11 novembre 2011

di Hovhannisyan Nikolai
casa editrice: Studio 12
anno di pubblicazione: 2011
pagine: 174
pagine: 18,00 euro

In quante pagine si può riassumere la lunga e sanguinosa tragedia del Nagorno Karabakh, questione di confine che tutt’ora affligge il popolo armeno e che ancora pare senza uscita?
Al prof. Nikolay Hovhannisyan, dell’Accademia Nazionale delle Scienze d’Armenia, ne sono bastate meno di duecento per inquadrare con efficacia e lucidità il lungo e doloroso percorso degli abitanti di quest’area verso l’autodeterminazione e la libertà.

Il Nagorno Karabakh o Artsakh, l’antico nome armeno della regione, è un’area contesa tra Armenia e Azerbaijan sin dall’annessione di queste due repubbliche all’Unione Sovietica. Il governo dell’URSS, come mossa strategica di avvicinamento alla Turchia, decise negli anni ’30 di far passare la regione del Nagorno Karabakh, a stragrande maggioranza di popolazione armena, all’Azerbaijan. Dopo anni di soprusi e di tentativi di pulizia etnica da parte del governo di Baku, il Karabakh ha cercato il ritorno all’Armenia e l’indipendenza a più riprese, sino agli ultimi anni di esistenza dell’URSS: il traguardo sembrava raggiunto tra la fine degli anni ’80 e primi anni ’90 grazie al risultato di un referendum favorevole al distacco dall’Azerbaijan, ma la caduta del governo sovietico impedì il riconoscimento ufficiale del plebiscito, aprendo così la strada alle pretese azere e al conflitto armato.

L’intera impostazione del libro è molto efficace nella sua semplicità: ognuno dei capitoli del testo approfondisce un elemento particolare della storia del Karabakh, descrivendo con abbondanza di dettagli ogni singolo aspetto delle pretese armene e della loro legittimità, smontando al contempo tutte le ragioni azere con motivazioni ragionate. Uno dei temi portanti del libro è infatti non solo la dimostrazione della vacuità delle pretese del governo di Baku, ma la stessa messa in dubbio delle ragioni storiche dell’esistenza dell’Azerbaijan come stato. L’analisi dell'autore inizia dai fattori storici antichi, geografici e etno-culturali dell’area, al fine di dimostrare come l’Artsakh sia armeno a dispetto di ogni pretesa o imposizione estera. Sulla base di queste premesse, si procede, capitolo dopo capitolo, con un’esposizione dettagliata di tutte le dinamiche, sino alla guerra degli anni ’90 e all’affannoso cessate il fuoco, a tutt’oggi vigente, seppur costantemente violato. Il testo si avvia alla conclusione con un lungo, preciso e disincantato elenco delle varie proposte di risoluzione del conflitto, per poi chiudersi con un epilogo cosciente sullo stato attuale del Nagorno Karabakh, un ente dichiaratosi indipendente, uno stato a sé che crede nel valore della democrazia.

A rendere peculiare il testo non è solo la tematica trattata - ingiustamente ignorata da molti storici mainstream - e l’incontestabile precisione della ricostruzione storica, ma anche lo stile con il quale vengono descritti i fatti storici e le argomentazioni. L’intero libro, nonostante una prosa di base distaccata, testimoniante l’obiettività e l’attenzione scientifica di un abile storico come Hovannisyan, lascia che la passione e l’accoramento per la tematica trattata affiorino in maniera impercettibile quanto inesorabile nei passaggi più salienti, riuscendo a coinvolgere il lettore in pieno senza bisogno di iperboli e sensazionalismi: Hovannisyan rende vivo il desiderio di libertà dei suoi connazionali senza perdere di vista il metodo d’analisi scientifico che si confà ad un saggio di questa portata. (Giuliano Luongo / Eurasia)