Janine N. Clark

Bio

20/02/2013 - 

Non vi è alcun dubbio che il TPI dell'Aja per l'ex Jugoslavia [di seguito: il Tribunale] fosse necessario. Data l'entità dei crimini di guerra commessi, e il fatto che i tribunali locali non erano in grado di affrontare l'eredità della sanguinosa disintegrazione della Jugoslavia, la lotta contro l'impunità doveva iniziare a livello internazionale. Voglio sia chiaro, quindi, che io non sono contro il Tribunale di per sé. Quello che contesto è l'affermazione secondo cui il suo lavoro stia aiutando la riconciliazione.

La mia tesi è che i processi del Tribunale non stanno agevolando la riconciliazione intesa come riparazione e ripristino delle relazioni, e come ricostruzione della fiducia. Al contrario, in alcuni casi il suo lavoro ha fatto rivivere tensioni etniche: le reazioni croate al verdetto del cosiddetto caso dei 'tre di Vukovar' e quelle serbe alla recente assoluzione dei generali croati Ante Gotovina e Mladen Markač sono solo due esempi.

È essenziale sottolineare che nell'ex Jugoslavia esistono enormi ostacoli alla riconciliazione. Un elemento che limita in modo particolare l'impatto del lavoro del Tribunale è l'esistenza di "verità" etniche concorrenti e di meta-narrazioni in conflitto. In questo contesto ermeneutico, le sentenze del Tribunale che mettono in discussione la visione degli eventi di un dato gruppo sono in genere attaccate e respinte. Tra i croati in Bosnia centrale, ad esempio, i criminali di guerra Tihomir Blaškić e Dario Kordić sono da molti considerati eroi.

Ciò che rende ancora più facile per la gente comune l'ignorare i giudizi del Tribunale è la scarsa comprensione dei singoli giudizi o condanne. La responsabilità di questo è sia del Tribunale che dei media locali. Il Tribunale non ha investito abbastanza tempo ed energie per spiegare il proprio lavoro alle comunità locali, mentre i media forniscono frammenti di informazione limitati e spesso distorti. Tutto questo si traduce nella convinzione, prevalente fra serbi e croati, che i giudizi del Tribunale sono ingiusti, parziali e politici. Può un'istituzione tanto impopolare aiutare la riconciliazione?

Se esiste, su tutti i lati, una diffusa sensazione che il Tribunale persegua le persone sbagliate (tutti i gruppi etnici sostengono che i loro accusati si stavano solo difendendo), un forte senso di ingiustizia è anche il risultato del fatto che il Tribunale ha incriminato solo 161 persone. Questo numero ha senso nel contesto dello status ad hoc del Tribunale e nella logica complessiva di perseguire i 'pesci grossi'. Non necessariamente, però, nell'ottica di quelle comunità, come Bratunac e Prijedor in Bosnia Erzegovina, dove le vittime continuano a vivere accanto a quelli che accusano di aver commesso crimini di guerra.

Se nessuno viene punito per determinati crimini, una comunità può tendere a collettivizzare la colpa, come a Gjakova/Djakovica, nel Kosovo occidentale. La piccola comunità di serbi che ha lasciato la zona nel 1999 non è tornata. Non sono più benvenuti. Tra gli albanesi locali, un forte sentimento di mancata giustizia ha incoraggiato l'opinione che gli ex abitanti serbi sono collettivamente colpevoli per i crimini di guerra commessi a Gjakova/Djakovica nel 1998 e 1999. La collettivizzazione della colpa, che è in contrasto con l'affermazione secondo cui i processi penali individualizzino la colpa, problematizza ulteriormente la tesi secondo la quale il Tribunale sta contribuendo alla riconciliazione.

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