Laura Kövesi, uno specchio per i nostri sistemi giudiziari
Dalla Romania alla Grecia e alla Bulgaria, il lavoro della prima procuratrice capo dell’Ue rivela le potenzialità, i limiti e i punti deboli dell’applicazione delle norme anticorruzione in Europa

Laura Codruța Kövesi
Laura Codruța Kövesi (© Alexandros Michailidis/Shutterstock)
Laura Codruța Kövesi si muove in Europa con la forza tranquilla di chi è stata sottovalutata per anni. Una donna abituata a fare i conti con interessi politici radicati, scetticismo diffuso nei confronti della magistratura, e una persistente aspettativa che i pubblici ministeri debbano piegarsi al potere.
Quando è diventata la prima procuratrice capo dell’Ue nel 2019, Kövesi ha portato con sé non solo un curriculum formidabile, ma anche uno stile istituzionale ben riconoscibile: adesione alla legalità senza compromessi, rigida disciplina procedurale e netto rifiuto di piegarsi alle pressioni politiche nazionali.
La sua nomina non ha suscitato né un’ammirazione né un’opposizione unanimi. In questi anni Kövesi è diventata una sorta di strumento diagnostico, uno stress test per i sistemi giuridici nazionali. Ovunque sia intervenuta, la Procura europea (EPPO) ha messo in luce i limiti dell’indipendenza delle magistrature nazionali, la resilienza delle reti clientelari o la richiesta di assunzione di responsabilità da parte dell’opinione pubblica.
L’effetto varia notevolmente a seconda del contesto. In alcuni paesi dell’Ue Kövesi è vista come l’incarnazione di ciò che potrebbe essere un sistema giudiziario funzionante; in altri, la sua presenza mette in luce quanto profondamente le istituzioni siano state svuotate dall’interno. Nei paesi che accettano la supervisione europea ma mantengono comunque una certa diffidenza nei suoi confronti, Kövesi rappresenta quel tipo di giustizia che i cittadini hanno smesso di aspettarsi dal proprio stato.
Esaminare l’“effetto Kövesi” non significa tracciare il profilo di una persona, ma piuttosto osservare come i diversi stati reagiscono quando si confrontano con uno standard europeo comune. Kövesi è insomma diventata una sorta di specchio, e i riflessi che proietta variano molto da un paese all’altro.
Romania: il ricordo di uno slancio perduto
Per la Romania, Laura Codruța Kövesi non è solo una procuratrice. È la memoria vivente di un tempo in cui, per un breve periodo, l’impossibile è sembrato la norma. In qualità di capa della Direzione nazionale anticorruzione (DNA), Kövesi ha supervisionato indagini su ministri, parlamentari, baroni locali e persino su suoi colleghi. Arresti in diretta tv, congelamento dei beni e condanne di alto profilo hanno dato ai cittadini la sensazione che il paese avesse finalmente voltato pagina.
L’eredità di Kövesi in Romania va oltre i titoli dei giornali. Come procuratrice capo della DNA e poi dell’Ue, è diventata oggetto di ammirazione e timore, un vero e proprio simbolo della lotta alla corruzione in un paese ancora alle prese con un’impunità diffusa.
Cristian Pîrvulescu, preside della Facoltà di scienze politiche dell’Università nazionale di studi politici e pubblica amministrazione, descrive la nomina di Kövesi all’EPPO come un momento di trasformazione: ha reso l’organismo europeo “un laboratorio di convergenza tra le norme europee e le pratiche giuridiche nazionali, mettendo alla prova i limiti dell’autonomia degli stati membri”.
Attraverso indagini che hanno coinvolto Romania, Bulgaria e Slovacchia, l’EPPO di Kövesi ha dimostrato come le istituzioni europee possano imporre vincoli reali a reti clientelari radicate da tempo, premiando gli stati che fanno propri gli standard di integrità e colpendo quelli più restii da adeguarsi.
Durante i suoi anni alla DNA Kövesi “rappresentava, per la maggior parte dell’opinione pubblica, un simbolo della lotta alla corruzione”, secondo il sociologo Mircea Kivu. Il passaggio dalla DNA all’EPPO è stato ampiamente percepito come una continuazione di quella lotta. Tuttavia, Kivu osserva che il ribaltamento di molti casi importanti e alcune recenti battute d’arresto hanno lasciato i cittadini con un persistente senso di impotenza.
Cristi Danileț, ex giudice, sottolinea il peso simbolico del ruolo di Kövesi presso l’EPPO. In Romania lei “simboleggiava la sconfitta dei politici romeni che volevano controllare la magistratura” ed era vista da molti come una sorta di vendicatrice dei cittadini onesti. Con la sua partenza, la Romania è diventata consapevole di aver perso un grande strumento di protezione.
La Romania un tempo ha creduto che il coraggio della magistratura potesse essere diventato una condizione permanente. Poi la politica è intervenuta, e lo slancio si è arrestato. Il lavoro di Kövesi nell’EPPO ricorda quotidianamente ai romeni di oggi ciò che sono stati per un breve periodo, e ciò che temono di non potere più essere.
Grecia: il labirinto delle aspettative
In Grecia Laura Codruța Kövesi è stata accolta con un misto di curiosità e scetticismo. Pur non essendo una figura politica di spicco né un personaggio mediatico, la sua forte presenza nella sfera pubblica greca è notevole. Anche qui l’EPPO incarna un’autorità giuridica che trascende gli intrighi politici nazionali. Per una società da lungo tempo abituata a scandali di corruzione che rimangono impuniti, Kövesi rappresenta un potenziale punto di svolta.
La stampa greca riflette diversi modi di percepire l’EPPO e la sua capa. I media filo-governativi tendono a descrivere il suo lavoro in termini cauti e burocratici, sottolineando soprattutto gli aspetti procedurali. I media vicini all’opposizione, al contrario, ritraggono Kövesi quasi mitizzandola, come se fosse una moderna Artemide che cala da Bruxelles per sfidare una corruzione endemica. A rafforzare questa narrazione contribuiscono la reputazione che Kövesi si è guadagnata in Romania, il suo rifiuto di cedere alle pressioni politiche e il suo rigore procedurale.
Tra i casi seguiti dall’EPPO, due in particolare hanno catturato l’attenzione dell’opinione pubblica greca. Il primo è stato un’inchiesta sul porto del Pireo, che riguarda una presunta frode per 5,4 milioni di euro di fondi europei a opera di una società che si era candidata per la riqualificazione ambientale del terminal passeggeri.
Il secondo, lo scandalo OPEKEPE, ha avuto un impatto ancora maggiore perché ha coinvolto gli agricoltori di tutta la Grecia. 55 milioni di euro di sussidi agricoli dell’Ue sarebbero infatti stati sottratti attraverso un software collegato al sistema nazionale per questi pagamenti. La semplicità e la sfrontatezza del presunto schema hanno scatenato l’indignazione dell’opinione pubblica, coinvolgendo un ex ministro dell’Agricoltura e alti funzionari e mettendo in evidenza le debolezze sistemiche dei meccanismi di controllo.
Per molti greci Kövesi è lo specchio della magistrata ideale: capace, imparziale e pronta a non chinare la testa davanti ai potenti. Ma quello specchio riflette anche la frustrazione dei cittadini. Nonostante le indagini dell’EPPO, la lentezza della giustizia greca e le reti clientelari con cui la procura europea deve avere a che fare ridimensionano molto le aspettative. La sfida di Kövesi non è solo legale, ma anche simbolica: dimostrare che i meccanismi europei possono influenzare sistemi nazionali considerati da tempo recalcitranti a riconoscere l’assunzione di responsabilità come un valore.
Bulgaria: quando lo specchio si incrina
In Bulgaria l’“effetto Kövesi” mette in luce la fragilità sistemica del paese. Mentre i romeni vedono la procuratrice europea come un simbolo di rinnovamento e i greci oscillano fra speranza e dubbi, i bulgari percepiscono sempre più il mandato europeo di Kövesi come vittima nella stessa disfunzionalità che affligge le loro istituzioni nazionali.
La svolta è arrivata nel 2025, quando il collegio dell’EPPO ha deciso di sospendere il membro bulgaro dell’istituzione, Teodora Georgieva, destinataria di un procedimento disciplinare. Si è trattato di una mossa senza precedenti, che ha sconvolto il fragile panorama politico-giudiziario bulgaro. La sospensione è stata solo la punta più visibile di una crisi più profonda, documentata dai media investigativi e dalla società civile bulgara: proprio le persone che dovrebbero far rispettare la giustizia a livello europeo sembrano coinvolte nella politica nazionale.
Le statistiche dell’EPPO relative al 2024 parlano di oltre 250 indagini aperte in Bulgaria. Ma i risultati di questa azione penale sono limitati: solo quattordici persone sono state incriminate, dodici casi sono giunti a processo, e le condanne arrivate entro la fine dello scorso anno sono state tre. Questi risultati alimentano lo scetticismo dell’opinione pubblica: secondo Boyko Stankushev, direttore esecutivo del Fondo anticorruzione bulgaro, “al momento qui nessuno crede che qualcosa cambierà grazie all’EPPO”.
Gli organismi di controllo locali sottolineano una serie di ostacoli strutturali. In diversi casi l’EPPO ha chiesto alle autorità bulgare di disporre delle misure di sorveglianza speciali nei confronti di alcuni sospettati (per esempio delle intercettazioni telefoniche), ma i tribunali si sono opposti. Gli osservatori sostengono che ciò non dipende solo da una certa complessità giuridica, ma anche dalla mancanza di preparazione o di volontà politica nel sostenere le indagini europee.
Ad aumentare lo sconforto dei cittadini ha contribuito una registrazione che coinvolgerebbe Petyo Petrov, un lobbista ben legato a una serie di reti di potere. Nella registrazione che è trapelata, alcune voci suggeriscono che la nomina di Georgieva all’EPPO potrebbe essere stata pilotata. Sebbene la registrazione stessa abbia sollevato seri interrogativi, ha aperto una nuova ferita nella fiducia dell’opinione pubblica.
Ekaterina Baksanova, analista giudiziaria presso l’Istituto per l’economia di mercato di Sofia, avverte che quando le persone incaricate di guidare i procedimenti penali a livello europeo vengono scelte attraverso un sistema nazionale percepito come compromesso, “i loro debiti di riconoscenza si spostano [a Bruxelles] insieme a loro”. A suo avviso, a meno che il meccanismo di selezione non venga riformato, l’EPPO rischia di essere dirottato.
Invece di essere il motore di una trasformazione istituzionale, da più parti in Bulgaria l’EPPO è oggi visto come un ulteriore campo di battaglia tra gli ideali europei e le pratiche locali. L’EPPO evidenzia quanto le strutture bulgare restano vulnerabili alle reti di influenza informali, alle lobby e all’inerzia procedurale; non è chiaro se e come queste debolezze potranno essere superate.
Un insegnamento per l’Europa
Kövesi è spesso descritta in termini mitologici, ma il vero significato del suo lavoro è istituzionale più che personale. L’EPPO non trasforma i sistemi nazionali, ma li mette a nudo rendendo visibili le conformazioni del potere, dell’appiattimento nei suoi confronti e della resistenza.
In Romania, Grecia e Bulgaria, lo specchio che Kövesi tiene in mano rivela realtà distinte: riforme che possono ispirare il cambiamento ma anche segnare dei passi indietro; aspirazioni frenate da strutture ormai radicate; e un sistema così in balia di una serie di influenze multiple che persino la supervisione europea fatica a ottenere risultati.
L’EPPO costringe gli stati europei ad affrontare la realtà del funzionamento delle loro istituzioni, non solo le narrazioni che proiettano. Nei prossimi anni, la resilienza dell’architettura anticorruzione europea dipenderà meno dalla figura di Kövesi come individuo e più dalla capacità dei singoli paesi di agire per cambiare l’immagine riflessa nello specchio che lei rappresenta.
Krasen Nikolov (Mediapool, Bulgaria) e Laurențiu Ungureanu (HotNews, Romania) hanno contribuito alla realizzazione di questo articolo.
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