Invece di ricevere l'aiuto di cui hanno bisogno, in Armenia i pazienti con malattie psichiatriche spesso vedono violati in modo grave i loro diritti. Lo sostiene un recente rapporto del Difensore dei Diritti Umani armeno
(Pubblicato originariamente da OC Media il 10 giugno 2019)
"Ho vissuto all'inferno per un anno. Vero, loro non mi picchiavano, non hanno commesso violenza fisica contro di me, ma la mia anima provava sempre dolore; ero torturata psicologicamente".
Gayane (non è il suo vero nome) ha trascorso un anno come paziente in uno degli ospedali psichiatrici dell'Armenia. Dice di non capire ancora perché i suoi genitori abbiano deciso che non potesse più vivere a casa, ma che dovesse essere spostata in un'unità psichiatrica.
"Ero rinchiusa tra quattro mura; c'erano momenti in cui non vedevo nemmeno la luce del sole", dice Gayane. "Mi torturavano così. Se disturbavo lo staff, c'erano giorni in cui mi lasciavano con la fame; mi davano cibo per maiali. Ho lottato per persuadere mia madre a riportarmi a casa", dice.
La madre di Gayane dice che considerava l'ospedale un posto in cui sua figlia potesse ricevere un percorso intensivo di trattamento per la sua malattia.
"Abbiamo notato che Gayane aveva uno strano comportamento. Aveva una doppia personalità", racconta. "Si rinchiudeva per ore nella sua stanza, parlava con i muri, o lasciava la casa e bussava alla porta dei vicini per cercarmi quando le avevo detto un'ora prima che stavo andando al lavoro".
“Ci siamo rivolti ad uno specialista. La diagnosi è stata dolorosa – schizofrenia. All'inizio abbiamo deciso che si sarebbe sottoposta al trattamento a casa, ma sotto consiglio dello specialista l'abbiamo poi spostata in un ospedale psichiatrico”, dice lei, aggiungendo che è arrivata a questa decisione con grande difficoltà.
La madre di Gayane visitava sua figlia regolarmente durante l'anno in ospedale. Inizialmente non prendeva seriamente Gayane quando si lamentava di essere maltrattata e umiliata, credendo che la sua malattia glielo avesse fatto immaginare. Ma dopo dice di aver realizzato che sua figlia stava dicendo la verità.
"Vero, lei non era sempre conscia della situazione, ma [alla fine] è riuscita a convincermi. Abbiamo dovuto aspettare un lungo percorso di cura prima che nell'ospedale considerassero la fase di terapia conclusa e mi dessero indietro mia figlia".
Nonostante quanto Gayane sostiene, sua madre è convinta che lei fosse soggetta anche a violenza fisica in ospedale. "Lei non vuole parlarne", dice.
"Dopo essere ritornati a casa, nascondeva la testa tra le mani ogni volta che qualcuno faceva un movimento improvviso – come se stesse cercando di proteggersi".
"Ancor oggi, Gayane si spaventa quando, per esempio, rompe un bicchiere; diventa improvvisamente pallida e mi guarda terrificata", racconta la madre.
Nadya Vardanyan, direttrice del Centro per la salute mentale di Gyumri, specifica che i pazienti sono accettati all'ospedale solo con una richiesta scritta dal paziente o dal loro tutore legale, che dichiari che la persona vuole sottoporsi alle cure in ospedale e prendere medicazioni psichiatriche.
La dottoressa Vardayan specifica che se in 72 ore il paziente non acconsente volontariamente ad essere trattato e la sua condizione pone in pericolo lui stesso o quelli vicino a lui, l'ospedale è obbligato a rivolgersi al tribunale per prendere una decisione.
Secondo il ministero della Salute armeno, ci sono circa 54mila persone con malattie mentali in Armenia. Nonostante tutti questi siano sotto la supervisione di un dottore, molti cercano di evitare di ricevere le cure in un ospedale psichiatrico: alcuni temono di rivelare i problemi di salute a causa della forte stigmatizzazione sociale; altri sono semplicemente terrorizzati dall'idea di vivere in un istituto.
Un rapporto del 2018 del Difensore dei Diritti Umani dell'Armenia sui diritti dei pazienti negli ospedali psichiatrici sottolinea che queste paure non sono infondate. Il rapporto di 112 pagine ha riscontrato che le condizioni negli ospedali psichiatrici armeni sono scadenti e che i diritti umani dei pazienti vengono spesso violati.
Il rapporto è il risultato di una serie di ispezioni negli istituti psichiatrici condotte dal Difensore dei Diritti Umani durante il 2017. Gli ispettori hanno scoperto una serie di violazioni, tra cui pazienti legati e picchiati. Hanno scoperto inoltre che molti istituti usano medicine per calmare i pazienti senza l'approvazione dal tribunale. In molti istituti psichiatrici, gli ispettori hanno detto che non vi erano stanze separate in cui i pazienti venivano "limitati" quando avevano atteggiamenti pericolosi e che quindi il processo era svolto di fronte ad altri pazienti.
Il rapporto ha anche sottolineato che sono stati rinvenuti medicinali scaduti nelle farmacie degli ospedali e nelle sale degli interventi delle cliniche di Nubarashen, Gyumri, Lori e Vardenis.
In alcuni casi, gli ispettori hanno trovato pazienti che acquistavano medicinali da farmacie nelle vicinanze senza supervisione.
Samvel Khudoyan, a capo del dipartimento di psicologia applicata all'Università statale di Pedagogia, insiste sul fatto che le pratiche adottate dagli istituti psichiatrici armeni "non sono sbagliate". Khudoyan ha assistito a seminari all'estero e ha visitato dei centri per confrontare i metodi usati negli ospedali psichiatrici armeni con quelli usati in altri paesi. "Noi seguiamo l'esperienza europea; vengono adottate le migliori pratiche", ha detto. "Il problema è che queste [pratiche] sono violate ogni tanto. Anche le condizioni dell'edificio dell'ospedale sono molto rilevanti, è come se i muri avessero un impatto sul paziente. Se si ha un ospedale dove le pareti ricordano quelle di una colonia penale, il paziente ha l'impressione di essere imprigionato", dice Khudonyan.
La direttrice del Centro per la salute mentale di Gyumri, Nadya Vardanyan, concorda con Khudonyan. Dice che stanno cercando di fare il meglio che possono con limitati mezzi finanziari. "Il nostro edificio non è stato originariamente progettato come ospedale psichiatrico, perciò ci sono delle inconvenienze: le stanze sono piccole, i letti devono essere messi fianco a fianco, ma noi non limitiamo mai la libertà dei nostri pazienti. Possono uscire dall'edificio e fare una passeggiata [sul suolo dell'ospedale]”, sottolinea Vardanyan.
Il Centro per la salute mentale di Gyumri era uno degli istituti criticati nel rapporto del Difensore dei Diritti Umani. Il rapporto ha sottolineato che il centro era sovraffollato, che i pazienti potevano lavarsi solo ogni 10 giorni, che mancavano tavoli e sedie nella sala da pranzo, e che non c'erano telefoni. "Sono d'accordo su alcuni punti”, dice Varanyan, rispondendo al rapporto. "Si, un po' di tempo fa l'edificio era sovraffollato; avevamo più di 60 pazienti. Ma è sbagliato dire, per esempio, che non abbiamo i mobili adeguati nella sala da pranzo".
Ci sono attualmente 42 pazienti al Centro per la salute mentale di Gyumri. Nel rapporto vi è anche scritto che a Gyumri venivano utilizzate cinture di cuoio per bloccare fisicamente i pazienti e che questi ultimi venivano picchiati. "Noi non usiamo camice di forza", dice Vardanyan. "Se riteniamo che un paziente sia fuori controllo, cerchiamo di calmarlo con le medicine. E non ci sono maltrattamenti".
Il rapporto dice anche che è stato trovato nel Centro anche un medicinale scaduto. Secondo Vardanyan il budget dell'ospedale è così limitato che non possono permettersi di comprare abbastanza medicine da lasciare che una singola pillola duri abbastanza da scadere.
In risposta allo sconvolgente rapporto pubblico del Difensore dei Diritti Umani sugli ospedali psichiatrici, il ministro della Salute ha ordinato che lavori di ristrutturazione venissero avviati in alcuni istituti psichiatrici. Letti, mobili, lenzuola, prodotti igienici, in aggiunta ad appropriati strumenti di controllo fisico sono stati acquistati così come altri rifornimenti necessari.
Sono state inoltre proposte varie bozze di legge in relazione ai metodi di cura psichiatrica utilizzati e ai servizi per persone con disturbi ed è stata aumentata la cooperazione con il mondo associativo per provare a migliorare la situazione.
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