Diyarbakir (Flickr sunriseOdyssey)

Diyarbakir (Flickr sunriseOdyssey)

Murat Uyurkulak è uno degli scrittori più rappresentativi dell’opposizione turca. In Tol. Storia di una vendetta, recentemente uscito in italiano, racconta la Turchia dopo il colpo di Stato del 1980

21/07/2016 -  Francesco Marilungo

Tol. Storia di una vendetta, di Murat Uyurkulak, è un romanzo che seziona la storia e la geografia della Turchia. La spina dorsale del libro è un viaggio in treno lungo la diagonale che taglia la Turchia da nord-ovest a sud-est, da Istanbul a Diyarbakir; un viaggio alla ricerca delle braci ancora ardenti di chi sogna la rivoluzione; due nomi di città che rappresentano le due anime in conflitto del paese. Le costole del libro invece, le fronde, i rami secondari sono costituiti da racconti che entrano nella travagliata storia politica del paese e dai quali penzolano frutti incolti, a volte marci, spesso sconfitti. Racconti che tagliano in due la storia della Turchia.

Parliamo di un libro la cui pubblicazione assume una straordinaria puntualità, alla luce dei recenti fatti che hanno sconvolto la vita politica della Turchia, e in particolare il tentato e fallito golpe del 15 luglio

Nella letteratura turca contemporanea Tol è forse il libro simbolo della letteratura post-1980: la letteratura segnata dal trauma del colpo di stato militare del 12 Settembre 1980 – questo purtroppo riuscito in tutta la sua traumaticità. Nella storia politica e sociale della Turchia c’è un prima e un dopo quel 12 settembre, e così è per la letteratura. Il golpe guidato da Kenan Evren segna una cesura profondissima: la sconfitta politica di una generazione, l’avvento di una nuova era economica e sociale, la produzione di un immenso corpus memoriale e letterario volto a ricostruire e curare i traumi, le sofferenze, le violenze prodotte dal colpo di stato.

Con Tol, uscito nel 2002, vent’anni esatti dopo l’annuncio della costituzione golpista, Murat Uyurkulak scrive il romanzo dei figli della generazione sconfitta dai militari; figli che dai padri hanno ereditato le ferite, il disorientamento politico ed esistenziale, ma anche una vocazione inappagabile per la rivoluzione. Così esordisce il romanzo: “La rivoluzione a quel tempo era possibile, bella e possibile”. È un libro che in patria ha venduto più di 50mila copie e che nel 2011 l’inserto letterario del Radikal (uno dei maggiori quotidiani turchi) scelse come miglior romanzo del decennio 2000-2010. 

Nel suo lungo viaggio in treno Tol proietta i suoi due protagonisti (Yusuf e Poeta) e con essi il lettore, verso est, verso la terra dei curdi, dove ancora arde un fuoco rivoluzionario, spento, sconfitto, soffocato altrove nel paese con quel colpo inferto nel 1980 e con la conseguente dispersione di un blocco sociale rivoluzionario; evento che segna l’avvento anche in Turchia delle brezze stuzzicanti del consumismo liberista e il conseguente rilassarsi dei costumi, degli animi, dei bollenti spiriti ribelli. Nel sud-est non è così, la fiaccola della rivolta non si è mai spenta.

Tol ha una dimensione utopica e apocalittica. Mentre il treno viaggia verso il sud-est della Turchia e Poeta e Yusuf – rivoluzionario di mezz’età sconfitto il primo e trentenne disorientato il secondo - ricostruiscono la storia di una generazione cassata dal colpo di stato, nel paese saltano in aria palazzi, scoppiano bombe in maniera sistematica e incontrollabile. Sono bombe metaforiche, che non uccidono, ma che annunciano l’irrimediabile, agognata, millenaristica affermazione della rivoluzione, mentre il treno viaggia verso Diyarbakir, là dove batte il nuovo cuore della rivoluzione, dove la rivolta non si è mai fermata.

È chiaro il messaggio di Uyurkulak: in Turchia solo i curdi sono stati capaci di mantenere acceso lo spirito radicale pre-1980, solo loro, resistendo all’oppressione e all’assimilazione, hanno potuto prendersi cura delle ceneri della sinistra del paese. È da loro che bisogna andare per riallacciare i fili geografici e storici del paese, per raccogliere i frammenti di un’eredità politica. Tol, la parola che dà il titolo al libro, significa infatti vendetta: ma in curdo.

Quando usciva questo libro, nel 2002, Erdoğan saliva al potere, la Turchia si apriva ancora di più ai venti del capitalismo e le giovani generazioni, solleticate da un benessere economico mai visto prima lasciavano da parte la partecipazione politica. Agli sconfitti valori sociali della generazione precedente, la nuova generazione sembrava anteporre valori individuali, di affermazione e successo personali. Solo apparentemente però, perché la generazione di Yusuf è anche la generazione di Occupy-Gezi, scesa in strada in massa per difendere lo spazio pubblico di Istanbul e dire basta ai metodi autoritari di Erdoğan; è la generazione stretta attorno al partito HDP, che ri-unisce le eredità politiche della sinistra turca e del movimento curdo. Tol è insomma un romanzo intergenerazionale che racconta ai figli i sogni infranti dei padri; che fra le ceneri dell’incendio che arse i padri, cerca gli indizi che possano indicare la strada ai figli. Una strada che porta verso est, a Diyarbakir.

Leggere Tol di questi tempi ha uno strano effetto estraniante. Mentre si legge delle bombe metaforiche con le quali Uyurkulak punteggia i capitoli del libro, non si può fare a meno di pensare alle bombe stavolta tragicamente reali che da diversi mesi scoppiano a cadenza costante in Turchia: sono le bombe dell’ISIS, sono le bombe di frange del movimento rivoluzionario curdo che risponde ai massacri e alla distruzione compiuti da polizia ed esercito nelle città curde. Bombe che manifestano il caos, sia interno che geopolitico, in cui sta piombando la Turchia.

Così, mentre nel romanzo le bombe sembrano quasi scandire una marcia trionfale verso l’affermazione di un'utopia, la realtà dei nostri giorni si fa inevitabile distopia in cui le bombe non affermano alcunché, ma uccidono, destabilizzano, sfasciano. E così pure per il colpo di stato: seppure il putsch militare sia fallito in 15 luglio scorso, gli arresti di massa, la crescente tensione, il paventato ripristino della pena di morte, danno alle pagine di Tol una straniante atmosfera di attualità.

La scrittura di Uyurkulak (resa benissimo dalla traduzione di Luis Miguel Selvelli) si caratterizza per la sua grande inventiva, per la varietà di registri utilizzati, per la forza espressiva datagli dalla compartecipazione biografica alle sofferenze rappresentate, per un’ironia amara, disincantata e illusa insieme. Con Tol, Passigli porta coraggiosamente in Italia un pezzo importantissimo della letteratura turca contemporanea. La letteratura di chi quel 12 settembre 1980 era ancora un ragazzino.


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