrebbe soprattutto servire il suo popolo. E dal momento che quel popolo considera Gotovina un eroe, non è dovere della Chiesa assecondare i desideri dei fedeli e aiutare Gotovina a rimanere in libertà?" si chiede ironicamente la giornalista.

Ma, dalle file dei circoli politici della destra le reazioni sono del tutto contrarie. "Non sono più colpevoli solo gli impiegati dell'amministrazione statale, gli amici, i compagni d'armi, il popolo, la destra croata e il clero più basso. Ha accusato il Santo Padre Benedetto XVI, di non voler rivelare dove si trova Ante Gotovina", è stata la reazione del Blocco croato, partito guidato da Ivic Pasalic per lungo tempo il consigliere del defunto Franjo Tudjman. Questo partito che d'altra parte si dichiara come difensore del generale latitante e che lo considera "eroe della Guerra patriottica" aggiunge che "la Del Ponte 'ha visto il complotto' del popolo croato e della Santa Sede allo stesso modo in cui fecero a suo tempo Slobodan Milosevic e Vojislav Seselj".

E anche prima che la scorsa settimana Carla del Ponte si lamentasse di come al Vaticano non avesse trovato interlocutori desiderosi di aiutarla a risolvere l'enigma su dove si trova Ante Gotovina, già circolavano voci sul fatto che potesse essere in uno dei monasteri francescani in Croazia o in Erzegovina. Ma, come sostiene il Governo croato, tutte queste informazioni si sono dimostrate inesatte.

"Abbiamo avuto notizia e alcune informazioni che Ante Gotovina potesse essere nascosto in un edificio religioso in Croazia, ma dopo le verifiche, durante le quali il potere religioso della Croazia ha collaborato, è stato confermato che le informazioni erano inesatte", ha dichiarato il portavoce del Ministero dell'interno Zlatko Mehun. Quest'ultimo tuttavia non ha precisato a quali edifici ci si riferisse né quale tipo di controlli siano stati fatti.

Invece il Governo croato indirettamente ha riconosciuto che la Chiesa, per la quale la capo procuratrice afferma che abbia "il miglior servizio segreto del mondo", potrebbe comunque sapere dove si nasconde uno dei più ricercati latitanti dell'Aia. Perché nel suo piano di azione per l'individuazione e la cattura del generale Gotovina, il Governo croato tra le modalità per raggiungere quest'obiettivo ha inserito anche la collaborazione con la Chiesa cattolica. Questo indica che nei circoli della chiesa si potrebbe sapere dove si trova Gotovina. Una questione del tutto diversa riguarda, invece, quanto la chiesa desideri partecipare e quanto sia pronta davvero a collaborare per far sì che la Croazia adempia ad uno degli obblighi più importanti nei confronti della comunità internazionale: consegnare il generale Gotovina al Tribunale dell'Aia.


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