Romania, gli USA riducono le truppe
Washington riorganizza il fianco est della NATO e inizia con il ritiro di metà dei soldati dislocati in Romania. Gli Stati Uniti guarderanno maggiormente alla sicurezza delle proprie frontiere e della regione Indo-Pacifico

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Soldati americani alla base Nato di Mihail Kogalniceanu © Mircea Moira/Shuttesrtock
Il Pentagono richiama in patria una brigata di fanteria dalla base di Mihail Kogălniceanu in Romania, sul Mar Nero. In tutto si parla di circa 800 militari americani che ritorneranno nella base di Fort Campbell nel Kentucky. Non saranno sostituiti.
Resteranno comunque in Romania circa 1.000 militari statunitensi. E il segretario generale della NATO, Mark Rutte a Bucarest ha rassicurato che “ la Romania non è sola, tutti gli alleati interverrebbero in caso di attacco”.
La decisione degli Stati Uniti di ridurre la propria presenza militare in Romania segna un nuovo capitolo nell’equilibrio strategico del fianco orientale della NATO. Il ridimensionamento del contingente fa parte di una più ampia revisione della presenza militare globale di Washington.
Anche il ministro romeno della Difesa, Ionuț Moșteanu, ha confermato che tra 900 e 1.000 soldati americani resteranno comunque in Romania per “scoraggiare qualsiasi minaccia”.
Fino ad aprile 2025, la Romania ospitava circa 1.700 militari statunitensi. La decisione di ritirare circa 800 soldati USA dalla base di Mihail Kogălniceanu avviene in un contesto regionale ancora segnato dal conflitto in Ucraina e dalla crescente tensione sul Mar Nero.
Le autorità di Bucarest danno assicurazioni che le infrastrutture strategiche resteranno pienamente operative con il sistema antimissile di Deveselu, la base aerea di Câmpia Turzii, e la base di Mihail Kogălniceanu in continua espansione come hub logistico per le operazioni alleate.
Il ministro romeno della Difesa ha quindi ribadito che “un gruppo di combattimento aereo americano resterà a Kogălniceanu, come prima del conflitto in Ucraina”.
Il Comando statunitense per l’Europa e l’Africa (EUCOM/AFRICOM) ha però sottolineato che “questa regolazione della posizione delle forze non cambierà l’ambiente di sicurezza europeo”.
In quanto “non si tratta di un ritiro dall’Europa né di un indebolimento dell’impegno verso la NATO e l’Articolo 5”, si legge nel comunicato ufficiale.
Anche il presidente Trump si è espresso in merito minimizzando la portata della misura relativa al ritiro, definendola “non molto significativa”.
Una brigata può contare fino a 4.500 – 5.000 soldati, nota la stampa di Bucarest, ma la componente effettiva in Romania è inferiore. Parti della stessa unità operavano anche in Bulgaria, Slovacchia e Ungheria, all’interno della forza rotazionale NATO dislocata dopo il 2022.
La rimodulazione delle forze americane toccherà anche Bulgaria, Ungheria e Slovacchia, ma non coinvolgerà la Polonia né i Paesi baltici, che mantengono invariata la presenza alleata per la loro posizione strategica sul fronte nord-orientale.
Oggi, in Europa, restano circa 85.000 militari americani.
Le reazioni negli Stati Uniti
Mentre la Romania viveva “lo shock” dell’annunciato parziale ritiro americano, la decisione veniva criticata a Washington da importanti politici repubblicani. Il senatore Roger Wicker e il deputato Mike Rogers, presidenti delle commissioni per i Servizi Armati di Senato e Camera, hanno definito la misura “non coordinata e contraria alla strategia presidenziale”, perché ritengono che “sia un segnale sbagliato per la Russia”.
Il ritiro parziale delle truppe statunitensi giunge in un contesto difficile quando la Russia continua a mettere alla prova la determinazione della NATO, come dimostrato dalle numerose incursioni aeree e con droni lungo il fianco orientale a settembre.
La riduzione della presenza militare americana potrebbe indebolire l’influenza e gli interessi americani, alimentando la percezione della Russia che la deterrenza stia svanendo.
Ma Bucarest rassicura che “la deterrenza resta”. Il ministro romeno della Difesa, Ionut Moșteanu, ha assicurato che le capacità di deterrenza non verranno ridotte e che la Romania continuerà a ospitare forze multinazionali NATO.
Anche la ministra degli Esteri, Oana Toiu, ha annunciato che gli alleati della NATO, diversi dagli Stati Uniti, invieranno nuove truppe e equipaggiamenti in Romania nei prossimi mesi.
Dopo il ritiro parziale dei soldati americani, in Romania rimangono circa 2.500 soldati stranieri. La maggior parte di loro sono francesi. Fanno parte del gruppo di combattimento formato a Cincu. Attualmente sono presenti in Romania basi NATO a Costanza, Cincu, Fetești, Deveselu e Câmpia Turzii.
Rutte: “Se la Romania fosse attaccata, interverrebbero tutti gli alleati”
Il Segretario generale della NATO ha dichiarato mercoledì 5 novembre a Palazzo Cotroceni, (sede della presidenza romena) dopo oltre due ore di colloqui con il presidente romeno Nicușor Dan che se la Romania fosse attaccata, interverrebbero tutti gli alleati.
Il capo dello Stato ha poi ricordato il programma Eastern Sentinel: un programma militare “flessibile e in espansione allo stesso tempo” che “coinvolgerà risorse militari tradizionali, terrestri e aeree, e comprenderà anche tattiche e tecnologie innovative, progettate per affrontare nuove sfide”.
Grazie a questo programma, avviato a ottobre dopo che i droni russi sono entrati illegalmente in diversi paesi alleati (Romania, Polonia, Estonia), il Comando Supremo Alleato in Europa (SACEUR), il massimo organo militare della NATO, avrà una maggiore disponibilità a schierare forze alleate in caso di necessità.
Il Forum NATO-Industria 2025: innovare e riarmare
“Il riarmo non è una scelta ma una necessità”, ha affermato il presidente romeno Dan durante il forum NATO-Industria 2025 tenutosi giorni scorsi a Bucarest. Organizzato dal Comando Supremo Alleato per la Trasformazione (SACT) e dalla divisione DIANA per l’innovazione e gli armamenti, il forum ha riunito oltre 800 funzionari militari e 300 aziende provenienti da 26 Paesi.
In questo ambito, il segretario generale della NATO ha dichiarato che il dialogo tra l’Alleanza e l’industria è essenziale, perché “la minaccia russa non cesserà con la fine della guerra in Ucraina”.
Il Forum di Bucarest ha ribadito la necessità di rafforzare la cooperazione tra industria civile e difesa nei campi dell’intelligenza artificiale, dei big data, delle biotecnologie e delle energie sostenibili.
L’Alleanza Nord Atlantica ha fissato l’obiettivo di destinare fino al 5% del PIL nazionale alla difesa entro il 2035.
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