La Republika Srpska al voto

Sabato 8 novembre è ufficialmente iniziata la campagna elettorale per le elezioni anticipate per scegliere il nuovo presidente della Republika Srpska. Il voto, previsto per il prossimo 23 novembre, rischia però di rimanere nell’ombra dell’ingombrante presenza di Dodik

13/11/2025, Arman Fazlić Sarajevo
Durante le elezioni a Banja Luka, RS, BiH © Ajdin Kamber/Shutterstock

Durante le elezioni a Banja Luka, RS, BiH © Ajdin Kamber/Shutterstock

Durante le elezioni a Banja Luka, RS, BiH © Ajdin Kamber/Shutterstock

Le elezioni anticipate per il presidente della Republika Srpska sono state convocate dopo che la Commissione elettorale della Bosnia Erzegovina (CIK) ha revocato il mandato a Milorad Dodik. Questa decisione ha fatto seguito alla sentenza definitiva del Tribunale della BiH che ha condannato Dodik ad un anno di carcere e a sei anni di interdizione dalle cariche pubbliche per non aver rispettato le decisioni dell’Alto rappresentante in BiH.

A contendersi la presidenza con ogni probabilità saranno Branko Blanuša, candidato del Partito democratico serbo (SDS), sostenuto da tutte le forze di opposizione, e Siniša Karan dell’Unione dei socialdemocratici indipendenti (SNSD), candidato della coalizione di governo. Dei restanti quattro candidati nella corsa per la poltrona del presidente della Srpska – che verrà eletto per un periodo inferiore ad un anno, fino alle elezioni generali del 2026 – almeno due sono vicini all’SNSD.

L’ombra di Dodik

Siniša Karan è ufficialmente il candidato dell’SNSD, eppure sui suoi manifesti elettorali campeggia l’immagine di Milorad Dodik, lasciando presagire chi governerà davvero se l’SNSD vincerà le elezioni. Nonostante tutti i verdetti, Dodik evidentemente non intende rinunciare al potere politico. Pur essendo stato estromesso dalle cariche pubbliche, svolge ancora un ruolo attivo nella vita politica ed è in prima linea nella campagna elettorale di Karan.

Il fatto che Dodik stesso abbia confermato il candidato dell’SNSD alle imminenti elezioni presidenziali ha sollevato numerosi interrogativi sull’influenza dell’ex presidente della RS sulla campagna e sul processo elettorale nel suo complesso. Ci si chiede se la candidatura di Karan sia valida con la firma di Dodik, considerando che quest’ultimo non può più ricoprire la carica di presidente dell’SNSD per via della sentenza di condanna definitiva.

Nei giorni scorsi, si è assistito ad uno scaricabarile tra il Tribunale della Bosnia Erzegovina, che ha emesso la sentenza di condanna contro Dodik, il Tribunale di primo grado di Banja Luka, dove Dodik era registrato come presidente dell’SNSD, e la CIK. L’opinione pubblica è ancora in attesa di un epilogo.

Un’eventuale vittoria di Karan, già ministro dell’Interno della RS e attuale ministro dell’Istruzione in un governo di dubbia legittimità, significherebbe la continuazione della politica dell’ex presidente della Srpska. Il candidato dell’SNSD si trova in una posizione di vantaggio rispetto al candidato dell’opposizione grazie alla disponibilità di risorse istituzionali, tradizionalmente utilizzate in modo improprio per scopi elettorali, ma anche grazie ad una forte infrastruttura del partito. Proprio questa infrastruttura è stata individuata dagli osservatori nei precedenti cicli elettorali come fonte di manipolazioni e irregolarità.

L’opposizione è ulteriormente svantaggiata per via della decisione dell’Assemblea popolare della RS che a maggio ha abolito il finanziamento pubblico a tutti i partiti politici. È stata una risposta alla decisione dell’Alto rappresentante in BiH Christian Schmidt, che in precedenza aveva vietato il finanziamento pubblico dei partiti al governo in Republika Srpska.

Branko Blanuša, candidato dell’opposizione, è professore ordinario all’Università di Banja Luka ed è meno noto al grande pubblico. Gli esperti spiegano che, nonostante il sostegno dell’intera opposizione, le sue possibilità di successo potrebbero essere ridotte dall’apatia politica dei cittadini.

Le conseguenze della sentenza contro Dodik

Dodik è stato processato sulla base degli articoli del Codice penale della Bosnia Erzegovina introdotti dall’Alto rappresentante. Dopo la decisione della CIK di revocare il mandato di presidente a Dodik, il governo della RS, guidato dall’SNSD, ha affermato che non si sarebbero tenute elezioni anticipate sul territorio della Srpska, come confermato anche dal parlamento.

L’SNSD ha invitato tutti i partiti di opposizione della RS a boicottare le elezioni. L’opposizione ha respinto l’invito, annunciando l’intenzione di partecipare alla corsa elettorale. L’unica eccezione è stato il Partito del progresso democratico (PDP), guidato dall’attuale sindaco di Banja Luka Draško Stanivuković. Il PDP, da anni ormai all’opposizione a livello dell’entità, ha esitato e calcolato prima di prendere una decisione sulla partecipazione alle elezioni e sul sostegno al candidato proposto da altre forze di opposizione.

Un governo illegittimo

Lo scorso 18 ottobre, l’Assemblea popolare della Republika Srpska ha nominato Ana Trišić Babić, stretta collaboratrice di Dodik, presidente ad interim della RS, una carica che non è definita dalla Costituzione dell’entità a maggioranza serba. La Costituzione prevede infatti che uno dei due vicepresidenti (uno bosgnacco e l’altro croato) assuma la carica in caso di impedimento temporaneo del presidente, ma non definisce la procedura in caso di cessazione definitiva del mandato, come nel caso di Dodik.

Inizialmente Dodik aveva delegato la sua carica al vicepresidente croato Davor Pranjić, membro dell’Unione democratica croata della BiH (HDZ BiH). Questa decisione però non è mai stata ufficializzata ed è giuridicamente discutibile. Il bilancio annuale del presidente della RS ammonta a 77 milioni di marchi (poco meno di 40 milioni di euro).

La Republika Srpska non ha un presidente da agosto, quando Dodik è stato condannato. Nel frattempo ha rifiutato di dimettersi, continuando a svolgere le sue funzioni. Ad agosto, dopo le dimissioni del governo legittimo della RS, guidato da Radovan Višković (SNSD), Dodik ha proposto un candidato per formare un nuovo governo, confermato dal parlamento all’inizio di settembre. I giuristi hanno subito definito il nuovo governo illegittimo, considerando che Dodik, essendo stato rimosso dalla carica di presidente della RS, non ha più il potere di proporre una figura per formare un nuovo esecutivo.

Mentre l’attuale governo della RS, guidato da Savo Minić, continua a prendere decisioni, si attendono le decisioni della Corte costituzionale della Bosnia Erzegovina su due ricorsi presentati per la valutazione della costituzionalità della formazione del nuovo esecutivo.

Lo zampino USA

Dopo mesi in cui si è assistito all’aggravarsi del clima di schizofrenia politica e di incertezza giuridica e costituzionale in Republika Srpska e in tutta la Bosnia Erzegovina, ad ottobre la situazione si è calmata, secondo alcuni grazie ad un intervento degli Stati Uniti.

La decisione del parlamento della RS di nominare un presidente ad interim dell’entità, così come il ritiro delle leggi “separatiste”, è stata elogiata dal Dipartimento di Stato americano. Nella dichiarazione ufficiale si afferma che questa iniziativa è il risultato degli sforzi guidati dagli Stati Uniti con l’obiettivo di arginare la crisi politica in Bosnia Erzegovina.

Le controverse leggi sono state adottate all’inizio di quest’anno in risposta al procedimento contro Dodik e sono state annullate dalla Corte Costituzionale della Bosnia Erzegovina a seguito di un ricorso. Le leggi in questione hanno portato all’acuirsi della crisi e ad uno stato di incertezza costituzionale, giuridica e di sicurezza, essendo stata messa in discussione la competenza delle istituzioni statali a far rispettare le leggi sul territorio dell’entità a maggioranza serba.

All’inizio di novembre, la procura della Bosnia Erzegovina ha sospeso l’indagine precedentemente avviata contro Dodik, Radovan Višković, ex primo ministro della RS, e Nenad Stevandić, ex presidente del parlamento dell’entità, accusati di attentato all’ordine costituzionale, proprio a causa delle “leggi separatiste”. Leggi che, secondo alcuni esperti, sarebbero il risultato di un accordo tra gli Stati Uniti e Dodik. Inoltre, alla fine di ottobre, gli Stati Uniti hanno revocato le sanzioni contro Dodik e altre 48 persone fisiche e giuridiche. Secondo gli analisti. Una decisione che gli analisti collegano alla disponibilità di Dodik di rimuovere tutti gli ostacoli per cui le sanzioni erano state introdotte.

L’elenco degli aventi diritto, concluso lo scorso 3 novembre, comprende 1.266.422 cittadini della Republika Srpska. I fondi destinati all’organizzazione della tornata elettorale ammontano a poco meno di 6,5 milioni di marchi (circa 3,3 milioni di euro). Già nei primi giorni della campagna elettorale, ai comizi si è assistito a discorsi incendiari e messaggi d’odio.