Donne partecipanti a seminario (UN Volunteers/Albania)

Piccole somme di denaro, erogate nelle aree rurali più povere del Paese. Il microcredito è stato a lungo una delle soluzioni privilegiate in Albania per favorire lo sviluppo rurale. A Tirana studiosi, analisti e operatori si sono ritrovati per fare il punto sulla situazione

27/09/2010 -  Anna Brusarosco

Il settore rurale rappresenta una sfida importante per lo sviluppo dell’Albania. Secondo l’”Inter-sectoral Rural development strategy of Albania - 2007-2013”, elaborata dal ministero dell'Agricoltura, Alimentazione e Protezione Consumatori albanese, la popolazione rurale rappresenta il 54% del totale e il 71% della forza lavoro è impiegata nel settore agricolo. 

A questi dati va aggiunto che la metà dei cittadini al di sotto della soglia di povertà nel Paese sono agricoltori e la popolazione rurale è in generale significativamente più povera di quella urbana. Questo ha comportato un progressivo processo di migrazione dalle campagne alle città, con conseguenti problemi di disgregazione sociale.

L’agricoltura in Albania risulta inoltre ancora poco efficiente, in primo luogo per la dimensione estremamente ridotta delle aziende (in media 1,1 ettari ciascuna) e la loro frammentazione, causata dalla ridistribuzione delle terre collettive avvenuta dopo il 1990. Gli investimenti necessari per migliorare la produttività delle piccole aziende e favorire la competitività sul mercato locale e internazionale sono limitati dalle scarse possibilità di accesso al credito. Si tratta non solo del fatto che le banche difficilmente concedono prestiti ai piccoli produttori, ma spesso anche delle difficoltà materiali per gli agricoltori di raggiungere e relazionarsi con gli istituti bancari.

Per questo l’Albania è stata uno dei primi paesi del Sud-est Europa  dove sono stati promossi programmi di microfinanza nei primi anni ’90, specialmente nelle aree rurali. Il microcredito sembrerebbe infatti rappresentare un valido strumento per contribuire allo sviluppo delle aziende agricole. Ma, al di là dell’interesse che esso ha suscitato negli ultimi anni, può davvero essere uno strumento efficace per la riduzione della povertà, soprattutto in ambito rurale?

Di questo tema si è discusso durante la 7a edizione della “Graduate Summer School on International Cooperation and Sustainable Development Policies (Agricultural and Rural Development Perspectives)”, tenutasi a Tirana dal 6 all’11 settembre scorsi. La Scuola, organizzata dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, in collaborazione con l’Università di Agraria di Tirana e promossa da UniAndrion Network, affronta ogni anno alcune delle diverse dimensioni della sostenibilità in campo agricolo. Quest’anno il focus è stato sulle diverse strategie e politiche indirizzate alla promozione di un’agricoltura sostenibile e dello sviluppo rurale, tra cui appunto il microcredito, con particolare attenzione alla situazione albanese.

Un’analisi empirica della situazione della microfinanza in Albania, effettuata dalla GTZ (Istituto di cooperazione del governo tedesco), ha evidenziato come la vera forza trainante del settore nel Paese sia stata la Banca Mondiale, che dal 1992 ha implementato una serie di progetti di microcredito. Inizialmente, sono stati creati dei Fondi di Credito di Villaggio, trasformati successivamente in Associazioni di Risparmio e Credito o trasferiti al Fondo per il Finanziamento delle Aree Montane (MAFF) o liquidati. Il MAFF, a sua volta, creato dal governo albanese nel 1999 come fondazione no-profit nel quadro di programmi di sviluppo per le aree rurali finanziati dall’IFAD, nel 2009 è diventato la “First Albanian Financial Development Company”, con l’obiettivo di contribuire alla crescita economica delle aree montane dell’Albania.

Le Associazioni di Risparmio e Credito (SCA) attualmente sono 106, riunite in una federazione nata nel 2002, l’Unioni Shqiptar Kursim Kredi (SHKK – Unione delle Associazioni di Risparmio e Credito) e distribuite in sedici distretti. L’obiettivo dell’Unioni SHKK è fornire supporto finanziario e tecnico alle SCA, attive a livello di villaggio, create e gestite dai membri con lo scopo di promuovere attività produttive in aree rurali dell’Albania. La loro attività si basa infatti sul modello della finanza cooperativa.

Nel Progetto Microcredito, concluso nel 2005, la Banca Mondiale ha investito per la componente relativa alla creazione di una rete di Associazioni di Risparmio e Credito Rurale 12,26 milioni di US$. Nel 2005, l’Unione creata grazie al progetto riuniva 92 SCA, con 11.500 membri distribuiti in 8 regioni e 401 villaggi (pari al 13% dei villaggi del Paese). Alla chiusura del progetto, i beni totali dell’Unione e delle SCA ammontavano a 14.7 milioni di US$ equivalenti, il portafoglio di prestito netto a 14.05 milioni di US$ e i depositi a 1.3 milioni di US$.

Dal 2005 l’Unione è notevolmente cresciuta: nel 2009 le SCA erano 106, con una copertura di 16 distretti, 994 villaggi e 28.235 membri. Lo scenario auspicato nel Business Plan dell’Unione per il periodo 2005-2010, che prevedeva di raggiungere i 30.000 membri nel 2010, è stato quindi sostanzialmente raggiunto.

I beni totali hanno raggiunto i 50.4 milioni di US$, il portafoglio di prestito netto ammonta a circa 37.8 milioni di US$ e i depositi a 10,66 milioni di US$.

Nonostante gli sforzi profusi Kastriot Belegu, esperto indipendente intervenuto alla Summer School, rimane scettico. A suo avviso infatti "nel contesto del microcredito i modelli importati non funzionano”. In passato, per esempio, in Albania si è tentato di introdurre il modello della Grameen Bank, la prima “banca dei poveri” fondata nel 1976 in Bangladesh da Muhammad Yunus. La banca funziona con il sistema dei “gruppi di reciproco sostegno”, in cui il prestito viene concesso ad un gruppo. Se la situazione finanziaria di uno dei membri diviene inaffidabile, ulteriori crediti vengono negati all’intero gruppo: in questo modo dovrebbe venire incentivata la responsabilità individuale. In Albania, però, questo sistema si è rivelato poco funzionale, perché in caso di insolvenza di uno dei membri anche gli altri si sentivano legittimati a non rispettare le regole della banca.

Il modello della finanza cooperativa, invece, ha riscosso un maggiore successo. Per avere accesso al credito, i beneficiari devono diventare anche membri della SCA, con diritto a votare il consiglio direttivo della federazione, ma il credito viene comunque concesso a livello individuale. Gli uffici delle SCA sono in genere localizzati al centro dei villaggi, per poter essere più facilmente raggiungibili da tutta la popolazione rurale.

Durante la Summer School i partecipanti hanno potuto incontrare un membro della SCA di Zall Herr, piccolo comune nella provincia di Tirana, che ha beneficiato nel 2007 di un credito di 3.500 euro per l’acquisto di cinque mucche da latte, da aggiungere alle due che già possedeva. Questo gli ha permesso di espandere la propria attività, triplicando il numero di clienti a cui vendere il latte prodotto e, grazie all’incremento del reddito, ha potuto terminare la costruzione della propria abitazione.

Apparentemente, quindi, in questo caso il microcredito ha effettivamente contribuito a migliorare le condizioni di vita di una famiglia. Questo esempio positivo, però, stimola anche qualche dubbio sull’effettiva sostenibilità non tanto del microcredito in sé, quanto dei suoi risultati. Il produttore, infatti, vende il suo latte “porta a porta”, direttamente alle famiglie, senza seguire alcuna norma igienico-sanitaria e mungendo ancora a mano. Per il momento questo tipo di attività è ancora tollerata in Albania, ma c’è da chiedersi cosa accadrà quando il Paese entrerà nell’Unione europea e anche i piccoli produttori

dovranno seguirne le norme e rispettarne gli standard. Da parte sua, per esempio, il beneficiario ha dichiarato di non essere interessato ad avere altri crediti per modernizzare la sua azienda, che quindi in futuro potrebbe essere costretta ad uscire dal mercato, vanificando i risultati ottenuti.

Per quanto sia uno strumento utile nel quadro delle politiche per lo sviluppo rurale, quindi, il microcredito da solo non sembra sufficiente per garantire risultati duraturi in termini di lotta alla povertà. Nelle giornate di studio di Tirana è emerso chiaramente come andrebbe perlomeno associato ad altri interventi, soprattutto di formazione, che permettano alla popolazione rurale di sfruttare al meglio i crediti ottenuti, anche in un’ottica di integrazione europea.


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