La Croazia nei prossimi anni riceverà una quantità rilevante di fondi europei. Ma le strategie su come si intenda utilizzarli sono quantomai ambigue

26/11/2020 -  Toni Gabrić

(Originariamente pubblicato da H-Alter, nell’ambito del progetto EDJNet)

Quest’estate una buona notizia – ovvero l’annuncio dello stanziamento di 22 miliardi di euro di fondi UE per il periodo 2021-2027 a favore della Croazia – aveva riscaldato il cuore del premier croato Andrej Plenković e dei suoi ministri, economisti e giornalisti più di quanto non lo avesse fatto il torrido sole estivo.

La cifra in questione comprende 12,7 miliardi di euro destinati allo sviluppo stanziati nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale dell’UE e 9,4 miliardi di euro di risorse straordinarie per far fronte alle conseguenze economiche e sociali della pandemia da Covid 19 provenienti dal programma Next Generation EU, a cui vanno aggiunti 683 milioni di euro assegnati alla Croazia nell’ambito del Fondo di solidarietà per riparare i danni del terremoto che la scorsa primavera aveva colpito Zagabria.

A tutt’oggi, a distanza di mesi dall’annuncio dell’arrivo dei fondi UE, non è ancora chiaro come Zagabria intenda spendere queste cospicue risorse.

All’inizio di novembre, il ministero dello Sviluppo regionale e dei Fondi UE ha avviato una consultazione pubblica sulla Strategia nazionale per lo sviluppo, un documento impantanato nei meandri della burocrazia dal 2017 che, una volta che sarà finalmente approvato, costituirà – come afferma il ministero – la base per pianificare l’utilizzo dei fondi europei di cui sopra. Oltre alla Strategia nazionale per lo sviluppo, il governo croato sta elaborando anche il cosiddetto Piano nazionale di ripresa e resilienza che, stando alle parole del premier Plenković, rappresenta un documento “cruciale e necessario” per l’utilizzo di quei 9,4 miliardi di euro provenienti dal programma Next Generation EU. Stando a quanto annunciato dal premier, il piano sarà pronto “all’inizio dell’anno prossimo, al più tardi entro aprile”.

Ricostruzione post-sisma

Nel mese di settembre il parlamento croato ha approvato la Legge sulla ricostruzione di Zagabria e delle contee circostanti colpite dal sisma dello scorso marzo. La maggior parte dei deputati ha concordato sul fatto che questa legge potesse risentire della difficile situazione sociale del paese. La legge prevede che il 60% delle spese per la ricostruzione delle abitazioni private danneggiate dal sisma debba essere sostenuto dallo stato, il 20% dalla città di Zagabria e dalle due contee colpite dal sisma, e il restante 20% dai proprietari delle abitazioni danneggiate. Le risorse necessarie per la riconstruzione post sisma sono state stimate in 1,1 miliardi di euro, di cui circa metà dovrebbe provenire dal Fondo di solidarietà dell’UE.

Lo scorso 29 ottobre il sindaco di Zagabria e i governatori delle contee di Krapina-Zagorje e di Zagabria hanno firmato con il ministro dell’Edilizia Darko Horvat l’Accordo per l’istituzione del fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma. Qualche giorno dopo il ministro ha reso noto che la ricostruzione inizierà solo nella primavera del 2021, scagliandosi contro chi ha osato denunciare il fatto che un intero anno andrà sprecato senza fare nulla.

La ricostruzione post sisma è, ovviamente, un tema molto attuale in vista delle elezioni amministrative previste per la primavera 2021, tanto che i populisti stanno cercando di sfruttare lo stanziamento delle risorse destinate alla ricostruzione per raccogliere consensi.

“La mia priorità saranno le famiglie che preparavano la malta cementizia con le loro mani indurite dal lavoro, e non quelli che nel 1945 entrarono negli appartamenti di 150-200 mq nel quartiere di Donji grad [Città bassa] e quello di Gornji grad [Città alta]”, ha dichiarato qualche settimana fa il sindaco di Zagabria Milan Bandić, spiegando i motivi per cui “la sua” periferia dovrebbe essere ricostruita prima del centro città abitato da komunjare [termine spregiativo per indicare i comunisti].

Quale strategia di sviluppo?

La Strategia nazionale per lo sviluppo ha largamente deluso quelli che hanno pensato che si sarebbe trattato di un documento di fondamentale importanza per l’utilizzo di quei 12,7 miliardi di euro provenienti dal Quadro finanziario pluriennale. Nel corso della consultazione pubblica è infatti emerso che si tratta di un documento apparentemente ambizioso, ma sostanzialmente conservatore, ovvero di un compendio di frasi vuote che non affronta affatto alcune questioni molto importanti, come quelle legate alle politiche migratorie, mentre alcune sue parti sono al limite del ridicolo. Insomma, troppo poca sostanza per la cifra (di oltre 4,5 milioni di euro) sborsata agli autori del documento, i cui nomi restano ancora sconosciuti all’opinione pubblica.

Nel documento sono elencati 13 obiettivi strategici, da quelli di carattere generale, come “ un’economia competitiva e innovativa”, “una magistratura efficiente ed efficace”, “la riconoscibilità globale della Croazia”, a quelli securitari, come “la sicurezza per una crescita stabile”, passando per “una vita sana, attiva e di qualità” e “la rivitalizzazione demografica e il miglioramento della condizione delle famiglie”, senza dimenticare “la neutralità climatica” che dovrebbe aprire la strada a tutta una serie di processi, tra cui “una transizione climatica ed energetica”, “l’autosufficienza alimentare e lo sviluppo della bioeconomia”, “la mobilità sostenibile”, “la transizione al digitale”, “lo sviluppo delle zone assistite e quelle con specificità legate allo sviluppo” e “il rafforzamento della competitività regionale”.

Nella strategia la pandemia di coronavirus viene perlopiù indicata come causa del rallentamento di alcuni “trend positivi” che l’avrebbero preceduta, come il presunto calo del tasso di disoccupazione e la presunta crescita economica, oppure vengono prese in considerazione solo le sue conseguenze, come se la pandemia appartenesse ormai a un passato remoto. “Mettendo a rischio la salute umana e provocando effetti incalcolabili sull’economia globale, la pandemia e la crisi economica globale sono diventate un tema centrale per lo sviluppo sociale, economico e politico di ogni paese, compresa la Croazia”, si legge nella strategia, che però non affronta la questione di come far fronte alla pandemia, nonostante in questo momento – secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità – le due contee croate, quella di Varaždin e quella di Međimurje, siano tra i principali focolai di coronavirus in Europa.

Questo documento strategico probabilmente non sarebbe mai stato elaborato se non rappresentasse una precondizione necessaria per accedere ai fondi europei. Ma come utilizzare i fondi? “Vogliamo che il 37% dei progetti che presenteremo vengano finanziati nell’ambito del Green deal europeo, mentre il 20% riguarderà la digitalizzazione”, ha dichiarato laconicamente il premier Andrej Plenković, lasciando intendere che non c’è alcuna vera strategia di sviluppo.

Sembra infine che la parte più interessante della Strategia nazionale per lo sviluppo sia il capitolo intitolato “Descrizione delle esigenze e delle potenzialità di sviluppo”. I dati statistici esposti in questo capitolo – nella cui analisi non è stato investito nemmeno un centesimo di quei 4,5 milioni di euro sborsati per l’elaborazione della strategia, essendo semplicemente stati ripresi da fonti come la Banca mondiale, la Commissione europea, l’Eurostat – dimostrano quanto la Croazia sia indietro rispetto ad altri paesi dell’UE sul versante economico e sociale.

Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network  ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0

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