Brioni, ieri e oggi

Le isole Brioni, piccolo Parco nazionale nel mare Adriatico settentrionale, hanno una storia molto particolare. Un tempo zona infestata dalla malaria e terreno inospitale, diventano importante meta turistica già nell’800 grazie all’imprenditore austriaco Paul Kupelwieser. Con questo reportage in due puntate ne raccontiamo la storia e l’attualità

26/09/2025, Giovanni Vale

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Brioni, Croazia - Foto G. Vale

Una traversata di appena dieci minuti separa Fasana, sulla terraferma dell’Istria, dalle Isole Brioni. Una volta arrivati al molo principale dell’arcipelago, su Brioni maggiore – l’isola più grande con una superficie di appena 5 chilometri quadrati – ci si ritrova immersi nella natura e, spesso, nel silenzio.

Dal 1983 le Brioni sono un parco nazionale, dove il numero dei visitatori è limitato e le auto private sono proibite. L’atmosfera è dunque rilassata e le giornate scorrono lente, tra lunghe passeggiate, partite a golf e tuffi in mare. I visitatori che vengono qui non cercano altro, soltanto un luogo ameno dove ricaricare le batterie.

È il caso di Zoran e Lavinia, due turisti croati venuti da Zagabria, che incontriamo poco a nord del molo, lungo uno dei sentieri che si snodano tra gli alberi. È inizio giugno e la coppia, come ogni anno, soggiorna una settimana da queste parti.

“È stata lei a portarmi qui per la prima volta. Mi ha detto: è un posto magnifico, dobbiamo andarci! E da allora veniamo ogni anno, più o meno sempre nello stesso periodo”, spiega Zoran.

I motivi per cui vale la pena di visitare le Brioni sono evidenti, afferma la compagna Lavinia: “siamo lontani dalla civiltà, non c’è traffico, ma solo pace, silenzio, i suoni e la bellezza della natura. Insomma, tutto quello di cui abbiamo davvero bisogno con le nostre vite stressate”.

Nel 2024 circa 230 mila persone hanno visitato le Brioni, uno dei parchi nazionali più rinomati della Croazia. Ma le isole non hanno sempre avuto questo aspetto. Anzi, poco più di un secolo fa, questo era un terreno inospitale, infestato dalla malaria.

Brioni, Croazia - Foto G. Vale

Brioni, Croazia – Foto G. Vale

La storia

Il cambiamento è per sempre legato ad un nome preciso: Paul Kupelwieser (1843-1919), un imprenditore austriaco, magnate dell’acciaio, che nel 1893 acquistò le isole per 75mila fiorini (oggi poco più di 800 mila euro) con l’intento di farne una meta turistica.

L’arcipelago, così come il resto della Croazia, faceva allora parte dell’Impero asburgico e il turismo era un settore agli albori. A poca distanza dalle Brioni, i primi alberghi stavano spuntando ad Abbazia, a Pola e in altre località dell’Alto adriatico.

Le reti ferroviarie, costruite nell’Impero a partire dagli anni Cinquanta dell’Ottocento, permettevano alle classi più benestanti di raggiungere le ambite località di mare. Sulle isole Brioni, però, prima di poter accogliere i primi turisti, era necessario bonificare il terreno e debellare la malaria.

Quella prima operazione fu affidata da Paul Kupelwieser ad Alojz Čufar, un forestale sloveno che rivoluzionò le isole, in particolare Brioni Maggiore.

“Alojz Čufar cambiò la topografia dell’isola con un approccio molto moderno per l’epoca. Riempì le paludi e creò delle collinette usando materiali provenienti da cave vicine”, spiega l’architetto croato Emil Jurcan, “il risultato è quello che vediamo noi oggi: una sorta di parco all’inglese, uno dei primi nell’Europa continentale e nell’allora monarchia asburgica”.

I sentieri tracciati da Alojz Čufar si snodano in effetti ancora oggi per decine di chilometri su Brioni maggiore, attraversando boschi composti da migliaia di alberi, perlopiù sempreverdi, piantati proprio a fine Ottocento.

Grazie anche ai consigli di Robert Koch, il microbiologo tedesco e premio Nobel per la medicina nel 1905, che aiutò Paul Kupelwieser a bonificare l’arcipelago, la malaria fu debellata nel giro di un anno e l’imprenditore austriaco poté così passare alla seconda fase del suo progetto di investimento: la costruzione delle infrastrutture turistiche.

Turismo ottocentesco

Oggi, il viaggiatore che arriva a Brioni Maggiore è accolto dalla vista di tre hotel eleganti, anche se un po’ malridotti: Istra, Karmen e Neptun, eredità diretta del lavoro fatto da Kupelwieser a inizio Novecento.

“Kupelwieser fece costruire un intero complesso alberghiero nella zona del porto di cui oggi vediamo solo tre edifici, sopravvissuti ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale”, prosegue Emil Jurcan, “dal punto di vista architettonico sono interessanti per due motivi: da un lato perché mostrano quello stile Secessione tipico delle prime infrastrutture turistiche dell’Austria-Ungheria; dall’altro perché quegli edifici furono ristrutturati e modernizzati negli anni Trenta quando l’isola era amministrata da un’agenzia del governo italiano”.

Quegli alberghi, provvisti di un curato lungomare, circondati da parchi e sentieri e provvisti, a partire dal 1913, anche di una piscina riscaldata con acqua di mare, sono ciò che fece delle Brioni una meta ambita nell’Austria-Ungheria di inizio Novecento.

Un treno notturno diretto collegava allora Vienna e Pola, portando la crème della società austriaca nell’allora porto militare dell’impero e, dopo una breve traversata in battello, si arrivava di prima mattina a destinazione.

Di fronte all’hotel Neptun, in quella che fu l’abitazione del dottor Otto Lenz (dal 1903 al 1938 fu il medico residente sull’isola di Brioni Maggiore), oggi un museo, troviamo una chiara fotografia del tipo di pubblico che visitava le isole a inizio Novecento.

Appese al muro lungo la scala a chiocciola che porta all’appartamento di Lenz ci sono decine di lettere firmate da altrettanti turisti illustri delle Brioni: Thomas Mann, Richard Strauss, Guglielmo Marconi, Lilli Lehmann, Franz Ferdinand, Gustav Klimt, James Joyce… La trasformazione voluta da Kupelwieser aveva insomma dato il via ad una vera età dell’oro per l’arcipelago.

Brioni, Croazia - Foto G. Vale

Brioni, Croazia – Foto G. Vale

Brioni oggi, grazie ai progetti europei

“Se Brioni maggiore ha l’aspetto che vediamo oggi è proprio grazie al lavoro di Paul Kupelwieser che trasformò questo luogo”, conferma Marina Giachin Paoletić, responsabile di progetto al Parco nazionale.

È per questo che la villa di Paul Kupelwieser, nel centro dell’isola, sarà a breve trasformata in un museo. Non è l’unico progetto che sta rafforzando l’offerta turistica sulle isole. Dal 2016 al 2021, Marina Giachin Paoletić ha guidato “Novo Ruho Brijun a”, uno dei progetti più importanti che hanno riguardato l’arcipelago finora.

Finanziato dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale e da un fondo pubblico croato, Novo Ruho Brijuna ha portato a una lunga serie di ammodernamenti sulle isole, per un valore di quasi sei milioni di euro.

Sono stati ad esempio acquistati i trenini turistici che fanno il tour dell’isola, si è creato un info point nei pressi del molo a Brioni maggiore, ma soprattutto è stata aperta al pubblico l’isola di Brioni minore.

“Sono state recuperate sette camerate militari nella baia di San Niccolò su Brioni minore e restaurate per scopi educativi e di ricerca. Nell’estate del 2022 l’isola è stata dunque aperta a questi gruppi e successivamente anche alle escursioni giornaliere e questo grazie ad un’altra attività finanziata dal progetto, ovvero la progettazione e la costruzione di un catamarano, il “Mali Brijun”, che fa la spola tra Fasana e appunto l’isola di Brioni Minore”, conclude Marina Giachin Paoletić.

Da Kupelwieser a Tito

La storia di Paul Kupelwieser è purtroppo priva di un lieto fine. L’imprenditore austriaco morì a Vienna nel 1919 all’età di 77 anni e nonostante avesse previsto per sé, come per i suoi cari, una sepoltura nel mausoleo di famiglia a Brioni maggiore, fu interrato nella capitale austriaca, lontano dalla moglie e dal figlio, che oggi riposano sull’arcipelago.

La Prima guerra mondiale aveva peraltro già rovinato i piani di Kupelwieser, interrompendo bruscamente l’età dell’oro del suo resort turistico. Tuttavia, chi passeggia oggi per Brioni maggiore non può non rimanere affascinato dal lavoro fatto dall’imprenditore austriaco. Tra paesaggi disegnati a tavolino e animali esotici, portati sull’isola già ai tempi di Kupelwieser, il viaggiatore ha l’impressione di essere altrove.

Brioni, Croazia - Foto G. Vale

Brioni, Croazia – Foto G. Vale

In una “colonia dell’Impero asburgico” per usare le parole dell’artista e scrittore iraniano Behzad Kosravi Noori, che ha co-realizzato un film documentario sulle Brioni . “La mia interpretazione è che Paul Kupelwieser volesse mostrare all’impero asburgico cosa significa avere una colonia, perché senza terre esotiche non puoi definirti veramente impero. Senza colonie, non c’è impero. Ecco che le Brioni sono un’utopia, un teatro di terra esotica che altrimenti non esisterebbe in Europa”, spiega Behzad Khosravi Noori.

Il film dell’artista iraniano è una specie di negromanzia: due personaggi storici, ormai defunti, raccontano il “loro” arcipelago davanti alla telecamera… il primo è Kupelwieser, mentre il secondo è Josip Broz Tito. Dopo la Prima guerra mondiale e l’occupazione italiana, le Brioni, pesantemente bombardate durante il secondo conflitto, vennero assegnate alla Jugoslavia socialista e divennero la residenza estiva del maresciallo Tito che passava tra i 4 e i 6 mesi l’anno sull’arcipelago.

All’epoca, ci dicono gli storici, le piccole isole Brioni erano di fatto la seconda capitale della Jugoslavia, dopo Belgrado. Ma questa è una storia che tratteremo nel prossimo capitolo.

 

Leggi la seconda parte del reportage

Ascolta il podcast Brioni, arcipelago capitale



 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto Cohesion4Climate, cofinanziato dall’Unione Europea. L’UE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBCT.