Vigne in Moldova - © Maxim Ciumas

Vigne in Moldova - © Maxim Ciumas

Dai misteriosi tunnel di Cricova alle piccole cantine della Gaugazia, la Repubblica di Moldova mira a diventare una destinazione alternativa al turismo di massa grazie a tradizioni di ospitalità e al millenario patrimonio culturale e storico. Con un asso nella manica: la viticoltura

17/01/2020 -  Francesco Martino Chișinău

Un paese senza montagne né mare, ma ricco di storia e tradizioni, profondamente ospitale e con un asso nella manica: il suo vino. La Repubblica di Moldova (spesso indicata in Italia come “Moldavia”) si pone sempre più come nuova destinazione turistica nel cuore dell'Europa.

Per farlo ha deciso di puntare ad una filosofia di viaggio “slow”, fatta di ritmi lenti ed incontri: col calore dei suoi abitanti, con le sorprese delle sue località storiche e della sua gastronomia, ma anche e soprattutto con le sfumature di gusto e di sapore del suo prodotto più noto e apprezzato, il vino, che in Moldova rappresenta un pilastro non solo dell'economia, ma anche della cultura e dell'identità del paese.

"Il turismo legato al vino è sicuramente una parte sostanziale della nostra strategia di promozione", racconta Natalia Turcanu, giovane ed energica direttrice esecutiva del National Inbound Tourism Association di Moldova (ANTRIM), mentre passeggiamo lungo gli spaziosi boulevard che segnano il centro della capitale Chișinău. "I turisti che oggi arrivano nel nostro paese sono interessati a vivere esperienze diverse, autentiche, lontane dai percorsi battuti dal turismo di massa, che li coinvolgano profondamente. E in Moldova, la socialità legata alla tavola e cultura del vino sono la chiave per aprire tutte le porte, o quasi".

Parole che trovano riscontro nei fatti: secondo i dati raccolti, infatti, almeno il 60% di chi ha visitato la Moldova ha inserito la gastronomia e il vino nel proprio programma, esprimendo in generale un alto grado di apprezzamento.

Un settore giovane, ma con grande potenziale

Castel Mimi (immagine per gentile concessione di ANTRIM)

Per capire in che direzione si sta muovendo la Moldova per promuovere il binomio “turismo e vino”, un'ottima idea è iniziare visitando il villaggio di Bulboaca, ad una quarantina di chilometri a sud-est di Chișinău. Qui si trova Castel Mimi, l'azienda vinicola diventata faro dell'offerta che la Moldova vuole proporre ai viaggiatori che scelgono di visitarla.

“Castel Mimi al momento rappresenta il più grande investimento nel paese nel settore del turismo vinicolo. Uno sforzo premiato da vari riconoscimenti internazionali, e che lo pone tra i capolavori architettonici nel settore vinicolo”. Cristina Frolov, manager dell'azienda - oggi a conduzione familiare - , ci accoglie nello spazioso atrio d'ingresso inondato di luce. Sorseggiamo un calice di Roșu di Bulboaca, il vanto della cantina, un rosso che sposa a varietà d'uva europee il carattere inconfondibile della terra che ci ospita.

Castel Mimi affonda le proprie radici negli anni dell'impero zarista, quando l'ultimo governatore di Bessarabia, Constantin Mimi, rivoluzionò la produzione di vino nella regione, creando una cantina all'avanguardia. Un'intuizione che è sopravvissuta agli sconquassi di rivoluzioni e guerre. Nel secondo dopoguerra, l'azienda ha assunto proporzioni sempre maggiori, per divenire una delle più grandi dell'Unione sovietica (all'epoca, la piccola Moldova forniva il 70% dell'intera produzione nell'Urss).

“Negli ultimi anni abbiamo rinnovato Castel Mimi dalle fondamenta, trasformando il gigante ereditato dal precedente regime in un'azienda di medie dimensioni che punta sulla qualità”, racconta Cristina. “E questo sia per il vino, con una produzione di 500mila bottiglie l'anno e una forte vocazione all'export, sia per l'accoglienza ai turisti, con una struttura in grado di abbinare ristorazione, eventi ed accoglienza ad alto livello”.

E se Castel Mimi rappresenta la punta di diamante nel settore, molte aziende stanno sviluppando con successo un'offerta che integra produzione vinicola e offerta turistica: tra gli esempi più dinamici lo Chateau Vartely, a nord di Chișinău, che alla produzione di vini come Chardonnay, Traminer e all'autoctono Rară Neagră accompagna moderne strutture di accoglienza.

O la cantina Purcari, fondata nel 1827 (la più antica in quella che all'epoca si chiamava Bessarabia) non lontano dalle pigre anse del fiume Dniestr (Nistru): dalle uve coltivate sulle morbide increspature di un paesaggio che si perde lontano all'orizzonte, si producono alcuni dei vini più rinomati della Moldova, tra cui il Negru de Purcari, che molti considerano il rosso più rappresentativo della viticoltura locale. Oggi la cantina offre anche due ristoranti, un hotel di alta qualità, e la possibilità di praticare numerose attività all'aperto, naturalmente quando la stagione lo permette.

Tra piccoli produttori della Gagauzia

Nella cantina Kara Gani - © Maria Wiktoria Gorecka

In Moldova, però, la produzione di vino e la vocazione all'ospitalità non sono certo appannaggio esclusivo di grandi aziende e cantine. Bastano alcuni dati perché emerga un legame radicato e diffuso: su una popolazione ufficiale di 3,5 milioni di persone, ben 200mila sono gli occupati nel settore vinicolo, e la Moldova è oggi il paese al mondo con la maggiore estensione di vigneti rispetto al territorio nazionale.

In pratica, tutti o quasi nel paese hanno un rapporto diretto o mediato col mondo del vino: non stupisce quindi il ruolo centrale svolto dai piccoli produttori, forse quelli che meglio riescono ad incarnare lo spirito affascinante del “turismo-slow” in versione moldava. Un tessuto sociale – e non solo produttivo – estremamente articolato, e in grado di tenere vive le molte e variegate tradizioni culturali che un paese piccolo come la Moldova riesce inaspettatamente a contenere.

Una delle realtà più interessanti da questo punto di vista è la Gagauzia, regione autonoma al sud del paese abitato da un crogiolo di popoli tra cui spiccano i gagauzi, gruppo etnico turcofono ma di religione ortodossa e con una fortissima vocazione alla viticoltura.

“La cura della vite è un vero pilastro della cultura gagauza, insieme alla tradizione dell'ospitalità” ci dice Lora Cervan, che insieme al marito gestisce la piccola cantina KaraGani, poco fuori dal villaggio di Vulcănești, quasi al confine con la Romania. Dieci ettari di vigne, cinque varietà di vino e la possibilità di alloggiare fino a trenta turisti: queste le caratteristiche di un'azienda molto radicata nel territorio, ma che sogna di crescere.

“Degustazione di vini e gastronomia tradizionale gagauza, la nostra è una ricetta semplice, ma che attira sempre più visite. Ma non vogliamo solo portare il mondo a casa nostra, ma anche casa nostra nel mondo”, sorride Lora. “Ecco perché stiamo studiando la possibilità di cominciare ad esportare il nostro prodotto. Romania, Italia, Danimarca, Ucraina. Queste al momento le destinazioni più promettenti, di cui stiamo esplorando legislazione vigente e logistica”.

Gagauzo è anche Serghei Sari, giovane viticoltore che, dopo anni di esperienza e viaggi di studio all'estero, soprattutto negli Stati Uniti, ha deciso lanciare un suo progetto imprenditoriale e di vita. “Siamo appena partiti con ottomila bottiglie, concentrando l'attenzione sui rossi secchi, come Cabernet, Seperavi e Fetească Neagră. Tutte varietà che fanno risaltare il sole, il clima ventilato e il suolo ricco del nostro territorio”.

Anche Serghei pensa alla possibilità di esportare, vera vocazione della viticoltura moldava (oltre l'80% dei vini locali viene spedito all'estero, soprattutto in UE, Estremo oriente, Nord America ed ex mondo sovietico). “Farsi strada in un settore così competitivo però non è semplice, difficile promuovere i vini moldavi, quando oggi in tanti non sanno nemmeno dove si trova la Moldova!”.

Un tesoro sotterraneo

Nelle gallerie di Cricova (immagine per gentile concessione di ANTRIM)

Il viaggio sulle tracce del vino moldavo può portate i visitatori a scoprire non solo il territorio sinuoso del paese, ma anche il suo sottosuolo. Per farlo, bisogna uscire di pochi chilometri dalla capitale, ed arrivare a Cricova. Per chi conosce la Moldova, Cricova è più della cantina più grande del mondo, è una vera e propria istituzione.

Per capire il perché, non basta fermarsi ai numeri, comunque impressionanti, che raccontano di una vera “città enologica sotterranea”: bisogna scendere di persona nel labirinto di 120 chilometri di gallerie sotterranee che ne formano il cuore pulsante.

Per farlo, la strada più semplice è partecipare ai tour organizzati, della durata di qualche ora, che grazie ad una piccola flotta di trenini elettrici porta ogni giorno centinaia di turisti all'interno della cantina.

In realtà, le gallerie sono state scavate nel calcare bianco almeno dal XV secolo per ricavare il materiale di costruzione con cui sono state costruite Chișinău e le località circostanti. Poi, negli anni '50, nacque l'idea di sfruttare le condizioni ideali dei tunnel, che mantengono una temperatura costante di 12 gradi durante tutto l'anno, per creare un vero e proprio “tempio del vino moldavo”.

Condizioni che hanno convinto molti collezionisti ad utilizzare Cricova come luogo ideale per conservare i loro vini più pregiati: nel caveau si possono trovare vini appartenenti alla casa reale inglese, Barack Obama, Elton John insieme a una parte sostanziale della collezione appartenuta un tempo al gerarca nazista Hermann Göring.

Una realtà fuori dall'usuale come questa, non può che dar vita a miti e leggende. La più nota, racconta che Yuri Gagarin, primo uomo nello spazio, dopo essere stato invitato a Cricova, e dopo aver gustato in abbondanza i vini della cantina, si perse nei tunnel sotterranei, per riuscire a ritrovare l'uscita solo due giorni dopo, senza aver però perso né il sorriso né il buonumore...

Le sorprese del patrimonio culturale e culinario

Orheiul Vechi - © Roberto Gabriele

Vino, abbiamo detto, ma non solo. La Moldova, terra di incontro (e non di rado di scontro) tra civiltà e di mondi diversi, sa offrire a chi la visita un patrimonio culturale affascinante. Chi lo vuole esplorare, può partire dal sito storico di Orheiul Vechi, a poco più di un'ora a nord-est di Chișinău. Usciti dalla periferia nord della capitale, la strada – accompagnata da lunghi filari di noci – si snoda pigramente lungo il paesaggio ondulato e silenzioso, quasi sognante.

Poi, all'improvviso, plana verso il basso, per raggiungere il fondo dei meandri incassati che il fiume Răut, nel corso dei millenni, ha scavato nella roccia calcarea, creando un anfiteatro naturale di rara bellezza.

Fin dal Paleolitico, chi ha abitato questa terra ha cercato rifugio sui ripidi costoni che si affacciano sul fiume, scavando gallerie sui loro fianchi e costruendo fortezze e templi sulla cima. Gli archeologi hanno trovato i resti stratificati della presenza dei Daci (VI-I secolo a.C.), dell'Orda d'oro, che qui eresse la piazzaforte di Shehr al-Jedid (XIV secolo d.C.) e una serie di monasteri ortodossi, l'ultimo dei quali ancora staglia le proprie cupole dorate contro l'orizzonte senza fine.

Qui un monaco solitario, schivo eppure cortese nel suo silenzio, continua ad abitare il monastero, dando continuità ad una presenza che si avverte in ogni gradino scavato, in ogni intaglio sapiente dell'iconostasi, in ogni dettaglio delle icone che brillano alla luce della luce tremolante delle candele.

In fondo alla valle, in un'atmosfera pigra ed accogliente, si adagia il villaggio di Trebujeni: case dalla pianta quadrata e dai tetti scuri, con cancellate dai colori sorprendentemente allegri e sgargianti a spezzare la monotonia del verde che circonda l'abitato.

Qui, si trova “Casa Din Lunca”, uno degli primi agriturismi del paese, dove si può esplorare appieno la ricchezza e la varietà della tradizione culinaria moldava, facendosi cullare dal calore dell'ospitalità e dai ritmi “slow”.

Quella moldava è una cucina schietta, senza troppi fronzoli, che punta all'alta qualità dei suoi prodotti. Tra i piatti più caratteristici la “zeama”, zuppa di pollo, verdure e tagliolini fatta in casa, l'immancabile “mamaliga”, polenta servita con panna acida e formaggio, le “sarmale”, involtini di foglie di verza (o vite) ripiene di riso e carne macinata, o il brivido piccante della “limba soacrei”, la mordace “lingua di suocera” a base di melanzane.

E il sito di Orheiul Vechi, attualmente candidato ad entrare nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO non è solo. La Moldova conserva un ricco patrimonio, fatto di fortezze medievali (Soroca e Tighina) e numerosissimi monasteri, tra cui spiccano quelli Curchi, di Capriana e di Calaraseuca.

Un viaggio nel tempo

Tiraspol' - © Elena Mocri

In Moldova, oltre a viaggiare nello spazio, si può anche viaggiare nel tempo. Per farlo, bisogna muoversi verso est, attraversare il fiume Dniestr (Nistru) ed entrare nello stato de facto della Transnistria (ufficialmente “Repubblica Moldava di Pridnestrovie”), stato indipendente e non riconosciuto a livello internazionale, nato a inizio anni '90 dalle ceneri della turbolenta disgregazione dell'Unione sovietica.

Poco prima che la Moldova dichiarasse la propria indipendenza (agosto 1991) la regione a sinistra del fiume Dniestr, più ricca e russificata, si dichiarò a propria volta indipendente (settembre 1990), una decisione mai accettata da Chișinău. La disputa portò ad un breve conflitto, seguito da un cessate il fuoco che ha fermato le ostilità, senza però risolvere lo status della Transnistria, dove continuano a soggiornare forze militari di Mosca.

Oggi per i cittadini UE entrare in Transnistria non è difficile, basta un passaporto valido. Superato un breve controllo dei documenti, sembra di entrare in una bolla temporale, dove l'atmosfera dell'Unione sovietica continua a vivere.

Il centro della capitale transnistriana, Tiraspol', fondata dal generale russo Alexander Suvorov nel 1792 sul sito dell'antichissima colonia greca di Tyras, mostra ancora con orgoglio i simboli di un regime politico e ideologico – quello comunista sovietico - che, per il resto del mondo, fanno oggi parte del passato: dalla falce e martello sulla bandiera nazionale, alle statue di Lenin di fronte al parlamento e al municipio, sormontato dalla stella a cinque punte.

Le autorità moldave, pur mantenendo un profilo basso, non scoraggiano le potenzialità turistiche di questa regione ribelle, anzi provano ad integrare i “viaggi nel tempo” oltre il Dniestr nel pacchetto di esperienze uniche che il paese offre ai visitatori.

D'altronde la Transinistria, con la sua storia complessa, non offre solo uno sguardo unico attraverso la storia recente del Vecchio continente. Anche questa regione vanta una radicata tradizione vinicola, che vede nella cantina “Kvint” la sua punta di diamante.

Fondata nel 1897, Kvint è nota soprattutto per la produzione di cognac (che però, per motivi di denominazione protetta, viene definito “Divin” dal 1993), ma anche di vino, vodka e brandy. La cantina esporta in Italia, Cina, Russia e Ucraina, e il suo fatturato rappresenta una voce importante nel PIL transnistriano (circa il 5%).

Anche qui, l'elemento ideologico non è però del tutto assente: tra i migliori “divin” c'è ad esempio il “Surprise”, dedicato al 22simo congresso del PCUS e “considerato il miglior 'divin' comunista”, o il “Jubilee”, consacrato “al 60simo anniversario della fondazione dell'Urss”.

Le porte di Kvint sono aperte ai turisti, che possono visitare le cantine e degustarne i prodotti, che continuano a mietere premi e riconoscimenti a livello planetario.

 

 

Questo reportage è stato realizzato dopo una visita in Moldova organizzata dalla National Inbound Tourism Association di Moldova, col supporto del "Moldova Competitiveness Project" finanziato da USAID, Svezia and UKAID


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