Bulgaria, media e potere

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In Bulgaria la recente campagna elettorale, come una cartina di tornasole, ha portato alla luce il difficile rapporto tra media e potere. I problemi, per l'informazione bulgara, sono gravi e strutturali: proprietà poco trasparenti, accentramento delle testate, notizie in vendita, pressioni economiche e politiche sui giornalisti. E negli ultimi anni, la situazione è sensibilmente peggiorata

19/12/2011 -  Francesco Martino Sofia

“Sono rimasto sinceramente scioccato dal livello di corruzione che ho visto nei media bulgari durante la campagna elettorale”. Le parole di James Pardew, ex ambasciatore americano a Sofia (e grande esperto di Balcani) raccolte dal quotidiano Dnevnik subito dopo le recenti consultazioni presidenziali e amministrative in Bulgaria, vanno al cuore di un problema dalle radici profonde.

Negli ultimi anni il livello di libertà dei media in Bulgaria, sia secondo le valutazioni di organizzazioni internazionali come Reporter senza frontiere e Freedom House, sia secondo le percezioni degli stessi giornalisti bulgari, è in costante e rapido declino. Politica e business interferiscono sempre di più nel lavoro delle redazioni, mentre la crisi economica restringe ancora di più le possibilità e gli spazi di cronaca e di critica. Risultato: qualità dei media in declino e minore capacità di informare correttamente i cittadini.

La recente campagna elettorale, come una cartina tornasole, ha messo in evidenza problemi strutturali ormai incancreniti. Quel che è peggio, però, è che la situazione sembra farsi sempre più complicata. Scrivere liberamente, in Bulgaria, è oggi un esercizio difficile e spesso rischioso.

Elezioni, ovvero informazione in vendita

In Bulgaria l'“informazione a comando”, spacciata per genuina, è un fenomeno di lunga data. Con la crisi e la contrazione del mercato pubblicitario, che ha messo alle strette molte testate, il numero di articoli pubblicati dietro compenso (ma non indicati come tali) sembra in aumento. Durante la campagna elettorale il “mercato dell'informazione” è entrato in fibrillazione. Prodotto da piazzare: candidati e programmi politici.

“Ho notizie certe di un quotidiano che ha offerto veri e propri 'pacchetti' fatti di reportage 'amichevoli', interviste e articoli addomesticati. I prezzi variano tra 3mila e 60mila leva (1500 – 30mila euro) a seconda delle possibilità economiche del candidato, ma anche della carica cui aspira. Era addirittura previsto uno sconto del 20% in caso di pagamento in cash. Naturalmente, tutti i materiali a pagamento dovrebbero essere chiaramente riconoscibili. Questo però, non è successo”, racconta ad OBC Nadya Pankova, giornalista bulgara che si è occupata dello spinoso tema. E non si tratta certo di un caso isolato.

Secondo il professor Orlin Spasov, coordinatore della fondazione “Mediyna Demokratsya” (Democrazia mediatica), “l'intera campagna può essere interpretata come una vera e propria operazione di marketing, fatta però all'insaputa del pubblico”. Altri problemi rilevati dalla fondazione: scarso pluralismo e onnipresenza mediatica del premier Boyko Borisov e del “suo” candidato presidente, Rosen Plevneliev, poi risultato vincitore.

Il ruolo opaco giocato dai media è emerso anche da documenti ufficiali, a cui però pochi hanno rivolto sufficiente attenzione. Basta scorrere il “Registro unico del codice elettorale”, pubblicato dal sito della Corte dei Conti di Sofia, per scoprire che decine di tv, radio, agenzie stampa e quotidiani hanno dichiarato di aver stipulato contratti per la promozione delle public relation di partiti e candidati in campagna elettorale.

Il gruppo editoriale “Bulgaria”, ad esempio, editore di due dei quotidiani più venduti, “Trud” e “24Chasa”, figura nel registro come “PR” del partito di governo GERB nelle elezioni amministrative. Proprio “Trud”, tra l'altro, è stato protagonista di uno degli incidenti più spettacolari della campagna: il numero del 19 ottobre, già in distribuzione con un titolo ironico nei confronti del governo, è stato fatto precipitosamente rientrare. Al suo posto, le rotative hanno stampato in tutta fretta una nuova versione del giornale, stavolta allineato alle posizioni di GERB.

A contribuire alla scarsa trasparenza della copertura mediatica della campagna, ha contribuito lo stesso codice elettorale. Le norme che regolano la campagna, paradossalmente, proibiscono alla tv e alla radio pubbliche (BNT e BNR) di organizzare dibattiti politici a partecipazione gratuita. “Chi non paga, non ha diritto a parlare”, è l'inconsueto principio applicato dal legislatore al servizio pubblico.

“Una politica in pieno contrasto con i principi che regolano i media pubblici”, ha commentato per OBC Kristina Hristova, presidente della sezione bulgara dell'Associazione dei Giornalisti Europei (AEJ), molto attiva nel difendere gli spazi di libertà nell'informazione. “Pretendere denaro dai candidati per partecipare ai dibattiti, quando le emittenti pubbliche vengono finanziate dai contributi dei cittadini, è una vera offesa alla democrazia”.

Una situazione sempre più pesante

Gli indici di organizzazioni come Reporter senza frontiere (RSF) o Freedom House in questi anni hanno segnato un calo continuo e pesante della Bulgaria nelle classifiche che misurano la libertà di stampa. Per RSF, ad esempio, il paese è crollato dal 38esimo posto del 2002 al 70simo del 2010.

In una recente intervista alla radio K2, il premier Borisov ha rigettato le accuse alla politica, e ha rispedito la palla nel campo dei media. “Credo che siano gli stessi giornalisti a dover combattere per regole chiare nel mercato dei media. Non è il governo, ma i proprietari delle testate a violare la libertà di stampa”.

Il neo-presidente Plevneliev, rispondendo ad alcune domande di OBC durante una recente conferenza stampa al ministero degli Esteri di Sofia, è sembrato più cauto sull'argomento. “Credo sia importante mantenere vivo il dibattito sui media in ambito politico, e mi impegno in questa direzione”, ha dichiarato Plevneliev. Il presidente ha assicurato piena trasparenza nella nomina dei membri della quota presidenziale al Consiglio per i Media Elettronici (SEM), organo di controllo unico per radio e televisione.

I problemi nel settore sono però vasti e strutturali. I giornalisti in Bulgaria sono una categoria a rischio. Se intimidazioni come quella subita il 14 ottobre scorso dal giornalista tv Sasho Dikov (noto per le sue posizioni anti-governative) a cui è stata fatta saltare in aria l'automobile, diventano più rare, i casi di pressione diretta o indiretta rimangono diffusi.

In un recente sondaggio condotto dall'AEJ sui problemi incontrati dai giornalisti in Bulgaria, soltanto 12 dei 113 professionisti che hanno risposto alle domande hanno avuto il coraggio di firmare il questionario. Il voto generale sulla libertà di parola che emerge dal sondaggio è “scarso”, mentre dalle risposte sono emerse pressioni non solo politiche, ma anche economiche.

I giornalisti bulgari vivono oggi un periodo di grande fragilità dal punto di vista salariale: dall'inizio della crisi molte testate hanno chiuso o sono state riorganizzate con perdita di posti di lavoro. Le retribuzioni sono diminuite sensibilmente anche per assenza di un contratto di lavoro collettivo, e resistere a pressioni esterne è oggi più difficile.

Monopolio е mercato opaco

Se parliamo di stampa, oggi il nemico numero uno del pluralismo in Bulgaria è però sicuramente l'accentramento di testate controllate da pochi centri di potere. Il caso più eclatante è quello del “Nuovo gruppo mediatico bulgaro” guidato da Irena Krasteva, ex dirigente dell'agenzia bulgara per le scommesse.

Negli ultimi anni il gruppo si è allargato costantemente: oggi controlla il quotidiano “Telegraf” (il più venduto nel Paese), il “Monitor” e l' “Ekspress”, i settimanali “Weekend” e “Politika”, vari fogli locali e alcune televisioni via cavo, come “TV 7”, “BBT TV” e “Super 7”. Secondo notizie delle ultime settimane, anche il quotidiano “Standart” sarebbe vicino ad essere inglobato nel gruppo, viste le difficoltà finanziarie dell'attuale proprietario.

Il gruppo della Krasteva intrattiene rapporti poco trasparenti sia col mondo politico che con quello finanziario. Alle spalle del conglomerato sembra infatti esserci l'ombra della Banca Commerciale Corporativa, il cui socio di maggioranza, Tsvetan Vasilev, viene indicato da più parti come il “vero” proprietario del “Nuovo gruppo mediatico bulgaro”. Nella banca, secondo la stampa bulgara, sono depositati centinaia di milioni di lev da parte di compagnie pubbliche o a partecipazione statale, soprattutto quelle “pesanti” del settore energetico.

Il governo, per voce del ministro dell'Economia Traycho Traykov, sostiene di aver affidato i fondi alla banca seguendo tutte le procedure del caso. Le molte ritrosie e le notizie discordanti sulle cifre in ballo, non aiutano però a fare chiarezza. Di certo i rapporti tra la direzione della banca e l'esecutivo sembrano ottimali. A inizio dicembre Vasilev ha vinto il premio “Mister economia 2011” tra polemiche accese sulle procedure di votazione. Questo non ha impedito al ministro degli Interni, Tzvetan Tzvetaonov, di consegnare personalmente il premio al businessman.

Vasilev nega di avere interessi diretti nel “Nuovo gruppo mediatico bulgaro”. “Non ho investito nei media della Krasteva. E' vero però, che questi hanno nei miei confronti un atteggiamento 'amichevole', e supportano le mie posizioni”, ha detto serafico il banchiere al quotidiano “24Chasa”.

Per rendere la situazione ancora più ingarbugliata, il figlio della Krasteva, Delyan Peevski, è in parlamento nelle fila del Movimento per le Libertà e i Diritti, che rappresenta soprattutto gli interessi della minoranza turca in Bulgaria e che, nella retorica delle accuse reciproche, si posiziona come nemesi del partito di governo GERB. Questo non impedisce però ai giornali del “Nuovo gruppo mediatico bulgaro” di appoggiare a spada tratta l'esecutivo Borisov.

La sensazione generale è quella che, alla base del “cartello mediatico”, ci sia quindi un “cartello politico”, in cui interessi e sfere di potere vengano stabiliti da accordi dietro le quinte. In questa cornice è facile capire il forte interesse ad avere un sistema mediatico addomesticato e poco propenso a scavare in profondità.

Domande scomode? No grazie.

In Bulgaria, oltretutto, non esiste alcun tipo di sussidio statale alla stampa. Esiste però una diffusa pratica di “finanziamento indiretto”, fatto attraverso la pubblicità che le agenzie governative commissionano ai quotidiani, comprese le molte comunicazioni che provengono dagli organi dell'Unione europea.

Secondo un dettagliato rapporto pubblicato dal progetto “Media and Democracy in Central and Eastern Europe” (finanziato dallo European Research Council), la scelta dei media a cui assegnare pubblicità governativa, o comunque pubblica, non è né casuale né a costo zero. Chi vuole accedere a questa fonte di finanziamento, spesso vitale in termini di sopravvivenza sul mercato, è “invitato” o si auto-invita a tenere una linea piuttosto morbida con il potere.

Difficile aspettarsi domande scomode, quando la propria sopravvivenza dipende dagli interessi (e dal portafoglio) del proprio interlocutore.


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