Putin e Pashinyan durante una visita a Yerevan nel 2019 - © Asatur Yesayants/Shutterstock

Putin e Pashinyan durante una visita a Yerevan nel 2019 - © Asatur Yesayants/Shutterstock

Da tempo i rapporti tra Mosca e Yerevan sono sempre più tesi e sono ulteriormente peggiorati con la disfatta in Karabakh dello scorso settembre. Il primo ministro armeno Pashinyan cerca di allentare l’influenza russa, mentre il Cremlino cerca di delegittimarlo

10/04/2024 -  Marilisa Lorusso

Proseguono i negoziati fra Armenia e Azerbaijan, resi complessi dai diversi rapporti di forza al tavolo negoziale. L’Azerbaijan è uscito vincitore dalla recente guerra grazie alla superiorità militare di cui oggi gode, e la minaccia bellica è nuovamente concreta. Inoltre Baku ha un alleato di ferro, la Turchia, mentre il rapporto fra Armenia e il suo presunto garante militare, la Russia, è in caduta libera.

Il difficile processo negoziale ha ricadute sulla sicurezza interna armena, come dimostra la recente presa della stazione di polizia di Nor-Nork da parte di membri di una milizia armata armena. Il premier Nikol Pashinyan si trova a dover gestire una situazione che non può che creare impopolarità e reazioni negative, se non appunto armate, mentre l’intero sistema di sicurezza del paese è messo gravemente in forse dal progressivo deterioramento dei rapporti con Mosca.

Dal Karabakh in poi

Dopo il 2020 l'Armenia ha manifestato delusione per la mancanza di protezione da parte della Russia. Armenia e Russia hanno una serie di accordi bilaterali di sicurezza, tra cui il Trattato sull'Amicizia, la Cooperazione e l'Assistenza reciproca del 1997, l'Accordo sulla base militare russa sul territorio dell'Armenia del 1995, accordi interstatali sulla creazione di un Sistema di Difesa Aerea Regionale congiunto del 2015 e sul servizio congiunto di combattimento per la difesa aerea del 2000.

Nel 2016, Russia e Armenia hanno firmato un Accordo di Forze Congiunte. Alla fine di febbraio, commentando l’inattività dell’alleato nella difesa dell’Armenia, il presidente del parlamento armeno ha suggerito che l'attacco azero del 2020 potrebbe aver avuto il via libera da parte di Mosca.

Fra il 2020 e il 2023 Yerevan aveva però, rispetto a Mosca, le mani legate dalla questione del Karabakh, poiché la presenza di armeni in Karabakh era – presumibilmente – garantita dalla presenza militare russa. In questo triennio Yerevan si è limitata a vietare l’ingresso nel paese a figure vicine al Cremlino e apertamente anti-Pashinyan, e a esternare disagio per le aspettative disattese, anche bloccando le mozioni dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) che non incontrassero le sue richieste.

Recentemente, Pashinyan ha dichiarato congelata la collaborazione fra l'Armenia e la CSTO, chiarendo che non vede che senso abbia cooperare se non si ricevono chiare risposte in tema di sicurezza come stato membro. La sua posizione ha causato un nuovo virulento attacco verbale da parte di Mosca.

Dal settembre 2023 le relazioni russo-armene sono in caduta libera, con Yerevan che sta progressivamente introducendo misure che a Mosca vengono percepite come chiaramente anti-russe. L’Armenia è diventata parte dello Statuto di Roma (Trattato istitutivo della Corte penale internazionale), con possibili implicazioni sulla condizione d’incriminato di Putin nel caso dovesse visitare il paese.

A gennaio 2024 militari armeni hanno ispezionato un convoglio russo e arrestato due soldati per possesso di droga. Yerevan poi ha sbugiardato apertamente Mosca sulla sua importanza come detentrice delle mappe originali necessarie per definire e demarcare i confini armeno-azeri.

Mosca ha vivamente protestato per un atto vandalico contro il monumento dei Bambini del Blocco di Leningrado nel parco Vahagn Davtyan della capitale armena, mentre l’Armenia dà sempre più segnali di volersi sganciare dalla continua rievocazione del passato sovietico. Nel paese si sta discutendo di riscrivere l’inno nazionale e il simbolo del paese, insieme alla costituzione: insomma, un’Armenia sempre più proiettata verso un futuro diverso dal ‘900 e dal primo ventennio del nuovo secolo.

Le trasmissioni in lingua russa sono diminuite nel paese e la questione dello status del russo come lingua internazionale, protetta e preservata nei paesi ex sovietici, è un tasto molto sensibile per Mosca. Dal marzo 2024 la banca centrale armena ha indicato, per timore di sanzioni secondarie, di bloccare i pagamenti con la carta MIR [circuito di pagamento fondato e gestito dalla Banca centrale della Federazione Russa].

Esercito e vicinato

Tra fine febbraio e inizio marzo sono emerse importanti fonti di crisi, entrambe legate a aspetti cruciali della sicurezza per Mosca.

Non solo la situazione dei peacekeepers russi nell’ex Nagorno Karabakh è fortemente influenzata dalle decisioni unilaterali dell’Azerbaijan, e quindi Mosca rischia di perdere un presidio di circa duemila uomini in Caucaso, ma l’Armenia ha annunciato l'intenzione di rimuovere la presenza russa dall'aeroporto di Yerevan, Zvarnots. Questa mossa, già ufficializzata alle competenti autorità russe, ha suscitato irritazione immediata da parte di Mosca.

Le guardie di frontiera russe hanno caratteristiche peculiari rispetto a quelle dei paesi occidentali. Dal 2003 sono parte del FSB, l'erede del KGB, un corpo militare non subordinato né al ministero degli Interni né a quello della Difesa. Il FSB svolge anche funzioni d’intelligence e non ha preso alcun impegno formale a non esercitarle al di fuori dei confini nazionali. La presenza delle guardie di frontiera russe a Zvarnots è datata 1992, ma non regolata da una specifica delega di competenze da parte del governo armeno.

C’è poi il capitolo Armenia-Unione Europea che crea uno scenario completamente nuovo: un membro dell’Unione Euroasiatica è in via d’integrazione nell’Unione Europea, cosa che nessuno aveva mai osato nemmeno ipotizzare. Il 5 aprile un trilaterale Armenia-Unione Europea-Stati Uniti ha reso disponibili nuovi strumenti di cooperazione, incluso un accordo Armenia-Eurojust.

In una recente intervista, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha usato parole pesanti contro Pashinyan, peraltro mai benvoluto a Mosca, che mal tollera le rivoluzioni colorate.

Lavrov ha accusato Pashinyan, di aver deliberatamente reso tese le relazioni con la Russia, e distorto la storia recente. Ha evidenziato le precedenti attività di opposizione di Pashinyan, compresi i suoi richiami a ritirarsi dalle alleanze con la Russia, così come la sua ricerca di legami più stretti con l'Unione Europea e l'occidente.

Lo ha poi accusato di aver abbandonato il Karabakh alla sua sorte, accettando i confini come definiti dai Protocolli di Alma-Ata che stabiliscono il reciproco riconoscimento tra i paesi firmatari così come erano al momento della disintegrazione dell’URSS. Peraltro su quegli accordi c’è pure la firma della Russia, che quindi pure riconosceva il Karabakh come parte integrante dell’Azerbaijan. Ma su questo Mosca glissa, nella sua eterna campagna di delegittimazione del governo Pashinyan.


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