Il chiosco di ćevapi aperto da Giovanni Clazzer nel 1970 e chiuso nel 1974, quando andò in pensione

Il chiosco di ćevapi aperto da Giovanni Clazzer nel 1970 e chiuso nel 1974, quando andò in pensione

Giovanni Clazzer, trentino di Bosnia, è l'"inventore" dei ćevapi di Banja Luka. La sua storia

14/01/2021 -  Edvard Cucek

(Questo articolo è stato originariamente pubblicato sulla rivista "Trentini nel mondo ")

I rinomati ćevapi sono presenti in tutta l’area dei cosiddetti paesi balcanici e sono conosciuti anche come ćevapčići. Ma tra la Bosnia ed Erzegovina ed un piatto di ćevapi esiste un legame che va ben oltre quello che si crea fra un territorio e il suo piatto tipico: è un vero e proprio retaggio culturale. Da sempre c’è in corso una silenziosa battaglia per essere i migliori nel prepararli. È diventata una questione di prestigio nell’arte culinaria. Lo è sia per la infinita competizione tra i maestri rosticcieri – ćevapdžije (ognuno con la propria ricetta segreta) per renderlo sempre più gustoso e più unico sia per dimostrare «chi fu il primo», cioè chi lo ha inventato e chi lo ha reso «più tradizionale del solito tradizionale».

La Bosnia moderna ormai conosce quattro ricette ufficiali di ćevapi, quattro tipi, quattro modi di cottura e addirittura quattro diversi contorni. Non mancano poi le peculiarità nei modi in cui vengono serviti in tavola.

Se doveste visitare la Bosnia oggi le raccomandazioni su dove mangiare i ćevapi migliori in tutto il paese variano a seconda delle zone dove si viaggia. Così vi saranno caldamente consigliati quelli di Sarajevo oppure quelli di Travnik. Allontanandosi da quelle città il primato passerà a quelli di Tuzla oppure a quelli di Banja Luka. Quattro città e quattro ricette tradizionali.

Mi soffermo sulla ricetta di Banja Luka per raccontare una storia molto interessante.

Mentre nelle altre città bosniache, e non solo, la famosa pagnotta inzuppata (detta lepinja - lepigna), indispensabile quando si parla di questo piatto, viene riempita con salsicciotti “singoli”, a Banja Luka, apparentemente da sempre, nella pagnotta i salsicciotti vengono serviti in una “piastra da quattro”.

Questi ćevapi di Banja Luka, particolari soprattutto per il fatto che non sono veri e propri salsicciotti ma piuttosto un quadrato composto da quattro ćevapi, diventati un vero brand locale, devono tutta la loro fama che li rende unici, sapore particolare incluso, ad un umile e quasi sconosciuto macellaio, ma grande inventore in questo caso, di origini trentine. Il suo nome è Giovanni Clazzer.

Ho fatto la sua «conoscenza» grazie ad un commento postato su un forum di internet. A scrivere i propri ricordi e a nominare, per me per la prima volta, Giovanni Clazzer (Klaser nella grafia bosniaca) era il padre di una cara amica, Herbert Winkler-Kini: una persona che va annoverata fra coloro che erano l’anima di quella città forse per sempre perduta.

Figlio di immigrati trentini, valsuganotti, Celestino e Katharina Holtmann, Giovanni Clazzer nasce nel 1916 a Mahovljani (colonia tirolese dal 1883). Appartenevano quindi alla seconda generazione dei trentini bosniaci. A dodici anni si trasferisce nella vicina città di Banja Luka, centro amministrativo del governo austroungarico. Comincia a studiare per diventare macellaio, fin da subito con la precisa idea di diventare «ćevapdžija» ossia colui che prepara l’impasto per i ćevapi ma anche la persona, rosticciere, che in grado di prepararli nel miglior modo. Tradizionalmente cuocendoli su una semplice griglia o piastra.

Le testimonianze raccontano che era capitato da uno degli insegnati migliori, un ristoratore rinomato di quell’epoca di nome Jovo Dimitrijević.

Giovanni Clazzer - a destra - e famiglia

Giovanni Clazzer - a destra - e famiglia

Fino alla fine della Seconda guerra mondiale Giovanni restò a lavorare sempre come dipendente, macellaio onesto e molto rispettato.

Subito dopo decise di mettersi in proprio e aprire una rosticceria caratteristica di quell’epoca, chiamata come dappertutto semplicemente «ćevabdžinica», dove vendeva i ćevapi e altre prelibatezze di carne preparate e cucinate sempre con le sue mani.

Non è rimasto imprenditore a lungo. Un giorno nella sua bottega si presentarono dei funzionari statali e gli comunicarono che dal giorno successivo avrebbe lavorato come capo nella macelleria del prestigioso, oggi come a quell’epoca, Hotel Bosna, nel centro storico di Banja Luka. Non erano i tempi i cui si poteva rifiutare un’«occasione» del genere. Fu costretto a “serar la botega”.

Il famoso imbuto che permetteva la particolare forma della carne macinata

Il famoso imbuto che permetteva

la particolare forma della carne macinata

Da quel giorno Giovanni Clazzer diventerà una persona molto importante per la città e per i suoi cittadini anche se effettivamente non lo saprà mai.

Durante il suo servizio nella macelleria dell’Hotel Bosna, fino al 1970, Giovanni oltre ad avere tanta responsabilità nel rifornire di prodotti di qualità la cucina dell’albergo e altri tre ristoranti che facevano parte della catena, ebbe anche molte opportunità per sperimentare. Era nella sua indole cercare sempre qualche miglioria, per dare un tocco di originalità a quello che produceva, anche se non ce n’era la necessità. Infatti, in quel periodo a Banja Luka per i ristoranti della catena dell’Hotel Bosna non esisteva una vera concorrenza.

La prima mossa che fece per migliorare la lavorazione della carne macinata mista necessaria per fare i ćevapi, fu modificare una vecchia tritacarne austriaca utilizzata per fare le salsicce. Grazie ad un apposito imbuto, da questo macchinario uscivano quattro identici filoncini di carne macinata lunghi circa un metro, preparati seguendo la sua ricetta, ovviamente. Poi i filoncini venivano tagliati per formare i salsiciotti/ćevapi singoli, lunghi circa otto centimetri. Come tali sarebbero stati il prodotto finale.

Poi un giorno il «maestro Giovanni» decise, solo lui saprà perché, di lasciare attaccati i filoncini di carne macinata e tagliarli in modo da ottenere una specie di quadrato composto da quattro «ćevapi vecchio stile». Era un semplice trucco che li rendeva diversi visivamente ma anche nel sapore, perché diventavano molto più succosi. Una piccola rivoluzione. Non è un caso se sia la ricetta di Giovanni che la decisione di offrire un piatto tradizionale in una nuova veste, renderà famosi tanti altri rosticcieri usciti dalla sua scuola. Il modo di fare ćevapi creato da Giovanni sarà in poco tempo adottato da tutti i maestri – ćevapdžije della città che volevano essere al passo con i tempi.

Fu addirittura artigianalmente realizzato un imbuto «da quattro» (nella foto a centro pagina) che permetteva di ottenere lo stesso risultato con un solo passaggio invece dei quattro prima necessari. A partire dalla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso a Banja Luka quasi tutti i ristoratori offrivano i ćevapi nell’aspetto inventato da Giovanni Clazzer.

Tra di loro, uno dei tanti apprendisti, ci fu Mujo Djuzel, al quale Giovanni trasmise tutto il suo sapere, che renderà i ćevapi di Banja Luka famosi molto di più di quanto si possa immaginare, trattandosi di un piatto semplice ma molto versatile nel diventare così diverso grazie alle tante sfumature e ai trucchi di chi lo produce.

La genialità di Mujo e la sua tenacia nel lasciare la sua impronta nello sconfinato ricettario dei «ćevapi migliori», hanno fatto sì che i buongustai sia del resto della Bosnia che quelli delle altre repubbliche ex jugoslave affermassero all’unanimità che valeva la pena fare i chilometri necessari per «assaggiare i ćevapi da Mujo». Per poi tornare sempre, una volta assaggiati!

«Anche quando il sapore scompariva dalla bocca il profumo proveniente dalla rosticceria “Kod Muje” restava impresso nella memoria per tanti anni», si diceva.

Non possiamo affermarlo con certezza ma probabilmente senza un geniale inventore trentino e un altrettanto geniale suo apprendista bosniaco, i ćevapi di Banja Luka oggi sarebbero come nel resto dell’area. Invece non lo sono. Questa è la storia e deve essere scritta e ricordata come tale.

Dal 1970 al 1974, l’anno in cui andrà in pensione, Giovanni riaprirà di nuovo una piccola rosticceria nella località conosciuta come «paskulina ciglana» (fornace di Pascolo, dal nome di un altro imprenditore italiano che ha lasciato segni indelebili da quelle parti della Bosnia) i cui ruderi esistevano fino all’inizio degli anni Novanta.

Sposato con Anna Steiner, Giovanni (scomparso nel 1977) ha avuto due figli. Il maggiore Emil perse la vita in un incidente stradale nel 1976 mentre il minore Bruno, anche lui molto apprezzato rosticciere-ćevapdžija, dopo l’esodo della popolazione non serba di Banja Luka e dei suoi dintorni, con la moglie Božana e la famiglia è emigrato in Australia, dove vive a Brisbane.

A loro due, oltre ai tanti altri che mi hanno aiutato, come Predrag Čanak, Renata Stjepanović Vidović, Ado Hodžić e Vjeko KranjČić, i miei sinceri ringraziamenti per le fotografie private concesse e per la storia familiare che hanno molto volentieri condiviso con me.


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