Vučko la mascotte di Sarajevo 1984 © Ajdin Kamber/Shutterstock

Vučko la mascotte di Sarajevo 1984 © Ajdin Kamber/Shutterstock

L'8 febbraio di quaranta anni fa a Sarajevo prendevano il via i Giochi Olimpici Invernali, uno degli eventi, non solo sportivi, più riusciti e ricordati della storia della ex Jugoslavia

08/02/2024 -  Edvard Cucek

L’8 febbraio 2024 ricorrono quaranta anni da quando nella capitale della Bosnia Erzegovina, Sarajevo, fu accesa la fiamma olimpica . L’idea di organizzare i Giochi olimpici invernali in città era partita da un gruppo di appassionati di sport ed era stata ufficializzata il 16 ottobre del 1977. Era la seconda volta che un paese comunista si aggiudicava l’organizzazione dei giochi olimpici, prima di allora c’era stata l’Unione Sovietica con Mosca 1980, ma Sarajevo è stata la prima e ultima per le Olimpiadi invernali. Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) il 19 maggio 1978 scelse Sarajevo come sede dei XIV Giochi Olimpici con 36 voti su 39, al secondo giro di votazioni. La città sulla Miljacka ebbe la meglio sulla giapponese Sapporo e la svedese Göteborg. 

I preparativi durarono sette anni ed i risultati sorprendenti ottenuti dal comitato organizzativo dei Giochi olimpici furono merito di Emerik Blum , ex dirigente dell’azienda energetica bosniaca “Energoinvest” e sindaco di Sarajevo tra il 1981 e il 1983. Blum riuscì in poco tempo a rendere la città moderna e pulita terminando i lavori di gassificazione che erano stati avviati alla fine degli anni Sessanta. Una delle condizioni imposte dal CIO infatti era quella di avere l’aria pulita. I cittadini di Sarajevo - dopo secoli di riscaldamento a legna e carbone - poterono finalmente respirare anche in inverno e godere della neve bianca anche in città. Emerik Blum fece appena in tempo a vedere i risultati strepitosi del suo impegno di una vita. Si spense, infatti, qualche mese dopo la fine dei giochi, nel giugno del 1984.  

Il lungo viaggio della fiaccola olimpica

Il viaggio della fiaccola dei Giochi Olimpici del 1984 iniziò ad Olimpia, per poi arrivare a Dubrovnik (Croazia) in aereo. La distanza totale percorsa dalla fiamma attraverso la Jugoslavia fu di 5.289 km (più 2.879 km sulle strade locali). L'ultima tedofora tra i 1.600 partecipanti fu la pattinatrice artistica croata Sanda Dubravčić, che raccolse la fiaccola dal fondista Ivo Čarman. “I Giochi di Sarajevo sono stati per me particolarmente emozionanti, la sensazione che ho provato quando mi è stato dato l'onore di accendere la fiamma olimpica è indescrivibile”, ha dichiarato in seguito con orgoglio la Dubravčić. Secondo le trasmissioni televisive dell’epoca, Sanda fu la prima donna tedofora dei Giochi invernali (la prima donna ai giochi estivi era stata nel 1968 in Messico l’atleta Norma Enriqueta Basilio de Sotelo). 

Una delle due fiaccole originali si trova oggi in una collezione privata a Žalec, in Slovenia. Altre 20 sono in Grecia, e sono di proprietà dei singoli atleti che le hanno portate dall'antica Olimpia al vicino aeroporto militare, e poi dall'aeroporto di Atene allo Stadio Panathinaiko, dove si svolge la cerimonia di consegna della fiamma olimpica al Comitato Olimpico.

La mascotte

Ai lettori dei giornali jugoslavi fu chiesto di scegliere la mascotte delle olimpiadi invernali tra le proposte dei sei finalisti. Il vincitore fu Vučko, il lupetto, ideato dal designer e illustratore sloveno Jože Trobec. Vučko è rimasto da allora il simbolo di Sarajevo. Nelle brevi pubblicità che venivano mostrate prima della trasmissione di una disciplina sportiva, Vučko veniva presentato come uno sportivo amabile, ma piuttosto goffo nelle prestazioni sportive. Il famoso cantante sarajevese e bosniaco Zdravko Čolić prestava la voce a Vučko nella canzone dei titoli di coda il cui testo declamava il nome della città.

Successo della diplomazia di un paese governato da Tito

Negli anni '80, quando i Giochi Olimpici furono messi in ombra dall’attacco terroristico a Monaco e dal boicottaggio americano dei Giochi di Mosca e di quello sovietico a Los Angeles, una piccola città multietnica della Bosnia Erzegovina riuscì a rinnovare lo spirito olimpico. Con 1272 atleti provenienti da 49 paesi (274 donne e 998 uomini), si disse che era come se ci fosse Tito anche dopo Tito (il leader politico jugoslavo infatti era morto quattro anni prima).

Ai Giochi Olimpici Invernali del 1984 parteciparono per la prima volta concorrenti provenienti da Egitto, Monaco, Puerto Rico, Senegal e Le Isole Vergini britanniche e il governo cinese mise fine al boicottaggio dei Giochi Olimpici, dovuto alla partecipazione degli atleti di Taiwan, accettando che gareggiassero sotto il nome di "Chinese Taipei". Il merito di questa svolta fu attribuito allora al ruolo dell'instancabile diplomazia jugoslava.

Un fiasco evitato per poco

L'inverno del 1984 però fu secco e mite, non c'era la neve. "I Giochi falliranno" si temeva. Finalmente, il giorno dell'inaugurazione la tanto attesa neve coprì la valle di Sarajevo e i monti circostanti. Già al mattino la città era innevata, pronta perché i fotoreporter e i giornalisti potessero immortalarla: “Non ho mai visto una cosa del genere in vita mia. Per le strade, migliaia di persone spalavano la neve cantando, dai più piccoli che la gettavano via con le mani, agli adulti con le pale. Tutti, ma proprio tutti, i cittadini erano fuori a pulire la città”, scrisse più tardi uno dei giornalisti presenti.

A Sarajevo le strade erano piene di gente da tutto il mondo, ad ogni passo si sentiva una lingua diversa. I tassisti, i venditori, i camerieri rinfrescavano la conoscenza della propria città per presentarla agli ospiti e si cimentavano con un po' di inglese. Ad ogni passo potevi sentire: No problem...  Spariti in un attimo i rancori locali, l’intera città si mostrava come una squadra affiatata. Non ci fu un solo incidente, l'organizzazione fu perfetta.

Benvenuti a Sarajevo

L'apertura dei Giochi fu seguita da 60mila persone presenti allo stadio Koševo. Furono venduti complessivamente 250mila biglietti, di cui 200mila solo all'estero, mentre la trasmissione televisiva delle "Olimpiadi Bianche" di Sarajevo fu seguita complessivamente da più di due miliardi di telespettatori. L'organizzazione dei Giochi Olimpici Invernali (Zimske Olimpijske Igre - ZOI 84 Sarajevo) costò 142,6 milioni di dollari, la vendita dei diritti della trasmissione televisiva coprì metà della spesa. Nell'organizzazione dei Giochi furono coinvolti 10.450 volontari e 4.000 aziende. Più di 4.500 giornalisti seguirono le 39 competizioni dei Giochi olimpici. La prima notizia via internet (secondo alcuni la seconda) fu inviata da Sarajevo, dalle Olimpiadi invernali del 1984.

Lo sloveno Jure Franko fu il primo jugoslavo a vincere una medaglia alle Olimpiadi invernali. A Sarajevo, il senegalese Lamine Gueye diventò il primo africano di colore a gareggiare nello sci alle Olimpiadi invernali. Jane Torvoll e Christopher Dean dalla Gran Bretagna vinsero il numero massimo di punti nel pattinaggio di figura, un risultato mai più ripetuto ad oggi. Katarina Witt, pattinatrice della Germania dell’Est divenne una stella proprio a Sarajevo vincendo la sua prima medaglia d’oro. I paesi di maggior successo furono l’URSS, gli Stati Uniti e la Finlandia. L'Austria vinse un solo bronzo. Furono assegnate 39 medaglie d'oro, 39 d'argento e 39 di bronzo.

Si lavorava su tre turni nei bar e ristoranti di Sarajevo, non c'erano sedie vuote e se per caso finiva un piatto, i proprietari dicevano "nema problema" e si rifornivano dal ristorante vicino. Tanti visitatori, forse la prima e l’ultima volta nella vita, si sono sentiti a casa assaggiando caffè bosniaco e baklava in un locale cittadino.

Dopo i Giochi di Sarajevo, oltre agli impianti olimpici, furono costruiti 2.850 appartamenti, diversi alberghi tra cui il più famoso è l’Holiday Inn e si crearono 9.500 nuovi posti di lavoro. La mostra sulla Sarajevo Olimpica fu ospitata da 1.640 città nell'ex Jugoslavia e altrove nel mondo.

Furono le prime Olimpiadi sotto la presidenza del CIO di Juan Antonio Samaranch, che rimase un grande, vero amico di Sarajevo e della Bosnia Erzegovina fino alla fine. Con le sue parole "Arrivederci cara Sarajevo" il 19 febbraio 1984, si conclusero i Giochi Olimpici Invernali e una bellissima favola per i cittadini di Sarajevo.

Quello che resta

Alla commissione del CIO del luglio 1984, la delegazione di Sarajevo presentò il rapporto finale e in risposta ricevette una dichiarazione ufficiale che confermava che quelle nella capitale bosniaca erano state le Olimpiadi invernali meglio organizzate fino a quel momento. Nonostante la guerra e i cambiamenti generazionali, lo spirito olimpico vive ancora tra gli abitanti di Sarajevo, e i Giochi Olimpici Invernali restano il periodo più luminoso e la cosa più bella accaduta a Sarajevo e alla Bosnia Erzegovina nella storia.

Esiste un Museo olimpico (quello originale contenente le testimonianze del prima e del dopo le olimpiadi fu distrutto in un incendio dopo essere stato ripetutamente bombardato durante l’assedio di Sarajevo) e le piste da sci sono state ripristinate, ma le distruzioni della guerra sono ancora visibili sul monte Trebević con la pista da bob distrutta e a Igman dove i trampolini ricordano tempi gloriosi e tempi atroci.

In occasione del 33° anniversario dell'inizio dei Giochi Olimpici Invernali ZOI '84 a Sarajevo, l'Archivio Storico di Sarajevo ha presentato attraverso degli open days i documenti più importanti del fondo archivistico dell'Assemblea della Città di Sarajevo e di altri fondi e collezioni che testimoniano questi giorni importanti per la storia di Sarajevo, della Bosnia Erzegovina, nonché dell'ex Jugoslavia.

Tra i documenti esposti ci sono i verbali delle riunioni del Comitato Organizzativo ZOI '84, da cui è possibile ottenere informazioni su come si sono svolti i preparativi per i Giochi Olimpici, i rapporti della polizia sulla sicurezza, i libri degli ospiti degli hotel di Sarajevo che forniscono informazioni sui turisti arrivati a Sarajevo. Tra i documenti c'è anche la proposta di Sarajevo di organizzare i Giochi Olimpici Invernali dove la città si presentava come luogo ideale per questo tipo di manifestazioni, già nel 1976 e nel 1980.

I miei ricordi

Quando Jure Franko apparve sulla pista di atletica con la bandiera jugoslava in mano, lo stadio sembrò esplodere nel caloroso applauso del pubblico. All'inaugurazione Bojan Križaj, uno dei veri maestri di slalom e di super slalom degli anni Ottanta, prestando il giuramento a nome di tutti gli atleti, era così agitato da dimenticare metà del testo e riuscì a terminarlo grazie al fragoroso aiuto del pubblico dalle tribune. Alla TV lo sciatore ed esperto svizzero Bernhard Russi descriveva con entusiasmo il lavoro dei volontari impegnati a proteggere metro dopo metro le piste da sci dai forti venti che le ricoprivano di neve.

Dopo le Olimpiadi si decise di estendere le vacanze scolastiche invernali da 15 a 30 giorni per consentire alle famiglie di trascorrere più tempo praticando gli sport invernali.

Solo otto anni dopo che le foto della bellissima Sarajevo avevano fatto il giro del mondo, la città era di nuovo al centro dell'attenzione, questa volta come il più grande campo di concentramento della storia moderna dell'umanità. Sarajevo in quei 12 giorni del 1984 aveva reso il mondo un posto migliore, con il suo messaggio di pace e  speranza. Poco tempo dopo, il mondo non fu in grado di riportare la pace a Sarajevo, per quattro lunghi anni.


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