Turchia, i ricorsi sul coprifuoco nel sud-est avranno la priorità davanti ai giudici di Strasburgo

10 febbraio 2016

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La Corte europea dei diritti umani (CEDU) ha deciso di affrontare prioritariamente gli appelli ricevuti relativamente alla situazione dei diritti umani nelle città del sud-est anatolico che dall'estate del 2015 sono sotto coprifuoco. I giudici di Strasburgo hanno ricevuto oltre venti richieste di imporre misure ad interim alla Turchia.

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Quattordici cittadini turchi si sono già rivolti a Strasburgo nel 2016 (casi Yavuzel e altri c. Turchia, n. 5317/16, e Irmak c. Turchia, n. 5628/16) per sottoporre alla Corte europea dei diritti umani le condizioni di vita nella città di Cizre, sotto coprifuoco dallo scorso dicembre. I richiedenti sono rinchiusi in quello che è ormai noto come "il seminterrato dell'orrore".

I 14 chiedono alla CEDU di imporre al governo turco di garantire loro accesso alle istituzioni sanitarie, per proteggere il loro diritto alla vita e all'integrità fisica, oltre che di imporre ad Ankara di mettere fine alle limitazioni sproporzionate ai loro diritti e alle loro libertà derivanti dal coprifuoco.

La Corte ha invitato i ricorrenti ad appellarsi alla Corte Costituzionale turca - ricorso poi da loro portato, e già respinto dalla Corte di Ankara - e ha sottolineato che si aspetta che il governo prenda tutte le misure necessarie per proteggere la vita e la salute dei ricorrenti, a prescindere dalla loro identità. In caso contrario, essa resta pronta ad adottare misure ad interim verso la Turchia. In base all'art. 39 della Convenzione europea sui diritti umani, la Corte può imporre ad uno stato membro del Consiglio d'Europa di prendere misure urgenti (ad interim) per prevenire il rischio imminente di danni irreparabili, nelle more di un ricorso. 


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