Kumanovo, zona di guerra

11 maggio 2015

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Una zona di guerra. Ecco come è apparso ieri sera ai suoi abitanti il quartiere di “Divo naselje” a Kumanovo, in Macedonia settentrionale, dopo gli scontri a fuoco di sabato scorso tra le forze speciali della polizia macedone e un gruppo armato che – secondo le autorità di Skopje – sarebbe penetrato dal vicino Kosovo.

I morti sono ventidue, otto poliziotti e quattordici membri del gruppo armato, più 37 feriti, sempre tra le forze di polizia. Trenta membri del gruppo armato si sono arresi nel corso degli scontri.

Secondo il ministero degli Interni di Skopje, l'azione di sabato e domenica “ha neutralizzato uno dei gruppi terroristici più pericolosi dei Balcani, i cui fondatori sono ex-membri dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK)”. Sempre secondo il ministero tra i leader del gruppo ci sarebbero nomi storici dell'UCK kosovaro, come Muhamed Krasniqi noto come comandante “Malisheva”, Mirsad Ndrecaj - “comandante Nato”, Sami Ukshini - “comandante Sokoli”, Beg Rizaj - “comandante Begu” e Deme Shehu - “comandante Juniku”.

L'attacco è stato rivendicato da un gruppo che si definisce "Esercito di Liberazione Nazionale - UCK” (con chiaro riferimento alla guerriglia albanese attiva in Macedonia tra il 1999 e il 2001, poi smantellata in seguito agli accordi di pace di Ohrid), ma la rivendicazione stessa, che parla di “lotta per la libertà e la dignità nazionale” deve ancora essere verificata.

E molte altre domande, relative agli scontri di Kumanovo, restano ancora senza risposta.

In un drammatico discorso alla nazione, il premier Nikola Gruevski - in questi mesi sotto i riflettori soprattutto per vari scandali portati alla luce dell'opposizione socialdemocratica - ha dichiarato che il gruppo armato “voleva destabilizzare il paese attaccando obiettivi istituzionali e civili”. Gruevski ha poi aggiunto che “il conflitto non è tra macedoni e albanesi, ma tra chi vuole fare del male alla Macedonia e chi protegge lo stato e la costituzione”.


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