Il cinema sloveno regala sorprese
Al 43° Torino Film Festival, il Premio speciale della giuria è andato al film di debutto di Ester Ivakič, “Ida who sang so badly even the dead rose up and joined her in song”. Un ritratto originale della vita nella Jugoslavia degli anni ‘80

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Una scena del film "Ida who sang so badly even the dead rose up and joined her in song"
Il cinema sloveno sa regalare delle sorprese. È il caso dell’opera prima “Ida who sang so badly even the dead rose up and joined her in song” di Ester Ivakič, che si è aggiudicato un meritatissimo Premio speciale della giuria (presieduta dall’ucraino Sergei Loznitsa) del 43° Torino Film Festival chiusosi nei giorni scorsi.
È il secondo riconoscimento in ordine di importanza, dopo il vincitore, il filippino-olandese “The Garden of Earthly Delights” di Morgan Knibbe. Nell’infilata di star un po’ inutile che ha caratterizzato la manifestazione anche nella seconda edizione del mandato del direttore Giulio Base, non è mancato qualche film interessante, purtroppo messo in terz’ordine dai flash del tappeto rosso.
Uno dei lungometraggi migliori è proprio quello di debutto di Ivakič, presentato in prima mondiale a Torino e ambientato negli anni ‘80, nella regione nordorientale di Prekmurje.
La Ida del lunghissimo titolo è una bambina di 10 anni che vive in campagna con i genitori, ascoltando vecchie storie contadine (come la leggenda cupa delle due sorelle morte in un incendio) e preoccupandosi dell’anziana nonna. La ragazzina ha come compagna di scuola la timida Terezka, che viene offesa ripetutamente dalla rigidissima insegnante di geografia perché nelle interrogazioni non conosce i fiumi del suo Paese.
Dopo che la protagonista ha visto la nonna cadere a terra per strada apparentemente morta e, poco più tardi, rialzarsi come se niente fosse, le due stringono un legame ancora più stretto, frequentandosi fuori dall’aula e innalzando particolari preghiere alla Madonna, chiedendole di esaudire i loro desideri. Intanto a scuola si tengono i provini per il coro (c’è qualche comunanza con l’altro film sloveno di punta dell’annata, “La ragazza del coro” di Urška Đukić, premiato in tanti festival e uscito in Italia nei mesi scorsi, sebbene quello abbia una protagonista adolescente e si concentri più sul gruppo canoro), ma Ida non sembra molto portata per il canto e le sue prove non soddisfano la maestra.
Intanto i genitori litigano sempre di più e la madre (interpretata da Judita Frankovic Brdar, la più conosciuta tra gli interpreti) se ne va di casa portandosi la figlia. “Ida” è un film sorprendente, che si sviluppa in maniera quasi sempre inaspettata, libera e imprevedibile, nelle atmosfere rurali uniche che contraddistinguono la regione al confine con l’Ungheria.
Un ritratto originale della vita nella Jugoslavia degli anni ‘80 che già mostrava crepe, tra rigidi allineamenti al regime e piccole grandi deviazioni dalla linea ufficiale. Uno sguardo inusuale e fresco, tra belle immagini e musiche coinvolgenti, sulla morte, la vita, la religione, l’amicizia, la spiritualità da ragazzine che sconfina nel gioco, le tradizioni, la famiglia e il comunismo.
Ora c’è da augurarsi che anche questa pellicola trovi una distribuzione in Italia e magari anche un pubblico incuriosito.
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