Europa, come proteggere il lupo

In questa doppia intervista tra Serbia e Croazia abbiamo parlato con due esperti della situazione del lupo, in UE fino a poco fa specie strettamente protetta, ora declassato e quindi potenzialmente cacciabile. In Serbia dove lo è da sempre non sembra tuttavia che la situazione sia peggiorata

29/09/2025, Giovanni Vale

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Il lupo - Foto per gentile concessioni di Josip Kusak

Secondo il quotidiano The Guardian , quella di Ursula von der Leyen contro il lupo sarebbe una battaglia personale. Nel settembre del 2022 un lupo grigio ha ucciso Dolly, il pony di famiglia lasciato durante la notte in un recinto non elettrificato nella tenuta von der Leyen nella Bassa Sassonia. Un anno dopo, a fine 2023, la presidente della Commissione europea ha annunciato la decisione di declassare il livello di protezione del lupo da “strettamente protetto” a semplicemente “protetto”, permettendo così una maggiore “flessibilità” nella gestione di una popolazione “troppo numerosa” in Europa, ovvero autorizzandone più facilmente la caccia.

L’8 maggio 2025 il Parlamento europeo ha approvato il nuovo status per il lupo e il 5 giugno è arrivato l’ok definitivo del Consiglio dell’UE . La decisione è stata criticata da più di 300 associazioni e organizzazioni della società civile tra cui il WWF, BirdLife , ClientEarth, l’European Environmental Bureau, Euronatur e Legambiente, mentre una petizione online ha raccolto più di 330mila firme. Ma il nuovo status di protezione del lupo, alla fine, è entrato in vigore.

In Croazia, il biologo Josip Kusak, professore all’Università di Zagabria, figura tra i critici dell’iniziativa della Commissione europea, che considera “ipocrita”, “affrettata” e “priva di fondamento scientifico”.

Non soltanto il declassamento del livello di protezione del lupo sarebbe, secondo il professore, “una decisione politica per guadagnare consensi a destra”, ma è anche un indicatore dell’attenzione che portano in questo momento storico le autorità pubbliche alla più generale questione della tutela della natura.

Il biologo Josip Kusak, docente persso l'Università di Zagabria  (foto archivio privato)

Il biologo Josip Kusak, docente
presso l’Università di Zagabria
(foto archivio privato)

Qual è la condizione del lupo in Croazia?

Il lupo è protetto in Croazia dal 1995 e la caccia ne è vietata. Dal 2005 al 2015 c’è stata una sorta di età dell’oro nella gestione di questo grande predatore. Si decise di coinvolgere i gruppi di interesse, come cacciatori e allevatori, e fu individuato un numero di compromesso di 200 lupi che rappresentano la cosiddetta “capacità sociale” – ovvero il numero massimo che può essere tollerato dall’uomo in Croazia (la capacità ecologica sarebbe più alta).

Ai cacciatori venne affidato l’impegno del monitoraggio, concedendo in cambio il diritto di abbattere i lupi in eccesso. Nel 2008 ben 160 persone hanno partecipato volontariamente alle attività di ricerca e conteggio dei lupi. Poi l’impegno dei volontari ha cominciato a calare e a partire dal 2010 abbiamo registrato un numero di lupi inferiore a 200, probabilmente a causa di un monitoraggio insufficiente.

A quel punto, però, i cacciatori hanno perso anche il diritto alla loro quota di lupi da abbattere e con questo la motivazione a partecipare alle azioni di conteggio. Infine, con l’ingresso della Croazia nell’Unione europea nel 2013, ho l’impressione che anche l’interesse delle autorità verso questo tipo di attività sia venuto meno.

In che modo le autorità si sono disinteressate al lupo?

Non soltanto al lupo, ma in generale alla tutela della natura. Nei primi anni Duemila esisteva l’Istituto di stato per la protezione della Natura (DZZP), un’istituzione che impiegava una quarantina di persone e che è stata dismessa nel 2015. Da quell’anno e fino al 2019 c’era l’Agenzia croata per la protezione dell’ambiente e della natura (HAOP), ma anche quella è stata assorbita dal ministero competente. Ed è interessante notare che oggi nessun ministero croato contiene, nel suo nome, la parola “natura”. Oggi c’è il ministero per la Protezione dell’ambiente e la Transizione verde, ma “ambiente” e “natura” sono due concetti diversi. Insomma, il destino che è toccato al lupo è sintomatico della marginalizzazione della tutela della natura in generale.

Nella sua strategia per la biodiversità, l’Unione europea si è però data come obiettivo di designare come aree protette il 30% del suo territorio entro il 2030. Questo significa creare più spazi per animali selvatici come il lupo. In che modo si sta procedendo verso questo obiettivo?

Non si sta procedendo affatto. Semplicemente non è una priorità, non lo era prima della guerra in Ucraina, figuriamoci ora. Al limite si parla di questioni energetiche, di transizione verde, ma anche qui ci sono dei problemi.

In Croazia lo Stato non ha ottimizzato la scelta delle zone per la costruzione di nuove infrastrutture come i parchi eolici. Questa scelta viene lasciata agli investitori privati. Ecco che invece di costruire in aree in cui la natura è già coltivata, si scelgono colline e montagne che sono le ultime isole di libertà per gli animali selvatici. Ricordo che quando si sono costruite le autostrade nei primi anni Duemila, siamo stati coinvolti in quanto esperti e siamo riusciti a far costruire undici ecodotti, o ponti verdi per il passaggio degli animali selvatici sopra l’autostrada. Oggi non veniamo coinvolti.

Cosa succede se il lupo scompare dai nostri territori?

Il lupo è un grande carnivoro e per questo ha un ruolo fondamentale di regolatore nell’ecosistema. Un bel esempio è quanto avvenuto nello Yellowstone quando il lupo è stato reintrodotto nel 1995, 70 anni dopo la sua scomparsa dal famoso parco nazionale americano. La comparsa del lupo ha spinto le popolazioni di cervi a muoversi di più e a evitare determinate aree, dove la vegetazione è tornata a crescere, richiamando uccelli e altri animali più piccoli. Il celebre video “Come i lupi cambiano i fiumi ” racconta quell’esempio.

Ma come evitare il conflitto con l’uomo?

Spesso è l’uomo a dover cambiare comportamento. In Europa occidentale si è dimenticato come convivere con il lupo, quali accortezze avere, come disporre in particolare del bestiame. Anche in Croazia vedo spesso mandrie che pascolano senza pastori o senza muoversi all’interno di recinti elettrificati. I proprietari mettono un collare munito di GPS ad un paio di mucche o di pecore e pensano di poter monitorare così il bestiame, magari lasciando del cibo avvelenato per i lupi. Lo Stato deve fare il suo lavoro, interessarsi nuovamente alla natura e al lupo e assicurarsi che non si usino veleni.

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Se in Croazia il lupo è protetto, ma si può invece cacciare l’orso, in Serbia è vero l’esatto contrario. A Belgrado, abbiamo parlato con Duško Ćirović, professore alla Facoltà di Biologia.

Duško Ćirović, professore alla Facoltà di Biologia di Belgrado, Serbia (foto archivio privato)

Duško Ćirović, professore alla Facoltà di Biologia di Belgrado, Serbia (foto archivio privato)

Quali conseguenze si aspetta dalla decisione della Commissione europea?

La decisione è sicuramente affrettata, ma non è detto che ci siano conseguenze negative per il lupo. In Serbia, ad esempio, la caccia al lupo è permessa, ma la loro popolazione è stabile. Si stimano circa 800-900 lupi nel paese (i cacciatori dicono addirittura 1300 ma il loro dato non è reale). Tuttavia, anche qui, come in Croazia, il monitoraggio che viene fatto non è sufficiente.

Cosa si dovrebbe fare per migliorare il monitoraggio e la gestione del lupo?

Io sono coinvolto come esperto esterno in due progetti europei che riguardano il lupo e in cui l’attività di monitoraggio è fondamentale: ForestConnect [finanziato da Interreg Danube, punta a migliorare la connettività ecologica delle foreste tra Carpazi, Balcani e Dinaridi, per garantire habitat e corridoi funzionali ai grandi carnivori, nda.] e 4PETHABECO [finanziato da Interreg IPA Adrion e con obiettivi simili ma con un focus sull’area Adriatico-Ionica, nda.]. Le proiezioni di popolazione dei lupi (e degli altri grandi carnivori) si fanno con modi e tecniche diversi in tutta Europa. Non c’è standardizzazione. In 4PETHABECO puntiamo, ad esempio, ad armonizzare i protocolli per il monitoraggio al fine di condividere i dati e fare migliori proiezioni.

In Serbia c’è un buon rapporto con i lupi?

Direi di sì. Da noi sono i cacciatori a indicare le quote per la caccia e ogni anno suggeriscono quote così grandi che riescono con difficoltà a cacciare il 40% dei lupi che si sono posti come obiettivo, proprio perché sovrastimano di molto la popolazione dei lupi. Ora l’amministrazione pubblica vuole fare una revisione di questo modello di gestione e con una pianificazione migliore si potrà avere un rapporto ancora migliore, ma io penso che l’autorizzazione o meno della caccia non debba per forza peggiorare la condizione del lupo. Prendete il caso dell’orso in Slovenia. C’è un’ottima gestione anche se la caccia è permessa. Il paese registra la densità più alta di orsi in Europa e il loro numero è in aumento.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto Cohesion4Climate, cofinanziato dall’Unione Europea. L’UE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBCT.