Migrante nel campo di Lipa, Bosnia Erzegovina - foto © Stefania Battistini

Migrante nel campo di Lipa, Bosnia Erzegovina - foto © Stefania Battistini

Qual è la situazione dei campi per migranti in Bosnia Erzegovina? E perché in Republika Srpska non ci sono campi per migranti? Ne parlano in questa doppia intervista, condotta da Omer Karabeg, due giornalisti: Nidžara Ahmetašević da Sarajevo e Dragan Bursać da Banja Luka

15/01/2021 -  Omer Karabeg

(Originariamente pubblicato da Radio Slobodna Evropa , il 10 gennaio 2021)

Signora Ahmetašević, come volontaria lei aiuta i migranti, recandosi nei campi dove sono ospitati. Quanti campi per migranti ci sono attualmente in Bosnia Erzegovina?

Quando, nel 2018, ho iniziato a scrivere criticamente di quello che stava accadendo in Bosnia Erzegovina, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), che gestisce i campi di accoglienza presenti nel paese – che, per quanto ne sappia io, al momento sono otto – , in un certo senso mi ha impedito di entrare nei campi. Io ho comunque continuato a recarmi nei campi senza la loro autorizzazione, e spesso non se ne sono nemmeno resi conto.

Da quello che ho visto ho capito chiaramente perché l’OIM non vuole lasciare entrare nei campi non solo me, ma tante altre persone. Le condizioni di vita nei campi sono estremamente degradanti e inumane. Non c’è acqua calda, il cibo è spesso inadeguato. Tutti ricevono lo stesso pasto, sia le persone sane che i malati e i bambini, e spesso molte persone lamentano prurito e altri problemi della pelle causati da scarse condizioni igieniche. Ma il più grande problema, che gli attivisti in Bosnia Erzegovina denunciano ormai da tre anni, sono le violenze commesse dalle guardie di sicurezza private nei confronti delle persone ospitate nei campi.

Signor Bursać, a lei non chiedo di commentare la situazione nei campi perché in Republika Srpska non c’è alcun campo per migranti, e questo perché il governo locale ne impedisce la costruzione. Ma in Republika Srpska è presente qualche migrante?

Per quanto terrificante possa suonare, la Republika Srpska, secondo la politica ufficiale, è una zona “migrant free”. Così Milorad Dodik e gli esponenti del suo partito “promuovono” quest’area.

In Republika Srpska non esistono campi per migranti e non vi è alcun indizio che la situazione possa cambiare in futuro. Ma i migranti attraversano la Republika Srpska, devono passare da Banja Luka per arrivare a Bihać, per cui si possono incontrare a Bosanska Dubica, Gradiška, Mrkonjić Grad, Bosanski Novi. Quindi, i migranti ci sono, ma sono giuridicamente invisibili e la Republika Srpska si comporta come se non esistessero. La situazione è simile anche in altre parti della Bosnia Erzegovina, con l’unica differenza che in Republika Srpska lo sbarazzarsi dei migranti o, se volete, il rifiuto di ospitarli, è quasi diventato un proclama politico.

I campi per migranti esistono solo in due cantoni della Federazione BiH, nel cantone di Una Sana e nel cantone di Sarajevo. Perché non ce ne sono anche in altri cantoni?

N.A: C’è un campo anche a Mostar, nel cantone Erzegovina-Neretva. Perché non ce ne sono anche altrove? Perché le autorità bosniaco-erzegovesi non sono capaci né disposte ad affrontare alcun problema serio, sia che si tratti di migranti o dell’acquisto dei vaccini anti Covid-19. Le persone che ricoprono incarichi istituzionali non sono capaci, né tanto meno vogliono fare il loro lavoro. Questo è uno dei motivi per cui non ci sono altri campi per migranti.

Un altro motivo risiede nel fatto che nel 2018 l’Unione europea si è resa conto di non poter fidarsi delle autorità bosniaco-erzegovesi per quanto riguarda quella che l’UE chiama la gestione dei flussi migratori, per cui ha indirizzato tutte le risorse finanziarie e fornito tutte le indicazioni su come procedere all’OIM e alle Nazioni Unite, che quindi sono diventate responsabili della gestione della situazione in Bosnia Erzegovina, ma non sembrano disposte ad assumersi le proprie responsabilità quando dovrebbero farlo.

Lo scaricabarile sulle responsabilità

Il fatto che le autorità bosniaco-erzegovesi non vogliano accogliere i migranti significa che in un certo senso si dà per scontato che solo i bosgnacchi debbano occuparsene?

N.A: Non sono solo i bosgnacchi a occuparsi di migranti. Se ne occupano le cittadine e i cittadini di tutte le nazionalità in tutta la Bosnia Erzegovina – da Trebinje e Banja Luka, da Tuzla a Posušje e Ljubuški. I cittadini sono davvero solidali con i migranti e si prendono cura di loro.

Sembra però che oggi in Bosnia Erzegovina nessuno voglia i migranti. Appena viene scelto un posto dove ospitarli, i cittadini cominciano a protestare e bloccano l’accesso alla struttura. Perché i cittadini non vogliono i migranti?

D.B: Il problema non è se qualcuno vuole o meno i migranti. Per intenderci, per i migranti la Bosnia Erzegovina è solo un punto di transito nel loro viaggio verso l’Unione europea. Queste persone – come ha già detto la collega Ahmetašević – vengono aiutate dai cittadini della Bosnia Erzegovina. È la popolazione locale, già schiacciata da mille problemi, ad aiutare i migranti, in ogni comune, in ogni luogo. I comuni e i cantoni aiutano per quanto possibile. Non si possono scaricare tutte le colpe per la situazione dei migranti sui comuni che, per la maggior parte, sono poveri.

Sta di fatto che in primis le due entità della Bosnia Erzegovina, ma anche lo stato, passano la patata bollente dei migranti all’OIM, poi quest’ultima la rimanda indietro al mittente. Si tratta di, per così dire, una irresponsabilità congiunta della Bosnia Erzegovina e di alcune istituzioni estere, e a pagarne le spese sono i migranti, ma anche la popolazione locale che comunque sta cercando in tutti i modi di aiutare quelle povere persone. Non è che le istituzioni bosniaco-erzegovesi non vogliano accogliere i migranti, semplicemente non sono in grado di far fronte al problema, e l’UE avverte: cavatevela come potete, ma non mandateli da noi.

È opinione diffusa che i migranti siano violenti. Ed effettivamente, si sono verificati alcuni incidenti. Ma i politici sostengono che i migranti rappresentino una minaccia alla sicurezza. Con questa retorica i funzionari statali cercano di alimentare la paura nei confronti dei migranti?

N.A: Le statistiche dicono che solo una piccolissima percentuale di persone in movimento, che hanno transitato dalla Bosnia Erzegovina, ha commesso un reato. Si tratta perlopiù di reati contro il patrimonio, come l’occupazione abusiva di edifici abbandonati, il furto di generi alimentari, etc. Non intendo certo giustificarli, ma siccome conosco molti migranti, definirei queste azioni come una lotta per la sopravvivenza. Chi viene privato del cibo non ha altra scelta se non quella di entrare nella proprietà altrui per placare la fame. Il numero di reati più gravi commessi dai migranti è irrisorio.

È assurdo affermare che i migranti rappresentino una minaccia per altre persone. Questa retorica è parte integrante di una propaganda dell’odio usata dai politici di cui chiunque può diventare vittima. I politici non fanno altro che cercare bersagli verso cui indirizzare la rabbia della popolazione, per evitare che il malcontento venga indirizzato verso i veri colpevoli della situazione catastrofica in cui si trova la Bosnia Erzegovina.

11 gennaio 2021 - Migrante che si lava all'aperto nei perssi del campo di Lipa, Bosnia Erzegovina (foto © Stefania Battistini)

11 gennaio 2021 - Migrante che si lava all'aperto nei pressi del campo di Lipa, Bosnia Erzegovina (foto © Stefania Battistini)

Bradina e Bihać

Perché i cittadini bloccano l’accesso alle strutture che dovrebbero ospitare i migranti? Recentemente gli abitanti del villaggio di Bradina hanno impedito che i migranti venissero sistemati in una caserma abbandonata in quell’area…

N.A: Non è andata proprio così. Bradina è un paesino in cui vivono circa 60 famiglie, e nei dintorni forse 200, non di più. Vi si trova un vecchio edifico abbandonato che un tempo era di proprietà dell’esercito. Già nel marzo del 2020 gli abitanti di Bradina erano scesi in strada per impedire che quell’edificio venisse trasformato in un ospedale Covid. Oggi, come allora, sostengono che quella struttura è assolutamente inadatta all’uso abitativo. Ed effettivamente, quando i giornalisti sono entrati in quell’edificio hanno potuto constatare che non ci sono servizi igienici né qualsiasi impianto tecnico. Inoltre, a Bradina scarseggia l’acqua e questo crea seri problemi alla popolazione locale.

Quindi, l’affermazione secondo cui alcune decine di abitanti di un paesino povero, afflitto da gravi problemi, avrebbero impedito l’arrivo di 900 migranti non corrisponde alla verità, essendo incompleta. Gli abitanti di Bradina hanno detto ad alcuni attivisti che la loro intenzione era quella di dimostrare che quella caserma abbandonata non è adatta ad ospitare 900 persone. E in effetti non lo è. Nessuno vi ha messo piede dal 1998.

Anche i vertici dell’amministrazione comunale di Bihać si oppongono all’idea di sistemare alcuni migranti nell’ex fabbrica Bira, dove in passato era già stato allestito un centro di accoglienza, e su questa questione godono dell’appoggio dei cittadini...

D.B: Non tutti i cittadini li appoggiano, solo una parte. Prima lei ha chiesto perché i cittadini protestano. Qui siamo di fronte a una politica xenofoba e razzista. Purtroppo, i media mainstream appoggiano questa politica e persino fanno ricorso a una retorica xenofoba e razzista. Spesso la notizia principale è che un migrante avrebbe aggredito un cittadino bosniaco-erzegovese. Non viene mai detto che il responsabile dell’aggressione è un uomo, ma sempre un migrante. Si insiste ostinatamente su questa retorica, nonostante il numero di aggressioni commesse dai migranti sia irrisorio rispetto al totale di aggressioni e violenze commesse in Bosnia Erzegovina.

I funzionari statali spesso affermano che i migranti attualmente presenti in Bosnia Erzegovina non fuggirebbero da guerre ma sarebbero migranti economici provenienti da alcuni paesi dell’Africa, dal Pakistan e dall’Afghanistan. Quasi volessero dire che queste persone non meritano aiuto…

N.A: Abbiamo tutti gli stessi diritti. Siamo tutti uguali. La Dichiarazione universale dei diritti umani vale sia per me che per lei, come anche per le persone provenienti da Marocco, Afghanistan, Siria. Che si tratti di migranti o rifugiati, poco importa; sono esseri umani che godono dei diritti sanciti sia dalle leggi della Bosnia Erzegovina che dalle convenzioni internazionali. Prima a una persona deve essere data la possibilità di chiedere asilo, solo allora possiamo discutere se si tratti di un rifugiato o di un migrante che fugge dalla fame, dai cambiamenti climatici e quant’altro.

Nessuno dei migranti attualmente presenti sul territorio della Bosnia Erzegovina è stato sottoposto a una procedura per determinare quale status concedergli in modo da poter rimanere nel paese. Nessuno è stato sottoposto ad alcuna procedura né in Bosnia Erzegovina né nell’UE perché tutti sono stati respinti con violenza dall’UE almeno una volta, e la maggior parte più di dieci volte.

Migranti trattati come merci

I migranti entrano facilmente in Bosnia Erzegovina dalla Serbia. La polizia serba li lascia passare per liberarsene in fretta?

D.B: Lei dice che entrano facilmente. Ma non è il termine giusto. I migranti vengono deportati in Bosnia Erzegovina, vengono letteralmente trasportati come se fossero merci, allo stesso modo in cui sono stati trasportati in Serbia da Grecia, Romania e Bulgaria. È una deumanizzazione assoluta, operata in modo semilegale dalle istituzioni statali. Prima ha menzionato che si tende a fare distinzione tra i cosiddetti migranti economici e le persone che fuggono da guerre. È come fasciare la ferita ad uomo ferito con un’arma e non voler soccorrere un uomo investito da un’automobile. È assurdo, ma è la narrazione dominante non solo in Bosnia Erzegovina, bensì in tutti i paesi dei Balcani.

È in corso una partita di ping pong tra gli staterelli dei Balcani che spostano le persone avanti e indietro come se fossero merci. Alcuni migranti hanno tentato dieci volte di attraversare il confine, ogni volta che ci provano vengono rimandati indietro, e così all’infinito. Tutti questi giochi si svolgono davanti alle porte della fortezza Europa. È una deumanizzazione assoluta e almeno metà della colpa ricade sull’UE.

A differenza dalla Bosnia Erzegovina, la Croazia per i migranti rappresenta un ostacolo insormontabile. Quando attraversano il confine, la polizia croata li maltratta e poi li rimanda indietro in Bosnia Erzegovina. La Croazia tratta i migranti in questo modo con la tacita approvazione di Bruxelles?

N.A: Alcuni migranti riescono ad arrivare anche in Slovenia, Italia o Austria, e poi vengono rimandati indietro. Questi episodi ormai da anni avvengono anche ai confini tra Ungheria, Bulgaria, Romania e Grecia, e passano impuniti. Non ho alcuna prova, ma mi sembra che Bruxelles approvi questi comportamenti e tutto questo venga fatto per conto di Bruxelles.

D.B: Le persone che siedono a Bruxelles sanno molto bene cosa sta accadendo ai confini dell’UE. I migranti sono sottoposti a tutta una serie di torture da parte dei poliziotti croati, sloveni e ungheresi. Abbiamo visto quella trasmissione dedicata alle pattuglie di contadini in cui la popolazione locale – non con la tacita approvazione, ma incoraggiata dalla polizia – dà la caccia ai migranti come se fossero bestie. È ridicolo pensare che Bruxelles, con tutti i mezzi di comunicazione che ha a disposizione, non sia al corrente di questi episodi.

Tutte le istituzioni dell’UE hanno condannato nel modo più duro possibile il trattamento riservato ai migranti dalle autorità bosniaco-erzegovesi. La Bosnia Erzegovina è stata duramente criticata, ma Bruxelles non ha nemmeno preso in considerazione l’idea di lasciare entrare nell’UE quel migliaio di migranti che rischiano di morire di freddo in Bosnia Erzegovina. E i migranti vogliono raggiungere l’UE, non vogliono rimanere in Bosnia Erzegovina…

N.A: Il problema non è solo quel migliaio di persone intrappolate nel campo Lipa, nei pressi di Bihać. Anche a Sarajevo, Zenica, Tuzla, Visoko, Donji Vakuf, Ljubuški, Posušje ci sono molte persone costrette a vivere per strada, nei vecchi edifici abbandonati o nei boschi. Attualmente in Bosnia Erzegovina ci sono oltre 4000 migranti senza dimora. Una situazione che perdura ormai da più di tre anni. E l’UE ha taciuto per tutto il tempo.

L’UE ha costruito diversi campi – che io chiamo lager – in cui alcune migliaia di persone vivono in condizioni estremamente difficili. Queste persone si sono dirette verso l’UE. Molte di loro hanno una famiglia e amici nell’UE. Conosco una famiglia siriana, la madre vive in Germania da quattro anni, mentre il padre e tre figli minorenni sono intrappolati in Bosnia Erzegovina ormai da tre anni. Non possono raggiungere la Germania. Per colpa di chi? Di certo non per colpa delle autorità bosniaco-erzegovesi. L’atteggiamento dell’UE, che chiude i suoi confini e poi costruisce lager in Bosnia Erzegovina, non porta da nessuna parte. È una politica molto ipocrita.

D.B: L’UE potrebbe accogliere cinque, sei milioni di migranti. In questi giorni ho letto che la Germania ha escluso la possibilità di ospitare i migranti attualmente presenti in Bosnia Erzegovina. La più grande potenza economica d’Europa si rifiuta di accogliere i migranti e, al contempo, esorta le autorità bosniaco-erzegovesi a fare tutto il possibile per alleviare la difficile situazione in cui si trovano i migranti. Questo è il messaggio che arriva da Berlino nel momento peggiore, in pieno inverno, quando i migranti vivono in condizioni impossibili.

La logica dei filo spinato

Nel 2015 la Germania aveva accolto un milione di rifugiati siriani e ora ha chiuso i confini ai migranti. Non solo la Germania, ma tutti gli stati membri dell’UE. Dov’è sparita quell’Europa che nel 2015 aveva accolto i migranti a braccia aperte? Tutti gli stati membri avevano ospitato migranti, tranne l’Ungheria, che aveva innalzato un barriera di filo spinato. Ora anche gli altri stati membri si comportano così…

N.A: Non sono tanto sicura che nel 2015 l’UE avesse accolto i migranti a braccia aperte. I confini sono stati chiusi nel 2016, quindi le braccia dell’UE non sono rimaste aperte per molto tempo. Nemmeno negli anni Novanta, quando alle sue porte giungevano profughi provenienti dall’ex Jugoslavia, le braccia dell’Unione europea erano completamente aperte. Erano aperte quanto bastava per accogliere tante persone quante all’epoca servivano all’Europa.

Un mio amico ha definito l’attuale atteggiamento dell’UE nei confronti dei migranti presenti in Bosnia Erzegovina come un triage. L’UE lascerà entrare nel suo territorio solo i migranti più forti che resisteranno a tutte le torture a cui sono sottoposti. Solo a questi migranti verrà offerta la possibilità di rifarsi una vita. In Europa prevale la retorica della destra che è penetrata profondamente nella politica degli stati membri dell’UE.

Secondo voi, in Europa ha prevalso la logica del filo spinato di Orbán?

D.B: Lo vediamo sul campo. Quella logica non è mai stata abbandonata né sostituita da una logica liberale, di sinistra. Penso che in questo momento in Europa stia emergendo una narrazione utopistica di destra secondo cui se, una volta finita la pandemia, l’Europa dovrà accogliere un certo numero di migranti, allora sarà meglio accogliere quei poveri bosgnacchi, serbi, croati e macedoni, mentre alle persone provenienti dal Medio Oriente continuerà ad essere applicata la logica del filo spinato.

Gennaio 2021 - Migranti nel campo di Lipa (foto  © IPSIA)

Gennaio 2021 - Migranti nel campo di Lipa (foto © IPSIA )

Inshallah Europa

Cosa accadrà ai migranti attualmente presenti in Bosnia Erzegovina?

N.A: La maggior parte dei migranti è smarrita e spaventata. Li sento spesso pronunciare una frase che ormai mi è entrata nelle orecchie e spesso la ripeto insieme a loro. I migranti dicono sempre “Inshallah Europa”. Credono ancora che l’Europa sia un luogo dove i diritti umani vengono rispettai, un luogo di libertà, un luogo dove potrebbero essere felici. Quando dicono “Inshallah Europa” secondo me non intendono dire “raggiungeremo l’Unione europea se Dio vorrà”, bensì “l’Europa sarà quella che sogniamo se Dio vorrà”.

Non credo nell’efficacia degli aiuti umanitari, non sono un’operatrice umanitaria. Penso che una manciata di riso e un vecchio paio di scarpe non possono aiutare nessuno, ma dobbiamo fare tutto il possibile affinché il sogno europeo dei migranti possa avverarsi, dobbiamo essere solidali con loro, dobbiamo chiedere che le frontiere vengano aperte. Aprire le frontiere ai migranti è l’unica soluzione possibile.

D.B: Nessuno sa quale sarà la sorte di quelle persone. Non lo sanno né loro né le autorità bosniaco-erzegovesi, né tanto meno quelle dall’altra parte del muro europeo. È un’incognita assoluta. Nessun computer quantistico potrebbe prevedere il destino di quei migranti.

Io sono originario di Bosanski Petrovac, una città di confine attraversata dai migranti in viaggio verso Bihać. Ho conosciuto alcuni splendidi ragazzi provenienti dal Pakistan settentrionale che sono in viaggio ormai da sei anni. Uno ha moglie e due figli che da tre anni e mezzo vivono nel nord Italia, nei dintorni di Torino. Quando parlano con i loro familiari, questi ultimi dicono “se venite, nemmeno noi sappiamo dirvi cosa potete aspettarvi”. Il loro primo obiettivo era quello di far arrivare le loro mogli e figli in Europa, e poi cercare di raggiungerli. Ora i loro familiari dicono che l’Europa forse non è più quella che sognavano. In circostanze ideali, i confini non dovrebbero nemmeno esistere, le persone brave e in gamba dovrebbero poter guadagnarsi da vivere su questo pianeta. Un’affermazione che, in questo momento, suona come un’utopia assoluta.


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