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Lo sfruttamento delle risorse naturali in Bosnia Erzegovina provoca indignazione dei cittadini e di numerose associazioni di tutela ambientale. La ricerca geologica, l'apertura di nuove e la riattivazione di vecchie miniere minacciano i diritti umani fondamentali e l'ambiente

10/01/2024 -  Darko Kurić Sarajevo

Tra i temi che negli ultimi mesi hanno suscitato maggiore interesse nell’opinione pubblica bosniaco-erzegovese spicca la ricerca di giacimenti minerari nel comune di Lopare, in Republika Srpska.

Nel novembre dello scorso anno, l’azienda svizzera Arcore ha reso noto di aver concluso le operazioni di ricerca, durate quattro anni e mezzo, e di aspettarsi di ottenere la concessione per lo sfruttamento di litio e di altre risorse minerarie nell’area di Lopare. I rappresentanti dell’azienda hanno affermato di aver condotto le ricerche in conformità ai più alti standard geologici e ambientali, rispettando rigorosamente le normative, e quindi di aver soddisfatto tutti i requisiti per poter chiedere la concessione.

Hanno poi precisato che i giacimenti individuati contengono grandi quantità di carbonato di litio, magnesio, potassio e boro, considerati “risorse del futuro”, essenziali per la produzione di batterie per sistemi di accumulo di energia utilizzate per veicoli elettrici, in medicina, industria farmaceutica e altri ambiti.

L’annuncio dell’apertura di una miniera di litio ha suscitato forti proteste degli abitanti di Lopare e dei villaggi vicini, ma anche dei rappresentanti dell’amministrazione locale e di molti esperti e attivisti ambientali, che temono un impatto negativo dello sfruttamento minerario sull’ambiente e sulle condizioni di vita della popolazione locale.

Lo scorso 10 dicembre a Lopare si è tenuto un incontro pubblico , organizzato da alcune associazioni ambientaliste, in cui si è discusso degli impatti dell’estrazione del litio sull’ambiente e sulle comunità locali. All’incontro – a cui hanno partecipato centinaia di cittadini, attivisti e accademici – è intervenuto Tihomir Knežiček, professore alla Facoltà di mineralogia e geologia di Tuzla, soffermandosi in particolare sul rapporto pubblicato dall’Arcore nel novembre dello scorso anno, secondo cui lo sfruttamento delle risorse minerarie nell’area di Lopare potrebbe durare cinquant’anni.

“Anche ammettendo che tali stime siano attendibili, non è chiaro come possa essere organizzato lo sfruttamento del litio. Vi è una grande differenza tra gli effetti dell’estrazione in superficie e quelli di quella sotterranea. Se poi nel processo estrattivo dovesse essere utilizzata l’acqua, si rischierebbe un vero disastro con l’inquinamento del suolo e delle falde”, ha sottolineato il professor Knežiček. Sollevando poi un altro interrogativo molto importante: “Dove si svolgerà la lavorazione del minerale? A Lopare o ad esempio in Cina?”.

Tra i presenti all’incontro c’era anche il sindaco di Lopare Rado Savić. In un post pubblicato su Facebook alcuni giorni dopo l’evento, Savić ha affermato di essere dalla parte dei cittadini e di opporsi all’apertura di una miniera di litio sul monte Majevica. Il 12 dicembre 2023 anche il consiglio comunale di Lopare ha espresso la propria contrarietà allo sfruttamento del litio e a tutte le attività legate ad un’eventuale apertura di una miniera nel territorio del comune.

Nell’ottobre dello scorso anno, commentando l’esplorazione dei giacimenti di litio nell’area di Lopare, Petar Đokić, ministro dell’Energia e delle Miniere della Republika Srpska, ha dichiarato che il ministero da lui guidato è a conoscenza di questo progetto che, come ogni altro progetto di ricerca, secondo il ministro, non può che portare benefici alla RS.

“In questa fase di esplorazione è stata confermata la presenza di litio in quell’area. Vedremo come evolverà questa attività. Ad ogni modo, l’estrazione e la produzione sono ancora un traguardo lontano. I progetti di ricerca sono tutta un’altra cosa rispetto all’effettivo sfruttamento”, ha precisato Đokić. In quell’occasione il ministro ha anche assicurato che non c’è stata alcuna reazione negativa da parte della popolazione locale e di altri soggetti interessati, spiegando che il progetto si sviluppa seguendo una dinamica stabilita dal governo della RS.

La nuova normativa a svantaggio dei cittadini

L’Assemblea popolare della Republika Srpska, nel corso di una seduta tenutasi il 22 dicembre 2023, ha approvato una proposta di legge sulle modifiche alla legge sulle esplorazioni geologiche della RS. I deputati dell’opposizione hanno però sollevato diverse obiezioni riguardo allo sfruttamento del litio sul monte Majevica.

Secondo l’opposizione, dietro ad un progetto di legge dal nome così complesso – che si propone di creare un quadro legislativo che possa incoraggiare gli investimenti nell’esplorazione mineraria – si cela l’intenzione di vendere il suolo pubblico, senza preoccuparsi della salute della popolazione, soprattutto nell’area di Majevica e Ozren. Per gli esponenti dell’opposizione, la nuova legge proposta dal governo della RS è problematica sotto vari aspetti, in primis perché nega ai cittadini la possibilità di incidere sulle questioni riguardanti lo sfruttamento minerario nel territorio in cui vivono.

Ora spetta al ministero dell’Energia e delle Miniere della RS avviare una consultazione pubblica sulla proposta di legge, che dovrebbe durare sessanta giorni.

Anche i rappresentanti della società civile ritengono preoccupante la nuova proposta di legge sulle esplorazioni geologiche, anche perché prevede di cancellare l’obbligo, per i soggetti interessati, di formalizzare le decisioni riguardanti i rapporti di proprietà, come anche l’obbligo di chiedere un parere all’amministrazione locale che, secondo il proponente della legge, non è capace di comprendere un’attività così complessa.

Secondo molti attivisti ed esperti, le esplorazioni geologiche potrebbero produrre danni incalcolabili se il governo della Republika Srpska dovesse essere l’unico soggetto autorizzato a decidere in materia.

Le proteste in tutto il paese

Ogni giorno che passa, cresce la mobilitazione civica contro l’esplorazione mineraria, l’apertura di nuove miniere e l’intensificazione dell’attività estrattiva in quelle esistenti.

Dopo il successo dell’incontro pubblico del novembre 2023, che ha spinto il sindaco di Lopare e quello di Bijeljina ad esternare la propria contrarietà all’apertura di una miniera di litio, l’ong Ozrenski Studenac organizza il prossimo 13 gennaio a Boljanić, nel comune di Doboj, una tavola rotonda dal titolo “Conseguenze dell’esplorazione geologica e dell’apertura della miniera di nichel a Ozren”.

Ci si aspetta una massiccia partecipazione, considerando che le ong locali da tempo ormai portano avanti una campagna di sensibilizzazione della popolazione del monte Ozren contro l’apertura di una miniera di nichel voluta dall’azienda Lykos Metals. Gli organizzatori hanno invitato anche gli abitanti dei comuni vicini, situati nella Federazione BiH (Maglaj e Gračanica), a partecipare all’incontro.

Nell’aprile del 2023 il ministero dell’Energia e delle Miniere della RS ha approvato un’esplorazione approfondita di zinco, nichel e rame e altre attività collegate nell’area di Ozren. Alcuni pozzi esplorativi si trovano nelle immediate vicinanze delle proprietà della popolazione locale, quindi non stupisce che la maggior parte degli abitanti di Petrovo sia contraria all'esplorazione geologica , come dimostrato dalle proteste organizzate nel novembre dello scorso anno.

Oltre all’amministrazione locale, che ha appoggiato i cittadini, anche la Chiesa ortodossa serba è contraria all’esplorazione mineraria nell’area di Ozren, tanto che un sacerdote di Petrovo ha dichiarato che la Chiesa è disposta ad acquistare i terreni pur di fermare l’attività esplorativa. Dopo le proteste di novembre, i lavori sono stati sospesi, anche se i responsabili dell’esplorazione geologica sostengono che si tratti di una sospensione temporanea in attesa che il governo accerti l’attendibilità e la validità dei documenti necessari per proseguire i lavori.

Secondo quanto riportato dai media, l’azienda Lykos Metal ha ottenuto l’autorizzazione per svolgere l’attività esplorativa nei comuni di Petrovo, Mrkonjić grad (comprese le località di Jezero e Šipovo) e Čajniče.

Anche in altre aree della Bosnia Erzegovina l’apertura di nuove miniere, come anche la riattivazione di quelle vecchie, crea problemi alla popolazione. Le frane provocano danni alle abitazioni, l’acqua è torbida e i cittadini lamentano di non essere stati consultati. Nel villaggio di Bašići i pozzi si trovano nei pressi delle strade, il luogo un tempo occupato da un bosco ora è coperto da fango, quindi vi è il rischio che le frane danneggino le case. Gli abitanti temono un disastro ambientale, stanno perdendo la pazienza e c’è anche chi pensa di abbandonare il villaggio.

Nell’area dell’ex miniera di Kamengrad, chiusa ottant’anni fa a causa delle numerose frane, su una superficie di mille ettari l’azienda Lager di Posušje sta estraendo carbone sulla base di una concessione ottenuta nel 2015. L’azienda Drvo-eksport di Teslić ha ottenuto la concessione per l’estrazione di carbone a Bistrica nei pressi di Prijedor, mentre a Bukova Kosa, nel villaggio di Plančište, sempre nell’area di Prijedor, sono in corso esplorazioni geologiche, anche se questa località non è stata inclusa nel registro delle aree in cui è consentita l’attività esplorativa.

Reagendo alle proteste degli abitanti di Bistrica secondo cui l’estrazione di carbone procede senza le necessarie autorizzazioni, usurpando proprietà private, il ministero delle Miniere della RS ha assicurato che l’ispettorato competente effettuerà gli accertamenti previsti dalla legge. L’ispettorato ha annunciato l’intenzione di verificare se il concessionario stia svolgendo i lavori in conformità a quanto previsto dalla documentazione tecnica ed entro l’area destinata all’attività estrattiva.

Anche gli abitanti di Veliko Plančište hanno criticato le autorità, continuando ad opporsi all’apertura di una miniera di carbone perché, come già accaduto in passato, l’attività di estrazione potrebbe portare alla contaminazione dell’acqua potabile. Pare che siano stati danneggiati anche alcuni cavi ottici che permettono ad almeno due villaggi l’accesso a Internet e alla telefonia mobile.

Mentre gli abitanti lamentano di essere stati abbandonati a loro stessi, l’ispettorato sostiene che il concessionario stia svolgendo i lavori in conformità alle leggi. È curioso notare come all’inizio di giugno 2023 i consiglieri del consiglio comunale di Prijedor abbiano deciso di sospendere i lavori a Bukova Kosa, per poi cambiare l’opinione, approvando a settembre l’avvio dell’attività esplorativa.

Secondo alcuni esperti, l’aumento dell’interesse per l’apertura di nuove miniere di carbone è legato esclusivamente al profitto, considerando che il prezzo del carbone ha superato i 100 euro a tonnellata, mentre l’importo delle tasse che i concessionari devono versare rimane insignificante.

In un'intervista rilasciata a Radio Slobodna Evropa, Redžib Sokomorac, giurista del Centro per l’ambiente di Banja Luka, ha affermato che, nonostante l’apertura di una nuova miniera richieda molto tempo, chi ottiene la concessione tende a iniziare subito ad estrarre e vendere i minerali. “Si inizia con lo sfruttamento anche prima dell’avvio della procedura per ottenere i permessi ambientali. Non ci sono misure per tutelare l’ambiente e i diritti della popolazione, quindi di solito nessuno viene sanzionato, oppure si tratta di sanzioni simboliche”, ha spiegato Sokomorac.

In Republika Srpska la politica delle concessioni demaniali è intrappolata tra interesse pubblico e profitto, e la legislazione in materia presenta gravi lacune. Secondo alcuni esperti, da diciassette anni ormai le autorizzazioni vengono concesse secondo una procedura illegittima poiché il Documento sulla politica delle concessioni della RS, adottato nel 2006, non è mai stato aggiornato.

La legge sulle concessioni prevede che questo documento debba essere aggiornato e approvato dal parlamento ogni tre anni. Il mancato aggiornamento rappresenta una violazione della Convenzione di Aarhus , portando ad una sistematica esclusione dell’opinione pubblica.

Vareš e Kakanj nella Federazione di Bosnia Erzegovina

Alcuni attivisti ed esperti sostengono che la miniera gestita dall’azienda Adriatic Metal, situata nel territorio del comune di Vareš, stia mettendo in pericolo la foresta vergine di Trstionica. La miniera inquina l’acqua e l’aria, e durante la costruzione di una strada di accesso è stato distrutto il letto di un torrente. Gli attivisti mettono in guardia sul fatto che la miniera, pur dando lavoro a molte persone, porta più danni che benefici, mentre le entrate derivanti dalla concessione restano bassissime. Secondo gli ambientalisti, questa miniera di zinco, piombo e argento mette a repentaglio anche i fiumi che forniscono acqua potabile al comune di Kakanj.

Dalibor Ballian, professore alla Facoltà di Scienze forestali di Sarajevo, spiega che quello delle concessioni è un problema che accomuna tutti i livelli di governo in Bosnia Erzegovina. “Il governo federale ha ormai abbandonato le proprie risorse naturali, affidandole ai cantoni. Poi i cantoni incaricano i loro dipendenti di gestire le concessioni, che vengono approvate con procedure poco trasparenti il cui vero carattere emergerà solo col tempo. Ad ogni modo, se si dovesse proseguire su questa strada, non potremmo aspettarci un futuro luminoso”, sostiene il professor Ballian.

È in corso una disputa tra i comuni di Vareš e Kakanj sulla miniera, situata nel territorio di Vareš, aperta da alcuni investitori britannici. Se da un lato le autorità e gli ambientalisti di Kakanj affermano che la miniera sta mettendo in pericolo le fonti di acqua potabile, dall’altra gli abitanti di Vareš sostengono che non vi sia alcun rischio di inquinamento e che la miniera possa portare solo benefici economici.

Nel 2023 nel comune di Kakanj si è tenuta una serie di proteste con cui gli attivisti e i rappresentanti delle associazioni ambientaliste hanno denunciato il fatto che la miniera danneggia i fiumi che forniscono acqua potabile alle cittadine e ai cittadini di Kakanj. L’azienda Adiatic Metals BiH sostiene invece che tutte le procedure necessarie per aprire la miniera siano state effettuate rispettando la legge. Sull’onda delle proteste degli abitanti sono state condotte ulteriori analisi che, secondo l’azienda, non hanno rilevato alcuna criticità.

Nel dicembre 2023 è trapelata la notizia che il governo della Federazione BiH ha escluso le istituzioni statali dal processo decisionale riguardante la gestione di alcuni beni demaniali, nello specifico dei boschi nel comune di Vareš che l’azienda Adriatic Metals sta distruggendo.

A quanto pare, la procura della BiH è stata esclusa dal processo decisionale riguardante la concessione dei beni demaniali, ossia il cambio di destinazione d’uso del suolo pubblico. Spiegando la decisione di escludere la procura, Nerman Nikšić, premier della FBiH e uno dei firmatari della dichiarazione sui beni statali, ha affermato che l’Alto rappresentante Christian Schmidt ha appoggiato la decisione del governo federale.

Una mossa da molti considerata contraddittoria poiché in contrasto con la presa di posizione in precedenza assunta da Schmidt secondo cui la gestione delle proprietà dello stato è prerogativa delle istituzioni statali. Negli ultimi mesi la questione della proprietà statale è tornata al centro del dibattito politico della BiH.

Reagendo alla decisione del governo della FBiH di cambiare la destinazione d’uso di alcune aree forestali, il 21 dicembre 2023 cinque membri del Parlamento europeo hanno inviato una lettera all’Alto rappresentante Christian Schmidt. Nella lettera – firmata da Tineke Strink, Dietmar Koster, Viola fon Kramon, Thijs Reuten e Gwendoline Delbos Corfield - si esprime preoccupazione per la mancata soluzione della questione della proprietà statale in BiH.

Gli europarlamentari hanno anche messo in guardia sul fatto che la decisione del governo della FBiH e la sua attuazione potrebbero avere effetti devastanti sulle foreste, fiumi, terreni agricoli e altre risorse naturali della Bosnia Erzegovina.


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