Uniti contro minacce e censura: i giornalisti della regione sostengono Dragan Janjić

25 gennaio 2018

bubble icon

Dragan Janjić, corrispondente di OBCT dalla Serbia e caporedattore di Beta (tra le principali agenzie di stampa indipendente del paese), è stato preso di mira nei giorni scorsi da una campagna diffamatoria che lo accusa di essere un “nemico della Serbia”.

“Sono particolarmente preoccupato perché gli attacchi a me e ai colleghi sono giunti dopo che il capo dello stato, durante una conferenza stampa, ci ha accusati di essere contro la Serbia. Il motivo delle accuse sono stati dei miei tweet nei quali affermavo che l’omicidio di Oliver Ivanović è un atto politico, e che lui è stato liquidato da rivali politici. L’omicidio è stato preceduto da una demonizzazione di Ivanović. Sono preoccupato dalla matrice che accomuna questi fatti. Penso che queste e simili minacce continueranno finché il potere non cambierà atteggiamento, ossia finché non smetterà di etichettare le persone”, ci ha detto Dragan al telefono.

A dare il via alla campagna di intimidazione ai danni del caporedattore di Beta è stato infatti il riferimento esplicito da parte del Presidente serbo Aleksandar Vučić che, nel corso di una conferenza stampa a poche ore dall'omicidio Ivanović, ha tacciato i giornalisti Dragan Janjić e Slaviša Lekić, oltre ad alcuni esponenti politici, di strumentalizzare l'accaduto e di voler far apparire la Serbia come un paese di mafiosi e assassini . Fin dalle prime ore dopo la morte di Ivanović, Vučić ha infatti sostenuto che si trattasse di un atto terroristico, escludendo categoricamente il coinvolgimento di elementi serbi.

Subito dopo si è scatenata la campagna mediatica contro i due giornalisti, sostenuta da titoli, come quello pubblicato dal tabloid Informer, secondo i quali Janjić avrebbe “accusato la Serbia tutta ” dell'omicidio di Ivanović. Allo stesso tempo, su molti gruppi Facebook vicini al partito di governo si diffondevano le stesse accuse con post in calce ai quali compaiono minacce di morte a Janjić. “Per quel che riguarda le minacce, certo non mi è indifferente, anche se ritengo che di tratti perlopiù di codardi che si nascondono dietro account falsi”, ha spiegato Dragan.

Uno dei post che accusano Dragan Janjić. Nel testo si legge "Dragan Janjić, redattore dell'agenzia di stampa Beta, da lungo tempo nemico del nostro paese, ha accusato la Serbia di aver ucciso Ivanović, appena 10 minuti dopo il crimine. Disprezza la Serbia e tutto il popolo serbo!"

Si tratta dell'ennesimo caso di linciaggio mediatico ai danni di giornalisti che esprimono posizioni critiche verso il partito di governo (SNS). Campagne che si basano in maniera ricorrente sull'accusa di essere nemici della patria: chi critica il partito di governo viene tacciato di ledere gli interessi del popolo serbo. Negli stessi giorni, anche la giornalista Una Hajdari è infatti finita nel mirino degli haters della rete per aver pubblicato un tweet sarcastico sul presidente serbo.

L'intensità delle minacce che hanno colpito Janjić e Hajdari ha stimolato la solidarietà dei colleghi di tutta la regione, uniti in un appello che ha raccolto decine di sottoscrizioni da parte di giornalisti di tutti i paesi dello spazio post-jugoslavo, dalla Slovenia al Kosovo. "Condanniamo fermamente l'intimidazione e le minacce inviate attraverso i tabloid e i social network al nostro collega Dragan Janjić e alla collega Una Hajdari", si legge nella dichiarazione .

OBCT esprime il proprio appoggio a Dragan Janjić ed è solidale ai colleghi della regione: sia a quanti vengono presi di mira dalle campagne diffamatorie che a quelli che continuano a far sentire la propria voce per rivendicare una stampa libera e le condizioni necessarie a poter esercitare in maniera indipendente la professione giornalistica. Qualsiasi tentativo di silenziare la stampa attraverso campagne orchestrate è da ritenersi inaccettabile.

Non basta, come dichiarato da Vučić durante il recente incontro con la delegazione della Federazione europea dei giornalisti, che “in Serbia tutti abbiano diritto a dire quello che vogliono”: è fondamentale garantire che non ne venga minacciata l'incolumità personale.

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto


blog comments powered by