La casa di Lazarevo (Vojvodina) in cui è stato arrestato Ratko Mladić

La casa di Lazarevo (Vojvodina) in cui è stato arrestato Ratko Mladić

Nei primi anni di latitanza non aveva paura a farsi vedere in giro, tanto si sentiva sicuro. Dopo l'estradizione di Milosević all'Aja però Ratko Mladić sparisce, circondato da un gruppo di fedelissimi e aiutato da molti. In continuo movimento tra caserme dell'esercito e case di amici. Sino all'epilogo di ieri

27/05/2011 -  Luka Zanoni

Radovan Karadžić era il dottor Dragan Dabić, esperto in medicina naturale e travestito da guru new age. Certo, era uno psichiatra, un capo politico e un uomo di “cultura”. Il suo braccio armato, ex generale dell’esercito Ratko Mladić, si faceva chiamare Milorad Komadić ed era un semplice fattorino in un’impresa edile. Lavorava in un cantiere di Zrenjanin (Vojvodina) non lontano da dove aveva dimora e dove è stato catturato, nel paesino di Lazarevo.

Il quotidiano belgradese Blic ha pubblicato oggi una breve intervista ad un ragazzo che ha lavorato con Komadić/Mladić e ha condiviso con il superlatitante i pasti del mezzogiorno. Scioccato, il ragazzo, ancora non riesce a credere di aver condiviso le giornate con quello che è considerato uno dei maggiori responsabili degli eccidi in ex Jugoslavia. “Non ci posso credere…  Milorad Komadić, lo conoscevo, ho lavorato con lui. Ecco quanto siamo stati collettivamente ciechi. Assomigliava a Mladić e glielo avevo persino fatto notare, ma mi ero convinto che non fosse lui”, dichiara il ventenne di Zrenjanin.

Ma dove si era nascosto per tutto questo tempo Ratko Mladić?

Secondo quanto riporta l’emittente B92, Mladić per dieci anni si era nascosto in strutture militari e in molti appartamenti di Belgrado. Dal 2006, invece, ha spesso cambiato dimora all’interno del Paese. Sempre secondo il resoconto di B92, l’ultima volta che Mladić si era fatto vedere in un incontro ufficiale risale al 2000, nel giorno di Vidovdan, durante la celebrazione dell’Esercito della Republika Srpska. Solo tre mesi prima, riporta il comunicato, era stato visto seduto sugli spalti dello stadio durante la partita Jugoslavia-Cina.

Con i cambiamenti politici in Serbia, Mladić è meno spavaldo. Dal 2001, quando Milosević fu consegnato all’Aja, sparisce. Circondato da un gruppo di fedelissimi che lo proteggono si rifugia nel complesso militare di Topčider. Dal 2002 passa dagli edifici militari all’appartamento di Ratko Vučetić in via Pedja Milosavljević a Belgrado, dove rimarrà, secondo la ricostruzione ufficiale pubblicata da B92, per almeno una quindicina di giorni. Da lì in poi cambierà continuamente appartamento, abitando persino nell’appartamento del capo della sicurezza dell’esercito della Republika Srpska, Marko Lugonja. Nel 2005 si trasferisce nel villaggio di Ljuba, mentre nel 2006 è in un appartamento a Sremska Mitrovica, per poi riparare nella periferia di Belgrado. Dal 2006 in poi, dopo l’arresto dell’ultimo aiutante di Mladić, Stanko Ristić, si perdono completamente le tracce del superlatitante.

Nel 2006, secondo la procura di Belgrado, si era molto vicini all’arresto di Mladić, ma all’epoca il capo dei servizi segreti serbi Rade Bulatović aveva scelto la via della negoziazione, e con l’arresto di Ristić era svanita completamente la possibilità di catturare l’ex generale seguendo la scia dei suoi aiutanti. L’arresto di Ristić, infatti, mette in fuga definitivamente Mladić fino al 26 maggio 2011, giorno del suo arresto.

Mladić, a differenza di Karadžić, non si era travestito. Non ha fatto resistenza all’arresto. Nell’unica foto per ora in circolazione , pubblicata dal quotidiano belgradese Politika, appare come un uomo anziano con cappellino all’americana calato sulla testa, e con un’aria quasi stupita.  Un uomo qualunque, un pensionato che riceveva la pensione dal governo serbo. L’ultima ricevuta nel 2002 era firmata dal presidente dell’allora RFJ (Repubblica federale di Jugoslavia) Vojislav Kostunica.  

Il presidente Boris Tadić ha ribadito ieri che il governo serbo non aveva idea di dove si trovasse Mladić, e che le voci secondo cui da anni l'esecutivo sapeva dove si trovasse sono solo una “stupidaggine”. Credo che Tadić dica il vero. Se lo avessero saputo davvero, avrebbero potuto tirarlo fuori, come un coniglio dal cappello, durante la visita della scorsa settimana di Serge Brammertz, il capo procuratore dell’Aja, il quale aveva dichiarato freddamente che il prossimo rapporto sulla Serbia sarebbe stato negativo, senza nascondere la sua insoddisfazione per la mancata collaborazione della Serbia col TPI.

Anche il rapporteur per la Serbia all’Ue, Jelko Kacin, aveva dichiarato il giorno precedente l’arresto di Mladić che senza la consegna di quest’ultimo la Serbia non sarebbe avanzata di un passo verso l’Ue. Se il governo serbo aveva il sentore di un imminente arresto, avrebbe dato garanzie a Brammertz, così come fece la Croazia con la Del Ponte nel 2005, quando nonostante il mancato arresto di Ante Gotovina il rapporto di Carla del Ponte era stato comunque positivo. Da lì a poco Gotovina fu arrestato alle Canarie.

Strutture militari, servizi segreti e politici con molto probabilità lo hanno protetto e difeso per anni. In Serbia mancava la volontà politica per la sua consegna. Ci aveva provato Zoran Đinđićma sappiamo come è andata a finire. Tadić ha avuto forse meno coraggio, o meno possibilità di catturarlo, consapevole che avrebbe potuto fare la stessa fine dell’amico e compagno di partito Zoran.

Oggi, dopo quindici anni di latitanza, la Serbia ha trovato il coraggio e forse anche il momento opportuno per consegnare alla giustizia il pesce più grosso delle guerre jugoslave.


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