Bosnia Erzegovina, dopo la sentenza contro Dodik

Lunedì 18 agosto la Commissione elettorale della Bosnia Erzegovina (CIK), sulla base della recente sentenza di condanna definitiva emessa dal Tribunale della BiH, ha revocato il mandato di presidente della Republika Srpska (RS) a Milorad Dodik. Un’analisi

19/08/2025, Arman Fazlić Sarajevo

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Milorad Dodik © Alexandros Michailidis/Shutterstock

Lo scorso primo agosto il Tribunale della BiH ha confermato la sentenza di primo grado a carico di Dodik, condannato ad un anno di carcere e a sei anni di interdizione dalle cariche pubbliche per non aver rispettato le decisioni dell’Alto rappresentante in BiH.

Ora che Dodik è stato ufficialmente rimosso dall’incarico di presidente della Republika Srpska, la CIK dovrà convocare elezioni anticipate per eleggere il nuovo presidente dell’entità serba.

La sentenza definitiva di condanna a carico di Milorad Dodik ha suscitato una valanga di reazioni sconcertanti, comprese le minacce di chi invoca un’ulteriore escalation della crisi istituzionale e politica in BiH attraverso nuove decisioni del parlamento della Republika Srpska.

Reagendo a caldo, Dodik ha annunciato l’intenzione di rivolgersi ad alcuni paesi – tra cui Serbia, Russia, Ungheria e Stati Uniti – per chiedere aiuto. Come da consuetudine, Dodik ha contestato l’autorità dell’Alto rappresentante della comunità internazionale in BiH, ha utilizzato un linguaggio dispregiativo parlando dei bosgnacchi, lasciandosi andare anche agli insulti rivolti al capo della diplomazia britannica David Lammy.

Le conseguenze del verdetto

Dopo che il collegio giudicante della Sezione d’Appello del Tribunale della BiH ha confermato la sentenza di condanna di primo grado contro il presidente della Republika Srpska all’inizio di agosto, la CIK ha deciso di revocare il mandato a Dodik. Quest’ultimo ha fatto ricorso e lunedì 18 agosto la Sezione d’Appello ha emesso la sentenza definitiva sulla revoca del mandato.

Dando l’impressione di essere sicuro di sé, Dodik sostiene che il suo tempo debba “ancora arrivare”, continuando ad accusare il Tribunale della BiH di essere un organismo “politico”. Proseguono anche i tentativi – a cui contribuiscono coralmente i collaboratori e sostenitori del leader della RS – di strumentalizzare il processo e la stessa sentenza a carico di Dodik, presentandola come una sentenza “contro la Republika Srpska e contro il popolo serbo”.

Dodik alza la posta in gioco e annuncia, quasi minacciando, di voler proseguire lo scontro con le istituzioni statali, convocare una nuova seduta dell’Assemblea popolare della RS (NSRS) e lanciare l’ennesima campagna di boicottaggio, anche per ostacolare le imminenti elezioni per il presidente della Srpska.

In precedenza, Dodik ha dichiarato che, nonostante la sentenza definitiva, non ha intenzione di rinunciare al mandato che gli è stato conferito dal popolo. Ha poi annunciato un referendum, che potrebbe tenersi a fine settembre, per ottenere il sostegno plebiscitario per restare al potere.

Ci si aspetta che a breve venga convocata la seduta straordinaria del parlamento della RS, precedentemente annunciata, dove si dovrebbe discutere e decidere anche sul referendum, come indicato nell’ordine del giorno, pubblicato nei giorni scorsi.

Se non dovesse rispettare la decisione della Commissione elettorale sulla revoca del mandato – decisione presa sulla base della sentenza del Tribunale della BiH – Dodik potrebbe essere sottoposto ad una nuova indagine, questa volta per il mancato rispetto delle decisioni di un organismo statale.

È curioso notare come il governo di Dodik, salito al potere nel 2006, sia stato caratterizzato da decine di inviti ad organizzare referendum, di cui solo uno si è concretizzato nel 2016, con il voto sul Giorno della Republika Srpska. I risultati del referendum – dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale della Bosnia Erzegovina – non sono mai stati ufficialmente resi noti.

Da anni ormai, ogni volta che vengono minacciati gli interessi di Dodik, nello spazio pubblico tornano a risuonare minacce di secessione, referendum e indipendenza.

L’ipocrisia politica

Il team legale di Dodik ha impugnato la decisione della Commissione elettorale sulla revoca del mandato, pur trattandosi di una decisione basata su una sentenza definitiva. Ad esprimersi sul ricorso è stata la Sezione d’appello del Tribunale della BiH.

Oltre alla richiesta, rivolta alla Corte costituzionale della BiH, di sospendere temporaneamente l’attuazione della sentenza, gli avvocati di Dodik hanno chiesto – e ottenuto – la conversione della pena detentiva di un anno in una pena pecuniaria.

Negli ultimi anni, tutte le istituzioni statali di cui sopra sono state sistematicamente screditate da Dodik, dai suoi più stretti collaboratori e dalle istituzioni della Republika Srpska.

L’ipocrisia con cui gli avvocati di Dodik si rivolgono alle istituzioni che Dodik stesso non riconosce, mette in discussione e vanifica le precedenti dichiarazioni del leader della RS, come anche le decisioni del parlamento dell’entità serba volte a delegittimare le istituzioni statali, le loro decisioni e sentenze.

Il rimpasto di governo, l’opposizione e il destino dell’SNSD

Radovan Višković, primo ministro della Republika Srpska, si è dimesso lunedì 18 agosto, aprendo la strada ad un rimpasto di governo. L’azione, stando ai media locali, è stata pensata è pianificata da mesi.

Il premier e quattro (dei sedici) ministri del governo dimissionario figurano nella “lista nera” degli Stati Uniti.

Al momento non è chiaro come si possa procedere verso un rimpasto di governo, considerando che la Republika Srpska non ha più un presidente autorizzato a proporre un mandatario per formare il nuovo esecutivo.

Dopo il verdetto, l’Unione dei socialdemocratici indipendenti (SNSD), guidata da Dodik, ha invitato tutti gli attori politici in RS – compresi i partiti di opposizione etichettati dall’SNSD come traditori – a formare un governo di unità nazionale, offrendo loro cariche ministeriali.

Il partito di Dodik ha anche esortato le forze politiche della RS ad adottare azioni comuni all’interno delle istituzioni statali.

L’appello di Dodik per formare un governo di unità nazionale e boicottare le elezioni anticipate ha suscitato reazioni ambivalenti, rischiando di portare ad una polarizzazione dell’opposizione, ma anche a dissidi all’interno dei singoli partiti.

L’opposizione, ormai indebolita, si trova quindi ad affrontare una grande sfida: raggiungere un accordo su un candidato comune per le eventuali elezioni anticipate. Ci si aspetta che nei prossimi giorni l’opposizione esprima posizioni più concrete, tenendo conto della decisione definitiva di revocare il mandato a Dodik.

Reazioni inappropriate di Russia, Ungheria e Serbia

Il sostegno che la Federazione Russa, la Serbia e l’Ungheria forniscono a Milorad Dodik – in modo esplicito e contrario alle norme del diritto internazionale e al concetto di sovranità, un concetto che implica il principio di non ingerenza negli affari interni di un altro paese – non è certo un fenomeno nuovo né sorprendente.

L’Ambasciata della Federazione russa a Sarajevo ha criticato la sentenza contro “l’agente russo nei Balcani”, vedendovi una decisione politica, continuando così ad esercitare pressioni sulla magistratura bosniaco-erzegovese. Allo stesso tempo, sono stati messi in discussione l’operato e il mandato dell’Alto rappresentante in BiH Christian Schmidt.

Il verdetto contro Dodik è stato anche oggetto di una sessione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convocata pochi giorni fa su richiesta della Russia, con il sostegno della Cina. Il rappresentante della Russia all’Onu ha affermato, tra l’altro, che il processo contro Dodik rappresenta una “minaccia alla stabilità della Bosnia Erzegovina”.

Quanto alle reazioni in BiH, i partiti della cosiddetta “trojka” (SDP BiH, NiP e NS) – peraltro partner di coalizione dell’SNSD di Dodik a livello statale – hanno tenuto un incontro con gli ambasciatori dei paesi Quint [USA, Regno Unito, Francia, Germania e Italia] e i rappresentanti dell’UE, mettendo in guardia sulle “minacce russe” dopo il verdetto a carico Dodik. Le ambasciate dei partner occidentali della BiH hanno espresso sostegno alle istituzioni statali.

Il ministro degli Esteri ungherese ha condannato la sentenza contro Dodik definendola una “caccia politica alle streghe”. Attualmente, l’Ungheria – proprio grazie ai legami con Dodik – sta realizzando alcuni progetti energetici e minerari in Republika Srpska, beneficiando di concessioni e altre agevolazioni, rafforzando così la propria influenza politica ed economica nei Balcani occidentali.

Il presidente serbo Aleksandar Vučić, parlando dei “nostri fratelli minacciati in RS”, sta sfruttando la situazione in Bosnia Erzegovina per distogliere l’attenzione dai problemi interni.

In un momento in cui i cittadini serbi sono sottoposti alla più grande repressione dai tempi delle proteste contro il regime di Milošević, Vučić ha ospitato Dodik a Belgrado per discutere di “attacchi interni ed esterni alla Serbia e alla Republika Srpska”, “protezione degli interessi nazionali” e “unità nazionale”.

Poco dopo la pubblicazione della sentenza a carico di Dodik, Vučić ha dichiarato che la Serbia non accetterà il verdetto e che sosterrà la Republika Srpska, precisando che si tratta di decisioni adottate durante una seduta d’urgenza del Consiglio di sicurezza nazionale.

Negli ultimi anni la leadership della Republika Srpska ha profuso enormi risorse e sforzi per guadagnarsi il favore dell’amministrazione statunitense. Tuttavia, il nuovo rapporto del Dipartimento di Stato sulla situazione dei diritti umani in Bosnia Erzegovina, pubblicato la scorsa settimana, punta il dito proprio sulle autorità della RS, indicate come la principale fonte di minacce alla pace, ai valori democratici e alle istituzioni della Bosnia Erzegovina.