Yevkurov, ribelli e spie
29 novembre 2012
Un paio di settimane fa, il presidente dell'Inguscezia Yunus-bek Yevkurov, forse noto ai lettori di Osservatorio per essere l'uomo a capo dell'unità dell'esercito russo che nel 1999 ha preso il controllo dell'aeroporto di Pristina prima che vi arrivassero le forze Nato, ha partecipato a una trasmissione televisiva in diretta sul canale russo indipendente “Dožd'” (“Pioggia”).
Per un'ora, ha risposto alle domande di alcuni giornalisti, tra cui la corrispondente di Osservatorio e di Novaja Gazeta Irina Gordienko , in modo semplice, pacato e diretto. Un approccio raro tra i rappresentanti delle autorità russe che mi aveva già colpito positivamente quando un paio d'anni fa avevo assistito a un suo incontro con gli studenti dell'università di Nazran, capitale dell'Inguscezia.
Yevkurov ha raccontato dei tentativi del suo governo di convincere i ribelli a deporre le armi e consegnarsi alle autorità. In cambio di un ritorno volontario, negoziato precedentemente per telefono o con l'intermediazione della famiglia, i ribelli avrebbero un forte sconto della pena, senza l'obbligo di collaborare con gli inquirenti per contribuire all'individuazione dei loro compagni di lotta. Non è infatti previsto alcun programma di protezione dei testimoni. Un'iniziativa che fino ad ora avrebbe convinto sette ribelli ad abbandonare le armi. Un risultato importante per Yevkurov, secondo il quale nella repubblica sarebbero in totale effettivamente attivi 30 combattenti.
Nonostante le aperture al dialogo su vari fronti, Yevkurov non è riuscito a trovare parole generose nei confronti delle organizzazioni che si occupano di diritti umani o di cooperazione. Ha dichiarato che alcune di loro difendono apertamente i ribelli, mentre altre fungono da copertura per agenti dei servizi segreti stranieri, “spie”. Quando gli hanno chiesto di precisare cosa farebbero precisamente queste spie in Inguscezia, Yevkurov ha detto “raccolgono informazioni sulla situazione politica, sull'opinione pubblica rispetto a certe questioni, sugli umori della gente”. Una descrizione piuttosto generica in linea con la nuova legislazione russa che assimila ad “agenti stranieri” buona parte delle ONG attive nel paese.
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