Croazia, tra nazionalismo e antifascismo

Migliaia di persone hanno manifestato il 30 novembre a Zagabria, a Fiume e in altre città croate attorno allo slogan “Uniti contro il fascismo”. Una risposta al crescente nazionalismo nel paese

05/12/2025, Giovanni Vale Zagabria
La manifestazione antifascista del 30 novembre 2025 a Zagabria © Sanja Matić / Za Hrvatsku slobode

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La manifestazione antifascista del 30 novembre 2025 a Zagabria © Sanja Matić / Za Hrvatsku slobode

“Amiche e amici, oggi siamo qui perché vogliamo una Croazia migliore, perché non vogliamo vergognarci del nostro Paese, perché non vogliamo che affondi nella barbarie e nel fascismo. Siamo qui, oggi, per cambiare il futuro della Croazia, perché il passato non si può cambiare, per quanto ad alcuni questo non sia chiaro. E proprio in quel passato, gli antifascisti hanno scritto i capitoli più gloriosi. Rifiutiamo di essere ostaggi di quelli a cui conviene che la guerra non finisca mai”.

Domenica 30 novembre, davanti a circa 10mila persone, l’attore croato Damir Markovina ha pronunciato queste parole, scritte dall’autrice Olja Savičević Ivančević, a nome di tutti gli intellettuali e artisti scesi in piazza per manifestare contro il fascismo. Da settimane, infatti, in Croazia si assiste ad una preoccupante spirale di violenza di stampo nazionalistico, fatta di slogan ustascia, raduni e intimidazioni. Una degenerazione a cui il mondo della cultura croato ha deciso di dire basta.

La manifestazione antifascista a Zagabria del 30 novembre 2025 © Sanja Matić / Za Hrvatsku slobode

La manifestazione antifascista del 30 novembre 2025 a Zagabria © Sanja Matić / Za Hrvatsku slobode

Una lunga estate di violenze

Simbolicamente, la lunga estate di violenze e pressioni nazionalistiche è iniziata in Croazia il 5 luglio, con il concerto, all’ippodromo di Zagabria, del cantante Marko Perković, meglio noto come Thompson, a cui hanno partecipato, secondo gli organizzatori, circa 500mila persone. Celebre per i suoi testi nazionalisti, Thomspon, che deve il suo nome al mitra che usava durante la guerra degli anni Novanta, ha intonato all’ippodromo anche la celeberrima Bojna Čavoglave, registrata nel 1991 e che inizia con il saluto ustascia “Za dom spremni!” (Per la patria, pronti!).

Tra il pubblico c’erano anche il Primo ministro Andrej Plenković e diversi dei suoi ministri, uno dei quali ha ammesso di aver scandito il saluto ustascia, dando un’ulteriore spinta alla normalizzazione del nazionalismo più radicale e dei suoi simboli. A quel punto il resto dell’estate (e dell’autunno) è stato un crescendo di provocazioni, assalti e intimidazioni a cui il governo ha risposto – se non con connivenza – con blande condanne proforma.

Sarebbe impossibile elencare tutti i recenti attacchi nazionalisti al mondo della cultura e alla minoranza serba. Citiamo dunque i casi più eclatanti. Il 25 agosto, a Benkovac, il festival “Nosi se” viene annullato dopo le pressioni di gruppi locali di veterani di guerra che arrivano con cori nazionalisti e intimidazioni. L’evento avrebbe dovuto aprirsi con la proiezione del film Mirotvorac (2025), dedicato al poliziotto Josip Reihl Kir, assassinato nel 1991 per il suo impegno pacificatore.

Qualche giorno dopo, pressioni simili colpiscono il festival “FALIS” a Sebenico, ma in questo caso il sindaco difende gli organizzatori e la manifestazione si svolge regolarmente. Va peggio al festival “Oglede” di Velika Gorica. Gli organizzatori, sempre nello stesso periodo, decidono invece di annullare l’evento, previsto per inizio ottobre, a causa del clima intimidatorio.

Il mese di novembre si apre con il fatto, fino ad allora, più grave: una cinquantina di uomini vestiti di nero e a volto coperto interrompono le Giornate della cultura serba in un piccolo centro culturale di Spalato, bloccando l’esibizione di un gruppo folkloristico giovanile venuto da Novi Sad. Passano appena pochi giorni e a Zagabria si ripete una scena simile: un centinaio di persone tentano di impedire una mostra al Centro culturale serbo, ma sono dispersi dalla polizia. L’indomani a Fiume un altro gruppo, questa volta armato di bastoni, tenta di aggredire la nazionale giovanile serba di karate.

Due Croazie

Il Premier Andrej Plenković ha condannato gli attacchi, qualificandoli come “incidenti locali” e assicurando che il suo governo non è responsabile di aver “liberato il genio dell’ideologia ustascia dalla bottiglia”. “Questo governo non tollera né il revisionismo né l’ideologia ustascia”, ha affermato il premier dopo l’attacco di Spalato a inizio novembre. La manifestazione di domenica 30 novembre lo ha invece lasciato indifferente. “Si è trattato di un tentativo di destabilizzare il governo”, ha commentato, aggiungendo che “porteremo a termine anche il nostro terzo mandato”.

Per l’opposizione, tuttavia, Plenković ha una grande responsabilità nella situazione attuale in Croazia. Nella primavera del 2024 è stato infatti proprio il premier, dopo la sua terza vittoria di fila alle legislative, a rivolgersi al Movimento patriottico (DP) di estrema destra per formare una coalizione di governo. In cambio del suo sostegno al governo, il DP ha chiesto l’esclusione dalla coalizione del partito rappresentante i serbi, che fino ad allora aveva fatto parte della maggioranza (così come i partiti rappresentanti le altre minoranze nazionali). Inoltre, il DP ha ottenuto anche un taglio ai finanziamenti pubblici al settimanale della minoranza serba Novosti. Un segnale, secondo alcuni, che il nazionalismo radicale è (di nuovo) al timone in Croazia.

Di fronte ai continui attacchi degli ultimi mesi, il mondo della cultura croato ha reagito con un appello al governo, sottoscritto ad oggi da più di 260 organizzazioni e oltre 3400 artisti e intellettuali. Si chiede all’esecutivo di smetterla di “sminuire la minaccia alla democrazia” e di intervenire rapidamente “di fronte a qualsiasi minaccia alle libertà artistiche, giornalistiche e scientifiche”. Ma l’appello pare caduto nel vuoto di fronte a due interpretazioni radicalmente opposte dei fenomeni sociali in corso: da un lato l’opposizione e migliaia di operatori culturali, dall’altro la maggioranza al governo.

Il ministro della Difesa Ivan Anušić (HDZ), ad esempio, ovvero quello che al concerto di Thompson ha gridato “Za dom spremni!”, ha accusato chi ha manifestato domenica 30 novembre di aver sfilato “contro la Croazia”. Lo stesso Plenković ha definito “non importante né rilevante” il problema del revisionismo storico nel paese, invitando la gente a interessarsi ai progetti europei “dove non ci sono né ustascia né drammi antifascisti”. Dall’altro lato, un editorialista progressista come Tomislav Klauški accusa invece proprio la destra di “lavorare contro la Croazia”, mentre la sinistra liberale cerca di salvare la Croazia antifascista e costituzionale.

La manifestazione antifascista a Zagabria del 30 novembre 2025 © Sanja Matić / Za Hrvatsku slobode

La manifestazione antifascista del 30 novembre 2025 a Zagabria © Sanja Matić / Za Hrvatsku slobode

La manifestazione di domenica 30 novembre ha mostrato con preoccupante drammaticità che questa divisione è presente anche nella società croata, con gruppi di ultras e nazionalisti croati che hanno attaccato i cortei antifascisti sotto lo sguardo spesso indifferente della polizia. Ecco che la marcia di domenica non è stata solo un evento simbolico e di riscatto, ma anche un atto di rivendicazione concreta di sicurezza nello spazio pubblico.

“Al posto di una guerra permanente e di un dopoguerra senza fine, vogliamo solamente vivere la pace e la libertà: e la pace e la libertà non devono essere un privilegio per pochi”, ha affermato Davor Markovina sulla piazza centrale di Zagabria, che ha concluso il suo discorso parafrasando la celebre citazione di Martin Niemöller sul pericolo di rimanere in silenzio davanti al dilagare della violenza. Dopo gli attori, gli scrittori e i giornalisti, dopo il folklore serbo, gli antifascisti, i nepalesi e le femministe, gli attacchi dei radicali nazionalisti croati coinvolgeranno tutti, anche quelli che tacciano – ha detto Markovina. Ma in quell’occasione, ha promesso l’attore, “noi non taceremo”.