Libertà dei media sotto assedio elettorale: denaro, legge e autocensura
Sulla libertà dei media macedoni, Bruxelles registra “progressi limitati”, l’OSCE mette in guardia contro la diseguaglianza nell’accesso allo spazio mediatico mentre il settore civile parla di un sistema di censura soft e di silenziosa dipendenza dai finanziamenti statali

Bandiere dell’UE e della Macedonia del Nord nella sede del Consiglio europeo © Shutterstock
Bandiere dell'UE e della Macedonia del Nord nella sede del Consiglio europeo © Shutterstock
(Originariamente pubblicato da META.MK, il 13 novembre 2025)
Le elezioni amministrative si sono appena concluse, ma ciò non significa che i politici non si stiano già preparando per le prossime. I cittadini macedoni sono in campagna elettorale permanente da vent’anni. Durante quella per le elezioni locali, in teoria conclusasi a mezzanotte del 31 ottobre, i media macedoni hanno sostenuto l’ennesimo “esame di maturità” di fronte alla Commissione Europea, l’OSCE, le autorità di regolamentazione nazionali e delle organizzazioni della società civile.
Sulla carta, il Paese ha registrato ancora una volta “progressi limitati”. In pratica, il mondo dei media è rimasto intrappolato tra la dipendenza dai finanziamenti statali, un quadro giuridico non riformato e la silenziosa autocensura dei giornalisti per proteggersi dal potere politico ed economico.
“Il quadro giuridico che regola i media non è ancora pienamente allineato con l’acquis dell’UE, in particolare con il Regolamento europeo sulla libertà dei media (EMFA)”, afferma la relazione 2025 della Commissione Europea. I fondi pubblici statali per le elezioni continuano a essere distribuiti in modo non trasparente, “minando la concorrenza e mantenendo la dipendenza dei media dal governo”.
Riforme sulla carta, status quo nella pratica
Sebbene il governo abbia formalmente avviato un processo per armonizzare la legislazione sui media con gli standard europei, persistono critiche di “parzialità” e “soluzioni tampone”. Le osservazioni della Commissione Europea fanno eco ad alcune analisi nazionali che affermano chiaramente che le modifiche proposte e adottate alla Legge sui media non affrontano i problemi principali.
“Il governo ha deciso di rattoppare la vecchia legge invece di proporne una nuova e completa, sebbene una proposta di legge sia stata redatta con l’aiuto di esperti dell’UE”, si legge nella valutazione degli ultimi emendamenti alla Legge sui Media, pubblicata da Metamorphosis nell’aprile 2025.
Si sottolineava che, anche se l’introduzione di un registro dei media online potrebbe aumentare la trasparenza, le lacune legali in ambiti come l’indipendenza editoriale, la concentrazione della proprietà e la protezione dalla sorveglianza creano il rischio di un’ulteriore “censura soft”.
Anche allora, si avvertiva che la pubblicità statale continua a essere utilizzata come mezzo per premiare i “media favorevoli” e punire quelli critici, creando un sistema di dipendenza silenziosa. È questa “lealtà finanziaria”, come la chiamano alcuni esperti di media, che sta diventando l’arma più potente del governo per controllare il panorama mediatico.
Questa situazione è ulteriormente aggravata dal ciclo elettorale che, invece di attivare meccanismi democratici, spesso espone i punti più deboli del sistema. Secondo un rapporto ombra sulla libertà dei media in Macedonia del Nord, oltre 10 milioni di euro di fondi statali sono stati spesi in pubblicità politica a pagamento durante le elezioni del 2024, il che ha provocato un’esplosione di nuovi media online creati appositamente.
Quest’anno, l’importo non è così elevato perché non ci sono state doppie elezioni, ma comunque, secondo le informazioni iniziali, si tratta di una cifra significativa di circa 6,5 milioni di euro. Il numero di media online che hanno fatto domanda di finanziamento statale quest’anno è 257, ovvero 8 in più rispetto al 2024, quando si è concluso che un gran numero di essi non era nemmeno operativo, o era stato creato appositamente solo per prendersi una fetta della torta.
D’altra parte, fino a quest’estate, solo una trentina di media online o portali erano ufficialmente registrati nel nuovo Registro per i Servizi audio e audiovisivi (AAAVMS).
“I partiti politici utilizzano fondi statali per finanziare le loro campagne elettorali, mentre i media stanno diventando dipendenti dai centri di potere politici. Questo influisce direttamente sulle politiche editoriali”, afferma il rapporto ombra.
La maggior parte di questi fondi è finita nelle mani delle emittenti televisive nazionali e dei media online affiliati ai principali partiti. Il rapporto rileva che i principali media stanno attivamente facendo pressioni per preservare il sistema, da cui traggono una parte significativa dei loro ricavi annuali. In un simile contesto, “il giornalismo di interesse pubblico diventa un lusso e la pubblicità politica una fonte primaria di sopravvivenza”.
È la fine del monopolio dei “Big Four”?
Il rapporto dell’Agenzia per i Servizi Audio e Audiovisivi (AAAVMS) per le elezioni locali del 2025 conferma ulteriormente la concentrazione del capitale politico nei media. Su un totale di 562 ore di pubblicità politica a pagamento trasmesse, ben l’88% è suddiviso tra i quattro partiti maggiori: VMRO-DPMNE, SDSM, DU e VLEN.
I piccoli partiti e i candidati indipendenti erano quasi invisibili sulle onde radio, e alcuni partiti parlamentari, come Levica (la sinistra) e il movimento ZNAM, non potevano affittare alcuno spazio a causa di restrizioni previste dal Codice Elettorale.
“Ciò significa che lo Stato paga i più grandi per parlare più forte”, hanno commentato le associazioni dei media. Soprattutto considerando che VMRO-DPMNE ha trovato un modo per finanziare la campagna mediatica di ZNAM, sebbene non sia chiaro quanto ciò abbia contribuito ai loro risultati elettorali, dato che hanno ottenuto una sola carica di sindaco, quella del loro leader a Kumanovo.
Tuttavia, è innegabile che questa mossa abbia aiutato il “fratello maggiore” al potere. Levica, d’altra parte, è stata “punita” legalmente e non ha ricevuto un solo dinaro dal governo per la pubblicità politica sui media.
Allo stesso modo, è discutibile quanto ciò abbia influenzato il risultato, considerando che i partiti, Levica in particolare, hanno investito ingenti fondi non regolamentati nelle loro campagne sui social media. La pubblicità politica su queste piattaforme, tuttavia, rimane un enigma legale, poiché nessuna istituzione o agenzia statale la supervisiona, o tanto meno la regolamenta.
Nel suo rapporto preliminare dopo le elezioni, l’OSCE/ODIHR osserva che “la formula di allocazione della pubblicità a pagamento ha svantaggiato i candidati più piccoli e indipendenti” e che i finanziamenti statali “hanno offuscato il confine tra Stato e partito”. Secondo loro, questa pratica non solo distorce la copertura mediatica, ma mina anche la fiducia del pubblico nel processo elettorale.
Il problema, affermano gli esperti, non sta solo nei fondi, ma anche nella legge, che non prevede meccanismi per prevenire gli abusi. Tra le altre cose, gli emendamenti alla legge non introducono alcuna garanzia per l’indipendenza editoriale o la protezione dalle pressioni.
“Il disegno di legge è privo di meccanismi espliciti per proteggere i giornalisti dalle interferenze arbitrarie da parte di proprietari o gestori di media, né fornisce garanzie legali per la sicurezza del posto di lavoro”, si legge nel documento.
La Commissione Europea osserva inoltre che le SLAPP (cause volte a mettere a tacere le voci critiche) rimangono un problema serio e la magistratura non è pienamente consapevole del loro impatto dannoso. Nel frattempo, il governo non ha introdotto alcun meccanismo per prevenirle.
Un esempio di SLAPP in corso, spesso intesa non a ottenere giustizia, ma a impedire o scoraggiare i giornalisti dall’indagare sulla corruzione, è il caso contro l’Investigative Reporting Laboratory (IRL) da parte di un uomo d’affari ed ex vice primo ministro, in merito ad un’inchiesta vincitrice di un premio. L’UE ha una nuova direttiva completa per casi simili, che non ha equivalenti nel quadro giuridico locale.
La “censura soft” come nuova normalità
La Commissione rileva inoltre che l’indipendenza finanziaria dell’autorità di regolamentazione dei media AAAVMS è migliorata, ma il metodo con cui vengono eletti i membri del Consiglio solleva dubbi sulla trasparenza e l’imparzialità. Mancano regole chiare sulla concentrazione della proprietà dei media, il che rappresenta un rischio per il pluralismo.
“Il mercato pubblicitario rimane soggetto a manipolazione, la pubblicità statale viene distribuita senza sufficiente trasparenza, minando la concorrenza e mantenendo la dipendenza dei media dal governo. Le giornaliste, nel frattempo, sono spesso oggetto di molestie online e violenza di genere, e le istituzioni mancano di un approccio sistemico alla protezione e al sostegno delle vittime. Sebbene le modifiche alla Legge sui Media e l’introduzione di un registro dei media online siano state adottate nel 2025, queste misure non garantiscono ancora una vera trasparenza”, afferma il rapporto della Commissione Europea.
Avvertimenti quasi identici sono stati formulati anche nel Rapporto Ombra sulla Libertà dei Media in Macedonia del Nord, redatto dalla Fondazione Metamorphosis e da Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano, che, tra le altre cose, raccomanda di rafforzare la posizione dell’autorità di regolamentazione dell’AAAVMS come organo indipendente e di annullare la decisione di nominare i membri del Consiglio, nonché di respingere le modifiche che limitavano il potere dell’autorità di regolamentazione in materia di rinnovo delle licenze televisive.
La forma di pressione più pericolosa, secondo diversi rapporti, non è il divieto assoluto, ma il silenzio finanziario e istituzionale. Le redazioni che non sono “in linea” con le correnti politiche dominanti vengono lasciate senza pubblicità, senza campagne statali, senza accesso alle informazioni e senza risposte alle loro domande. Questa “censura soft”, come la chiama Metamorphosis, crea un’atmosfera di autocensura e sopprime gradualmente le voci critiche.
Non sono sufficienti nemmeno gli emendamenti che prevedono la trasparenza nella proprietà dei media. “Non esiste un quadro normativo per indagare o sanzionare il mancato rispetto delle norme sulla trasparenza della proprietà”, afferma il documento. Di conseguenza, il pubblico non può ancora sapere con certezza chi si celi dietro alcuni dei marchi mediatici che plasmano quotidianamente la percezione pubblica.
Da Bruxelles a Roma, da Skopje a Vienna, tutte le analisi inviano un messaggio simile: la libertà dei media in Macedonia del Nord non sta crollando dall’oggi al domani, ma si sta perdendo gradualmente, attraverso compromessi meschini, finanze non trasparenti e indifferenza istituzionale.
Nella sua relazione pubblicata recentemente, la Commissione Europea ribadisce le stesse raccomandazioni dell’anno scorso: allineamento con l’EMFA, miglioramento dell’indipendenza del servizio pubblico e intensificazione della lotta alla disinformazione.
Il prossimo anno, il Paese dovrebbe continuare a rivedere il quadro giuridico, in particolare introducendo norme sulla piena trasparenza nella proprietà dei media e sull’assegnazione dei fondi pubblici per la pubblicità statale, la concorrenza e gli aiuti di Stato, nonché i diritti di proprietà intellettuale.
Dovrebbe inoltre attuare la strategia di riforma del Servizio Pubblico Radiotelevisivo, continuare ad affrontare rapidamente tutte le minacce e gli atti di violenza contro i giornalisti e garantire che i responsabili siano assicurati alla giustizia.
Tuttavia, come afferma la relazione Metamorphosis, “questo impegno è ambizioso piuttosto che vincolante”. Senza scadenze concrete e volontà politica, ogni relazione successiva ripeterà la stessa frase: “La Macedonia ha compiuto progressi limitati”.
Se consideriamo anche le sfide i cui effetti devono ancora manifestarsi, come il ruolo dell’intelligenza artificiale e dei social network in un settore in cui i media erano un tempo sovrani, sembra che queste sfide non faranno che aumentare. A questo ritmo, le riforme del quadro giuridico dei media si allontaneranno sempre di più dal loro obiettivo, trasformando il “progresso limitato” in una vera e propria “regressione”.
Questa pubblicazione è il risultato delle attività svolte nell’ambito del Media Freedom Rapid Response cofinanziato dall'UE e nell’ambito di ATLIB – Transnational Advocacy for Freedom of Information in the Western Balkans, un progetto cofinanziato dal Ministero italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Tutte le opinioni espresse rappresentano le opinioni dell’autore e non quelle delle istituzioni cofinanziatrici.
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