Il master in diritti umani e democrazia ERMA, una delle eccellenze delle Università di Sarajevo e Bologna, da mesi non riceve i finanziamenti messi a disposizione dall'Unione Europea e dal governo italiano per faide interne all'Università bosniaca

04/02/2016 -  Rodolfo Toè Sarajevo

"È una situazione difficile, nella quale gli studenti si trovano a essere danni collaterali. Eppure, per venire qui, abbiamo investito un anno di vita, abbiamo lasciato le nostre famiglie... Qualcuno, come me, persino un lavoro". Fino all'estate scorsa, Davjola lavorava come ricercatrice per la fondazione Konrad Adenauer. Quindi ha scoperto l'esistenza dell'European Regional Master's Degree in Democracy and Human Rights in South East Europe (ERMA), e ha deciso di trasferirsi a Sarajevo. La scoperta dell'esistenza del programma, dice Davjola, è avvenuta per caso. "Il programma era intenso, è vero, ma le condizioni eccellenti: c'è la possibilità di ottenere un doppio diploma con due soli semestri di lezione. Un master di un anno, contro la norma di due. E in più, la possibilità di ricevere 500 euro di borsa di studio per tutti gli studenti".

Condizioni allettanti, soprattutto in un momento in cui trovare un lavoro diventa sempre più difficile, a maggior ragione se si è giovani e con una laurea conseguita da poco. "Sappiamo tutti qual è la situazione in Italia per i neolaureati", sottolinea Cecilia, italiana, anche lei iscritta all'ERMA.

Vivere a Sarajevo

Cinquecento euro, purtroppo, oggi rappresentano per molti una valida alternativa a uno stipendio mensile e nella regione, in effetti, è una cifra superiore a uno stipendio medio. Qualità formativa a parte, per molti il fatto di avere deciso di trasferirsi a Sarajevo e di iniziare qui una nuova vita è dipeso anche da questo. Non senza sacrifici. Cecilia, per esempio, ha trascorso un periodo in Irlanda per riuscire a ottenere la certificazione in lingua inglese necessaria per l'iscrizione e, come tanti suoi colleghi, ha dovuto spendere svariate centinaia di euro per la traduzione ufficiale dei documenti richiesti. Un suo collega di origini finlandesi/messicane, Xavi, ha persino già pagato la tassa d'iscrizione, 1.000 euro da versare entro marzo, in un eccesso di zelo. "Se avessi saputo che le cose sarebbero andate così, avrei per lo meno aspettato", racconta sconsolato.

Il problema è che al momento, dopo più di tre mesi dall'inizio dei corsi e dal loro arrivo nella capitale bosniaca, nessuno di loro ha ancora ricevuto un euro della tanto agognata borsa di studio. Il motivo è uno scontro interno all'Università di Sarajevo [UNSA], uno dei partner nella realizzazione del programma, che finora ha impedito la firma del contratto con la Commissione Europea e il Ministero degli Affari Esteri dell'Italia.

Ritardi e dilazioni nei pagamenti sono, lo riconoscono unanimemente studenti, ex studenti, impiegati e autorità che gestiscono l'ERMA, sfortunatamente abituali - a causa delle complessità amministrative e delle differenti modalità di gestione dei finanziamenti tra Unione Europea e Italia. Ma la situazione è complicata per gli studenti, soprattutto per quelli che provengono da altri paesi e che a Sarajevo hanno dovuto trovare casa e non hanno alcun tipo di introito se non quello, per ora soltanto promesso, della borsa di studio. "Si sopravvive come si può, c'è chi chiede soldi ai genitori, chi si è indebitato con gli amici, ma la situazione non può durare ancora a lungo", spiega Davjola, "se una soluzione non verrà trovata in fretta, in molti stanno pensando di lasciare il corso".

ERMA e i giochi della politica

In realtà, gli sviluppi delle ultime settimane hanno rassicurato gli studenti. "Il senato accademico ha già fissato una sessione straordinaria destinata all'approvazione del contratto", ricorda il professor Francesco Privitera, coordinatore accademico del programma. "La soluzione, insomma, dovrebbe essere già in vista", sottolinea.

Del resto, il finanziamento del programma non è mai stato in discussione: ERMA, infatti, è parte integrante della strategia europea per la Bosnia Erzegovina e lo rimarrà fino al 2021. I soldi ci sono. Il problema è, semmai, che la firma dell'accordo è stata rimandata così a lungo a causa di una disputa politica interna all'Università di Sarajevo, chiamata a eleggere il nuovo rettore tra pochi mesi (la nomina è prevista per marzo).

Per Privitera, esattamente come per il co-direttore locale del master, il professor Asim Mujkić, la questione è infatti "eminentemente politica".

"Soprattutto a partire dal dicembre scorso", sottolinea Mujkić, "lo scontro tra il rettore e il senato accademico è diventato particolarmente intenso, con accuse reciproche e richieste di dimissioni. Ora per fortuna la situazione è migliorata sensibilmente e tra una decina di giorni", conclude, "la questione dovrebbe essere risolta una volta per tutte".

Il problema è stato, finora, il braccio di ferro tra l'attuale rettore dell'Università di Sarajevo, Muharem Avdispahić, e il presidente del senato accademico, Mevludin Mekić. Secondo le accuse di Avdispahić, Mekić avrebbe finora ostruito la firma dell'accordo [di un valore complessivo di più di 700.000 euro] allo scopo di screditare l'attuale rettore in vista della prossima elezione. Avdispahić ha scritto anche al Primo Ministro del cantone di Sarajevo, Elmedin Konaković, per denunciare l'ostruzione di Mekić e sottolineare l'incompatibilità del suo curriculum con la carica da lui ricoperta in seno all'UNSA, dal momento che Mekić risulta tuttora professore all'Università di Travnik, e questo ne impedirebbe la nomina a presidente del senato accademico di Sarajevo per conflitto di interesse.

Un fiore all'occhiello per l'Università di Sarajevo

I gravi ritardi nei finanziamenti sembrano dunque destinati a un epilogo felice e, stando alle promesse, rapido. È un peccato, tuttavia, che questi problemi abbiano parzialmente rovinato l'inizio di un anno accademico che marca il quindicesimo anno d'attività del master. Negli anni, l'ERMA ha contribuito a formare decine di studenti che poi, in seguito, sono divenuti personalità importanti per la Bosnia Erzegovina, come l'ex ministro dell'Educazione del Cantone di Sarajevo e ex vice Ministro della Difesa Emir Suljagić , Ivan Barbalić (che ha appena terminato il proprio mandato come ambasciatore della Bosnia Erzegovina in Russia), Faris Vehabović (vicepresidente della Corte Costituzionale di Bosnia Erzegovina) o Ivana Howard (responsabile per il programma di assistenza allo sviluppo democratico per il Sudest Europa del National Endowment for Democracy – NED).

In questi tre lustri, ERMA ha formato più di 400 studenti provenienti dall'intera regione e dal resto del mondo, diventando una delle realtà più importanti all'interno dell'offerta educativa dell'UNSA e dell'intero paese.

"Un fiore all'occhiello per l'Università di Sarajevo, da oltre 15 anni", sottolinea l'Ambasciatore d'Italia a Sarajevo, Ruggero Corrias, il quale esprime la sua fiducia nel fatto che "l'Università agirà nel suo interesse e in quello del paese, mettendo in atto quanto prima tutte le misure necessarie a facilitare il finanziamento del Master da parte di Italia ed Unione Europea, che sono da sempre convinti sostenitori di questa iniziativa".


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