Montenegro, esplosione di xenofobia contro i cittadini turchi

Nei giorni scorsi c’è stata una ondata di violenza contro i cittadini turchi in Montenegro. Epilogo di una situazione che è stata alimentata per settimane dai media, dai social media e da alcuni politici che diffondevano false affermazioni secondo cui oltre centomila turchi vivono in Montenegro e sono “pronti a tutto”

06/11/2025, Predrag Nikolić
Manifestazione in Montenegro © foto di Aljoša Turović

Photo Aljoša Turović2

Manifestazione in Montenegro © foto di Aljoša Turović

(Originariamente pubblicato da CIN-CG, il 29 ottobre 2025)

“Uccidete il turco”, si sentiva gridare per le strade di Podgorica mentre i cittadini si facevano da parte di fronte alla folla di giovani uomini, tifosi di calcio e cosiddette “ronde popolari” intenzionate a farsi “giustizia” con le proprie mani.

Nella notte tra sabato 25 ottobre e domenica 26, poco dopo mezzanotte, è scoppiata una rissa davanti alla kafana Komanka nel quartiere di Zabjelo. Secondo i dati ufficiali della polizia, M.J., 25 anni, è rimasto ferito nell’incidente, riportando sette coltellate.

Dalle voci all’odio di piazza

La notizia dell’attacco si è diffusa rapidamente sui social media, alimentando l’odio e infiammando le tensioni con folli idee di organizzare “ronde popolari”. La sera successiva, centinaia di persone si erano radunate a Zabjelo, chiedendo di “bandire i turchi”.

“Uccidete il turco”, “Questo è il Montenegro” e “Non vogliamo stranieri nel nostro quartiere” erano alcuni degli slogan uditi dalla polizia mentre cercava di calmare la folla. Decine di persone hanno attaccato un veicolo con targa turca, mentre tre cittadini turchi hanno dovuto cercare rifugio in un casinò dopo che la folla ha cercato di aggredirli. La polizia li ha scortati fuori dal casinò e li ha trattenuti, mentre la folla gridava e invocava la morte dei turchi.

Intorno alle 22:20, la polizia ha annunciato l’arresto del cittadino azero Y.G. (31 anni) e del cittadino turco N.D. (54), sospettati di aver ferito M.J. Sono accusati di comportamento violento, un reato penale. La polizia ha riferito che 45 cittadini turchi e azeri sono stati interrogati quella sera, sia per l’esame dei fatti che per la verifica del loro status legale in Montenegro. Otto saranno espulsi, mentre sette hanno ricevuto multe.

La reazione politica

Il parlamentare e alto funzionario democratico Boris Bogdanović ha pubblicato una foto di cittadini turchi schierati contro un muro con le gambe divaricate, affermando che 40 sono stati arrestati e che “si sta proteggendo ogni casa”, promettendo “nessun compromesso” nella difesa della sicurezza dei cittadini.

Mentre persisteva la situazione di tensione a Zabjelo, il ministro degli Interni Danilo Šaranović si è rivolto ai cittadini, smentendo le affermazioni sulla presenza di 100.000 cittadini turchi in Montenegro. “Attualmente ci sono 13.000 cittadini turchi in Montenegro, di cui solo 80 hanno la residenza permanente. Abbiamo preparato una nuova legge sugli stranieri sette o otto mesi fa. Prossimamente presenteremo una legge più restrittiva al Parlamento e risolveremo la questione con serietà”, ha affermato.

Secondo i dati della polizia al 30 settembre 2025, 13.308 cittadini turchi sono titolari di permessi di soggiorno temporanei o di lavoro, mentre 87 hanno la residenza permanente in Montenegro.

Mentre il raduno a Zabjelo era ancora in corso, il primo ministro Milojko Spajić ha annunciato su X che il Montenegro, tramite procedura d’urgenza, avrebbe sospeso temporaneamente il regime di esenzione dal visto per i cittadini turchi a partire dal giorno successivo. Il giorno dopo, la promessa è stata mantenuta.

Il regime di visti per i cittadini turchi entrerà in vigore giovedì [30 ottobre]. Resta da vedere come questa campagna e le nuove misure restrittive influenzeranno le relazioni con il Paese che è uno dei principali investitori stranieri, dopo Serbia e Russia. I problemi potrebbero aggravarsi se la Turchia rispondesse con misure reciproche, dato l’elevato numero di cittadini montenegrini che studiano, commerciano e ricevono cure mediche in Turchia o viaggiano via Istanbul.

Quella stessa notte, i cori si sono trasformati in azioni. Dopo mezzanotte, un’auto di proprietà di un cittadino turco è stata data alle fiamme nel parcheggio Zeren Motors di Zabjelo, mentre nel centro di Podgorica, in viale Ivan Crnojević, è stato distrutto un ristorante affittato da un cittadino turco. Le finestre sono andate in frantumi, il locale è stato incendiato e la cucina è stata demolita. Sui social media, alcuni utenti hanno condiviso elenchi di attività commerciali che hanno annullato le consegne Glovo perché ci lavorano molti turchi, insieme a video che mostrano aggressioni a due uomini turchi.

Martedì [28 ottobre], la polizia ha arrestato otto persone per reati e illeciti motivati da odio nazionale e religioso. Un uomo identificato come P.M. di Podgorica è stato arrestato per aver diffuso incitamento all’odio contro i turchi online. Tre giovani sono stati arrestati per aver aggredito tre cittadini turchi a Zabjelo con pugni, calci e mazze da baseball.

L’Alta Procura di Stato di Podgorica ha avviato un’indagine sugli incidenti del 26 ottobre, quando un gruppo a Zabjelo ha gridato “Uccidete, uccidete, uccidete il turco”. La Procura ha dichiarato che sono state aperte indagini anche in merito ai danni a due veicoli e proprietà di cittadini turchi, “per determinare se una qualsiasi delle azioni costituisca incitamento all’odio nazionale, razziale o religioso”.

Il giorno successivo, la folla inferocita, scortata dalla polizia, ha marciato verso il complesso di appartamenti City Kvart “alla ricerca dei turchi”. Non ci sono stati scontri fisici, ma la tensione era palpabile, con cori anti-turchi che riempivano le strade. Prima della marcia verso City Kvart, la polizia ha arrestato diversi cittadini montenegrini dopo aver trovato diverse mazze da baseball vicino al cosiddetto edificio Komanka a Zabjelo.

La polizia ha dichiarato che gli arresti facevano parte dell’intensificazione delle attività a seguito di appelli alla violenza e all’incitamento all’odio online, avvertendo che “non c’è spazio per azioni spontanee o incitamento all’odio” e che tutti coloro che diffondono intolleranza saranno perseguiti.

“Ci stiamo difendendo da ulteriori migrazioni, accoltellamenti, stupri e occupazioni”, si leggeva su uno striscione durante una protesta davanti alla sede del governo martedì 28 ottobre. La protesta, inizialmente pianificata di fronte all’ambasciata turca, si è svolta con lo slogan “Per una vita normale per noi e i nostri figli! Vogliamo vivere in sicurezza!” e ha seguito la consolidata narrazione di “protezione” di donne e bambini.

Prima della protesta, la polizia ha arrestato 11 persone, tra cui nove minorenni, trovate in possesso di passamontagna, razzi e marijuana, presumibilmente con l’intenzione di partecipare alla protesta.

L’ondata di odio si è diffusa oltre Podgorica. A Bar, due attività commerciali di proprietà turca sono state demolite e una è stata quasi data alle fiamme. La notte seguente, un negozio di proprietà turca nel centro di Herceg Novi è andato completamente a fuoco.

Tre giorni dopo l’incidente iniziale che ha innescato questa ondata di violenza, in cui un giovane montenegrino è rimasto ferito, il direttore della polizia Lazar Šćepanović ha dichiarato che tre azeri e un turco avevano preso parte all’attacco. “Le ferite erano lievi, tagli e una coltellata, e il pubblico ministero ha stabilito che non si è trattato di tentato omicidio, una conclusione confermata dai medici”, ha dichiarato Šćepanović.

Il sentimento anti-turco

In seguito a questi eventi, l’odio è esploso sui social media e nei commenti sui portali di informazione, con appelli aperti a montenegrini e serbi affinché si uniscano contro “l’eterno nemico”. Post e commenti che disumanizzavano i turchi e invocavano il linciaggio si sono diffusi senza controllo.

La rissa di sabato è stata solo un fattore scatenante, poiché la campagna d’odio ribolliva da mesi attraverso dichiarazioni di politici, attivisti, influencer e odio sui social media. Le istituzioni sono state lente a confutare la falsa affermazione, accettata come credibile da una parte dei cittadini e promossa da Nebojša Medojević, Milan Knežević e Vladislav Dajković, secondo cui in Montenegro vivrebbero oltre 100.000 cittadini turchi. C’è stata poca o nessuna risposta alle voci su presunti stupri, rapimenti o intimidazioni da parte di turchi.

All’inizio del mese, il sentimento anti-turco si è intensificato dopo che i social media sono stati inondati di video di un rapimento a Budva che ha coinvolto cittadini turchi. La polizia ha reagito rapidamente, arrestando tutti i coinvolti.

La paura e la rabbia si sono ulteriormente intensificate quando è circolata la notizia falsa del rapimento di un bambino in un centro commerciale di Podgorica. I post sostenevano che il bambino fosse stato sottratto alla madre in pieno giorno e poi ritrovato in un bagno con i capelli tagliati e la bocca sigillata, il tutto condito dall’informazione che si trattava di un gruppo di turchi. La polizia ha confermato che non era stata presentata alcuna denuncia e il centro commerciale ha dichiarato di non essere stato chiuso, smentendo la notizia. “I turchi rapiscono i bambini”, “rubano cibo dagli ordini di Glovo”, “uccidono, picchiano e violentano…” sono stati alcuni dei commenti circolati online.

Con il diffondersi della notizia, sono emerse nuove voci su “uomini strani” che fotografavano i bambini nei parchi giochi o si aggiravano nei quartieri per “registrarli”. L’UNICEF e l’Ufficio statistico del Montenegro (Monstat) hanno reagito, spiegando che stavano conducendo una fase preparatoria di una ricerca. Invano, poiché il gruppo di tifosi Varvari ha rilasciato la sua ultima dichiarazione, affermando che “violentano le nostre donne, rapiscono e filmano i nostri bambini, rapinano per strada e camminano armati per Podgorica”.

Anche dopo che la falsa affermazione sui 100.000 turchi in Montenegro è stata smentita, alcuni politici l’hanno giustificata affermando che c’era una “sensazione soggettiva che ce ne fossero così tanti”.

Vale la pena ricordare il vergognoso incidente del 1995 a Danilovgrad quando, dopo lo stupro di una ragazza, una folla si fece giustizia da sola e incendiò un intero quartiere rom. La polizia non intervenne. Questa situazione non si fermerà da sola. Una parte dei cittadini ha finalmente trovato qualcuno su cui sfogare la propria rabbia per i problemi che ci affliggono tutti. Il problema è che per ora la stanno facendo per lo più franca, quindi potrebbero spingersi ancora oltre in futuro.