Un tetto per due: può funzionare?

I ritornanti serbi in Croazia chiedono di poter rientrare in possesso delle proprie case, occupate per lo più da profughi bosniaci. Il governo di Zagabria escogita una soluzione inedita: condivisione delle abitazioni. La proposta appare di corto respiro.

31/03/2004 -  Drago Hedl Osijek

L'accordo raggiunto giovedì scorso durante una riunione d'urgenza tra il Primo Ministro croato Ivo Sanader e Milorad Pupovac, leader della minoranza serba in Croazia, non sarà facile da tradurre nella pratica. Per accelerare il ritorno dei Serbi, una questione sulla quale Pupovac insiste, e per fare in modo che i Serbi possano riavere le proprietà che gli sono state portate via durante la guerra, Sanader e Pupovac si sono accordati sul fatto che il governo avrebbe trovato un modello per rendere questo possibile. I due hanno così concordato che i ritornanti serbi avrebbero potuto vivere in una porzione delle proprie case, mentre coloro che vi risiedono temporaneamente - per lo più Croato Bosniaci - trovano altre sistemazioni.

Prima dell'incontro con Sanader, Pupovac aveva avvertito che i tre rappresentanti della minoranza serba al Parlamento di Zagabria avrebbero rifiutato il proprio sostegno al governo, nel caso quest'ultimo non avesse rispettato le scadenze e le promesse che erano state fatte loro. I tre rappresentanti serbi al Parlamento, membri del Partito Democratico Indipendente Serbo (SDSS) - Milorad Pupavac, Vojislav Stanimirovic e Ratko Gajica, avevano firmato un accordo con il Primo Ministro Sanader dopo le elezioni dello scorso anno, nel quale promettevano di sostenere il governo dell'HDZ. In cambio, l'SDSS ha ricevuto molte promesse a favore della minoranza serba, e Pupovac aveva considerato quell'accordo come il più importante documento mai sottoscritto tra minoranza serba e governo croato. Tra gli otto punti dell'accordo, il più importante era quello relativo al ritorno dei profughi serbi e alla restituzione delle loro proprietà.
Dal momento che alcune scadenze di queste promesse si stanno avvicinando, e che ai Serbi non viene ancora permesso di ritornare nelle case che sono state occupate da rifugiati croati provenienti dalla Bosnia (Republika Srpska, una delle due Entità che formano il Paese, ndt), Pupovac ha annunciato un ultimatum chiedendo che l'accordo venga rispettato. In particolare, Pupovac ha dichiarato che nel caso il governo non rispettasse l'accordo, lui e gli altri due rappresentanti serbi avrebbero riconsiderato il proprio sostegno all'esecutivo. Questo, per Sanader, è risuonato come un doppio campanello di allarme. Senza il sostegno dei tre rappresentanti serbi, la sua debole maggioranza parlamentare sarebbe a rischio, così come la sopravvivenza del suo stesso governo. Una ulteriore minaccia, di pari portata, è costituita dal fatto che il ritorno dei Serbi rappresenta un criterio politico che la Croazia deve soddisfare per entrare nella Unione Europea.

Attualmente, ci sono in Croazia 450 case di proprietà di Serbi che sono tornati nel Paese, ma che non vi possono abitare perché sono occupate da rifugiati bosniaci. In base all'accordo, firmato da Sanader e dai rappresentanti della minoranza serba all'inizio di quest'anno, la scadenza per restituire queste case ai loro proprietari è la fine di aprile. Dal momento che resta molto poco tempo a disposizione, e che il governo croato non ha ancora provveduto a trovare una dimora per le persone che al momento occupano le abitazioni, Sanader e Pupovac hanno pensato che potrebbe essere possibile una temporanea coabitazione tra i Croati e i Serbi nelle stesse case.
"Se questo fosse possible, la gente non passeggerebbe intorno alle proprie case per cinque anni senza potervi entrare, per non parlare del poterci vivere" - dichiara Milan Djukic, presidente del Partito Nazionale Serbo e aspro detrattore dell'accordo tra Pupovac e Sanader. Rispetto all'SDSS, il partito di Djukic è più radicale nelle richieste, ma non ha rappresentanti in Parlamento, quindi manca del necessario potere di influenza per risolvere i problemi dei Serbi.

"Vecernji List", quotidiano di Zagabria, afferma che esistono già esempi di coabitazione tra rifugiati bosniaci e ritornanti serbi, ma che tutto dipende dai singoli individui. Anche in questo modo, è impossibile evitare potenziali problemi.
"Siamo tornati dalla Serbia due anni fa e solo nel settembre dell'anno scorso siamo riusciti a entrare nella casa che era stata illegalmente presa dalla famiglia Baric di Kotor Varos, in Bosnia Erzegovina. Non abbiamo problemi con loro, ma vorremmo che la nostra casa ritorni ad essere di nuovo completamente nostra. I Baric non pagano l'affitto, e ci servirebbe il denaro per riparare tutto quello che è stato distrutto - dice Nada Ostojic, ritornante serba di Benkovac.

Anche Mira Baric, la rifugiata bosniaco croata, ha la sua storia da raccontare: "Sono arrivata a Benkovac dalla periferia di Banja Luka nel 1996. Abbiamo ricevuto un documento che dichiara che potevamo temporaneamente usare la casa degli Ostojic. Nessuno sta cercando di cacciarci, ma io so che vivo in casa di altri e vorrei che lo Stato trovasse un alloggio permanente per me e per i miei figli, o che riottenessimo la nostra proprietà in Bosnia. Credo che gli Ostojic ricevano un affitto per noi dal governo croato. Malgrado non sia facile né per noi né per loro vivere sotto lo stesso tetto, ci diciamo ancora "buongiorno" ogni mattina - dice Mira Baric."
Tuttavia, le 450 case che devono essere restituite ai loro proprietari non rappresentano l'unica richiesta della minoranza serba in Croazia. Entro la fine dell'anno, infatti, le ristrutturazioni di circa 10.500 case distrutte intenzionalmente (bruciate, rovinate o minate) durante o dopo le operazioni militari "Bljesak" e "Oluja" ("Lampo" e "Tempesta", ndt) nel maggio e nell'agosto del 1995, devono essere completate. La riparazione di queste case distrutte senza alcun motivo richiederà enormi fondi. Sanader ha promesso che anche questo problema verrà affrontato, ma la scadenza è stata spostata dalla metà alla fine di quest'anno. Rimane peraltro un grosso interrogativo sulla possibilità di risolvere il problema di una coabitazione temporanea tra i rifugiati serbi e croato bosniaci.

I media citano un caso, sempre a Benkovac, dove rifugiati croato bosniaci hanno fatto entrare un ritornante serbo a vivere temporaneamente in una parte della casa. Il ritornante, tuttavia, era impaziente e ha cominciato a fare pressione sulla famiglia, minacciando la moglie e i figli del Croato perché se ne andassero il prima possibile. La polizia ha dovuto occuparsi del caso.
Se avvenissero altri incidenti di questo tipo, questo potrebbe deteriorare i rapporti tra Serbi e Croati nei territori della ex Kraina e scuotere la fragile fiducia ivi affermatasi negli ultimi anni.

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