
La primo ministro danese Frederiksen e il presidente ucraino Zelensky - Foto Consiglio UE
Presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea nel secondo semestre del 2025, la Danimarca cercherà di dare una spinta decisiva alla "necessità geopolitica" dell’allargamento. Ma sull'Ucraina rimane l'ostacolo quasi insormontabile dell'Ungheria di Orbán
Arrivati alla metà di un anno cruciale per il processo di allargamento dell'Unione europea, la Polonia passa il testimone alla Danimarca per far avanzare, completare o sbloccare i diversi dossier sul tavolo con ciascun candidato all'adesione.
Dal 1° luglio al 31 dicembre il governo danese detiene la presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea - l'organo che riunisce in varie formazioni i ministri dei 27 stati membri - e ha già messo in chiaro che la politica di allargamento e le sue implicazioni interne ed esterne all'Unione sono in cima alla lista delle priorità.
"Non c'è dubbio che vogliamo avanzare con tutti i candidati, è una nostra priorità", è quanto spiegato dall'ambasciatore Carsten Grønbech-Jensen, rappresentante permanente della Danimarca presso l'UE, durante una conferenza stampa a Bruxelles in occasione dell'avvio dei sei mesi di presidenza danese.
All'insegna del motto 'Un'Europa forte in un mondo che cambia', Copenaghen si propone di affrontare "un nuovo ordine internazionale caratterizzato da incertezza, concorrenza strategica ed economica a livello mondiale e crescenti livelli di conflitto", secondo quanto si legge nel programma della presidenza.
È in questo contesto che si inserisce un processo di allargamento "ambizioso e basato sul merito", considerato "cruciale" per garantire il rafforzamento dell'intera Unione a livello geopolitico.
Balcani occidentali, Moldova e Ucraina saranno i candidati a cui prestare più attenzione. La nuova presidenza punta a realizzare "progressi significativi", per quanto siano resi complessi - se non quasi impossibili - anche da fattori interni al Consiglio, come ad esempio il veto a oltranza dell'Ungheria di Viktor Orbán all'avvio dei negoziati con Kyiv.
Allargamento e riforme
"L'ulteriore allargamento dell'UE è una necessità geopolitica", sostiene la presidenza danese, che ricorda come l'inclusione di nuovi membri nell'Unione serva sia a stabilizzare il continente europeo sia a rafforzare i Paesi candidati che rimangono "vulnerabili a influenze esterne indesiderate" (Russia e Cina sono i principali indiziati).
Il dialogo politico in corso con tutti i Paesi candidati sarà fondato su un processo "basato sul merito" - ormai un mantra per le istituzioni dell'UE - e rafforzato attraverso l'attuazione delle riforme "in linea con i criteri di Copenaghen", che definiscono gli standard in materia di democrazia, Stato di diritto e convergenza economica con l'UE necessari per iniziare e proseguire il percorso di adesione.
Per quanto riguarda nello specifico i negoziati di adesione, la presidenza danese cercherà di spingere in avanti i dossier dei Paesi dei Balcani occidentali, sulla base di quanto lasciato sul tavolo dai predecessori polacchi. Montenegro e Albania sono considerati i 'frontrunner', cioè quelli più vicini alla fine del processo: Podgorica ha aperto tutti i 33 capitoli negoziali e ne ha chiusi 7 in via provvisoria, mentre Tirana ha aperto quattro gruppi di capitoli negoziali (24 su 33) in poco più di sei mesi.
La Serbia - travolta da una crisi sociale determinata dal mancato rispetto dei principi dello Stato di diritto da parte delle autorità del Paese - è bloccata nel suo percorso a 22 capitoli aperti e solo due chiusi provvisoriamente. La richiesta di adesione del Kosovo, la cui sovranità non è riconosciuta da cinque Paesi membri (Spagna, Romania, Cipro, Grecia e Slovacchia), è ancora ferma alla valutazione in Consiglio dal dicembre del 2022. La Macedonia del Nord non potrà tenere la prima conferenza intergovernativa se non completerà le modifiche costituzionali richieste, la Bosnia Erzegovina non ha ancora adottato le raccomandazioni del 2022 prima di adottarne il quadro negoziale.
Per quanto riguarda invece Moldova e Ucraina - nonostante siano considerate dalla Commissione europea pronte per l'apertura del Cluster 1 – Fondamentali (il primo gruppo di 5 capitoli negoziali su 33, dedicati a criteri economici, funzionamento delle istituzioni democratiche e riforma della pubblica amministrazione) - il veto del primo ministro ungherese Orbán rischia di far naufragare ancora l'avvio formale dei negoziati non solo con Kyiv, ma anche con Chișinău, due dossier legati dalla cosiddetta logica 'a pacchetto'.
"Stiamo riflettendo su come affrontare la questione, che presenta difficoltà giuridiche e politiche", ha spiegato l'ambasciatore Grønbech-Jensen. "Dal punto di vista legale, possiamo procedere solo se tutti sono d'accordo". Per questo motivo, visto che la presidenza danese non avrà il supporto di tutti gli Stati membri nelle sue ambizioni, il primo obiettivo sarà quello di "raggiungere un accordo per avere tutti a bordo".
Nessun riferimento invece a Turchia e Georgia, la cui svolta autoritaria (in atto da anni nel primo caso, in corso nel secondo) non permette di prenderle attualmente in considerazione per progressi significativi né a livello tecnico né a livello politico.
Allo stesso tempo, saranno all'ordine del giorno le riforme interne "adeguate" alle sfide che un'Unione allargata dovrà affrontare. La presidenza danese intende riesaminare "i valori, le politiche, il bilancio e i processi decisionali dell'UE", con l'obiettivo di individuare gli "aggiustamenti necessari" in tutti e quattro i settori. Questo lavoro si baserà sulle prossime revisioni delle politiche della Commissione in materia di riforme pre-allargamento, che forniranno "una base analitica e fattuale per ulteriori passi avanti".
L'Ucraina sempre al centro
Come nel caso del semestre polacco, anche la presidenza danese continuerà a spingere per fornire un sostegno "generoso, prevedibile e coordinato" all'Ucraina in risposta all'invasione russa. Questo includerà gli sforzi per utilizzare i proventi degli interessi generati dai beni russi immobilizzati, il mantenimento e l'adozione di sanzioni "più severe possibili" nei confronti di Mosca e l'aumento dell'assistenza militare a Kyiv da parte dell'UE e dei suoi Stati membri. L'obiettivo è rafforzare le capacità di deterrenza a lungo termine dell'Ucraina, "anche dopo un eventuale cessate il fuoco o accordo di pace".
A questo proposito, il rafforzamento e l'approfondimento dell'integrazione tra le industrie della difesa dei Paesi membri dell'UE e dell'Ucraina porterà a nuovi investimenti nel settore della difesa di Kyiv e la promozione di una "cooperazione paneuropea più stretta" nello sviluppo e nell'approvvigionamento di attrezzature militari.
Nel frattempo, la presidenza danese considera una priorità anche le discussioni sul futuro delle persone sfollate dall'Ucraina, dopo la proroga della protezione temporanea fino al 4 marzo 2026.
Infine, dovrà essere affrontata dal Consiglio la questione della proroga degli accordi sul trasporto stradale con Ucraina e Moldova - al fine di garantire la loro "piena integrazione" nel trattato che istituisce la Comunità dei trasporti - così come il sostegno alla ricostruzione delle infrastrutture energetiche ucraine, parallelamente all'eliminazione graduale dell'approvvigionamento di energia russa nell'Unione.
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