Republika Srpska, Dodik chiama al referendum su tribunali e procura

17 luglio 2015

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“Sostenete o meno le leggi anti-costituzionali e non autorizzate imposte dall'Alto rappresentante internazionale in Bosnia (OHR), soprattutto relativamente ai Tribunali e all'Ufficio della procura in Bosnia Erzegovina?” E' questa la domanda a cui saranno chiamati a rispondere, entro settembre prossimo, gli elettori della Repubika Srpska, entità serba in Bosnia-Erzegovina. 

Il referendum è stato approvato mercoledì 15 luglio dal parlamento di Banja Luka , su iniziativa del presidente Milorad Dodik, con 45 voti a favore, 31 astensioni e nessun voto contrario. “[Col referendum] decideremo se vogliamo proteggere la costituzione e difendere i nostri diritti internazionali, o se vogliamo svilire la Republika Srpska”, ha commentato dopo il voto lo stesso Dodik.

La decisione di tenere un referendum su un tema così delicato ha subito sollevato forti reazioni negative, sia in Bosnia-Erzegovina che a livello internazionale. Quasi sicuramente la legalità del referendum verrà messa in questione da parte bosgnacca davanti alla Corte costituzionale. Tribunali e procura sono infatti istituzioni che rispondono alle autorità centrali di bosniache, e non alle entità. Secondo Dodik, però, il referendum si terrà “a prescindere dalla decisione della Corte, che è un'istituzione politica, e non legale”.

Commenti preoccupati sono arrivati anche dai rappresentanti della comunità internazionale. In un comunicato congiunto, diplomatici di Stati Uniti, Unione europea, Gran Bretagna, Germania ed Italia, pur riconoscendo “problemi significativi relativi ai tribunali e alla procura in Bosnia Erzegovina”, hanno definito il referendum “un'iniziativa anti-costituzionale e un tentativo non di riformare, bensì di minare queste istituzioni, ed in grado di porre una minaccia diretta alla sovranità e alla sicurezza dell'intero paese”.

Critici anche i rappresentanti dell'opposizione politica a Dodik, per i quali il referendum è solo una mossa tesa a distrarre l'opinione pubblica dalla pesante situazione economica nell'entità.

Dodik aveva già minacciato un referendum simile nel 2011. Secondo il presidente della Republika Srpska, il sistema giudiziario bosniaco lavora “contro gli interessi della Srpska” e la procura “si occupa soprattutto di indagare serbi”. E la procura accusa serbi di genocidio e crimini secondo il principio della catena di comando “i pochi bosgnacchi indagati sono sotto accusa solo per atti individuali”.

A prescindere dal destino del referendum (e dall'eventuale esito delle urne) la decisione del parlamento di Banja Luka aumenta la tensione politica in Bosnia-Erzegovina, dopo il caso Naser Orić, e l'aggressione al premier serbo Aleksandar Vučić alle commemorazioni per il ventennale di Srebrenica.

Entriamo in una fase “molto instabile”, è l'opinione del giornalista Aleksandar Trifunović della rivista “Buka”. “Ora anche la comunità internazionale dovrà occuparsi della questione del referendum, lasciando in secondo piano le riforme necessarie al paese”.


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