Il porto di Mandraki a Rodi, Grecia © Serenity-H/Shutterstock

Il porto di Mandraki a Rodi, Grecia © Serenity-H/Shutterstock

Inizia con questa introduzione il diario di viaggio del nostro instancabile girovago solitario Fabio Fiori, che ha percorso lo scorso anno cinquecento chilometri in lungo e in largo per l'isola di Rodi

02/02/2024 -  Fabio Fiori

Rodi è una rosa in forma d’isola, in bilico tra oriente e occidente, geograficamente più vicina all’Anatolia che all’Attica, culturalmente più greca che turca, comunque un crocevia mediterraneo. Un’isola da pedalare e camminare, per strade e sentieri; un’isola da esplorare senza fretta, evitando gli affollamenti estivi e incontrando le genti stanziali, coloro che la abitano e la coltivano, nell’incedere delle stagioni.

In bicletta a Rodi - foto F. Fiori

In bicletta a Rodi - foto F. Fiori

Rodi è nell’immaginario occidentale l’Isola dei Cavalieri, ordine monastico e guerresco che la tenne dal 1308 al 1522. Ma Rodi ha una lunghissima storia che affonda le sue radici nelle civiltà minoiche e micenee, poi greche ed elleniche, allargando i suoi rami in variegati rapporti con l’oriente e l’occidente. Perché Rodi è poi stata fiorente colonia romana e poi bizantina, provincia ottomana e nel Novecento colonia italiana, amministrazione inglese dal 1945 al 1947, riunita alla Grecia negli anni successivi. Dominazioni, occupazioni, ricongiungimenti che non hanno però cancellato la sua originale e importante insularità.

Rodi è per me l’isola della Venere marina, parafrasando il titolo del libro di Lawrence Durrell, scrittore inglese che lì visse dal 1945 al 1947. Durrell è stato il mio Virgilio nell’isola consacrata al Sole, riprendendo una più antica definizione utilizzata da Vincenzo Maria Coronelli, cosmografo della Serenissima, e che ha dedicato all’isola un atlante e diverse carte. Una Rodi quindi da immaginare facendo volare la fantasia sulle antiche mappe, su quadretti e foto ottocentesche, su cronache letterarie novecentesche. Ma anche da pedalare e camminare oggi, qualche volta fermandosi per un tuffo e una nuotata nelle acque care alla dea dell’amore.

Questo è quindi il diario di viaggio di un girovago solitario a cavallo di un ferreo corsier, che ha percorso cinquecento chilometri in lungo e in largo, salendo fin sulla vetta della sua montagna sacra, il Monte Attàvyros, avvolta nelle fitte nebbie d’aprile, quando a valle e lungo le rive la primavera metteva in scena le sue colorate e profumate epifanie. Luoghi e storie, ma anche incontri inaspettati come sempre accade al viandante che va ramingo con fanciullesca curiosità.

Ps

Ancora oggi nelle librerie londinesi si trovano pile dei diversi libri di viaggio di Lawrence Durrell, semisconosciuto invece in Italia. Il più grande di quattro fratelli, tra cui Gerald, naturalista e scrittore, Lawrence nato nel 1912 e cresciuto in India da genitori inglesi, studiò in Inghilterra e si trasferì insieme alla madre, ai fratelli e alla sua giovane moglie nel 1935 a Corfù. La prima delle sue isole greche, la prima delle sue tappe nella lunga, felice peregrinazione ellenica. Nella primavera del 1945 Durrell arrivò a Rodi da Alessandria d’Egitto, al seguito delle forze d’occupazione britanniche. In città visse per due anni, dirigendo il quotidiano locale, imbastendo rapporti e raccogliendo i materiali per il suo libro: Riflessi di una venere marina. Una guida al paesaggio di Rodi, pubblicato nel 1953, tradotto in italiano da Luisa Corbetta nel 1993 e oggi purtroppo fuori catalogo.


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