Armenia e Azerbaijan: una rara occasione per la pace
Armenia e Azerbaijan avanzano verso la normalizzazione: accordo quasi pronto, dialoghi politici e civili in crescita, confini in discussione e scambi ripresi. Persistono opposizioni interne, ma i segnali di pace si moltiplicano

© Jacek Wojnarowski/Shutterstock
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Dall’incontro dell’8 agosto tra i leader di Armenia e Azerbaijan, Nikol Pashinyan e Ilham Aliyev, alla Casa Bianca insieme al presidente degli Stati Uniti Donald Trump, non passa settimana che non si verifichino sviluppi nei rapporti tra i due vicini, un tempo in guerra. Nonostante il testo di un accordo in diciassette punti per normalizzare le relazioni dopo oltre trent’anni di conflitto sia stato solo siglato in attesa di una firma ufficiale, lo slancio sembra evolvere nella giusta direzione.
L’unica questione irrisolta resta la modifica della Costituzione armena per rimuovere un controverso preambolo che rivendica un territorio all’interno dell’Azerbaijan, anche se l’attuale governo di Yerevan respinge tale interpretazione. Tuttavia, Baku teme che i futuri governi possano invocare quel preambolo, che fa riferimento alla Dichiarazione d’indipendenza del 1990.
Pashinyan, sostanzialmente favorevole alla riforma costituzionale, afferma che gli emendamenti proposti saranno sottoposti al voto popolare attraverso un referendum da convocare dopo le elezioni parlamentari del prossimo anno.
Ci sono anche altre questioni di grande importanza per creare una pace duratura, questioni che però non vengono affrontare nel cosiddetto trattato “sulla pace e l’istituzione di relazioni interstatali tra la Repubblica di Armenia e la Repubblica di Azerbaijan”, finalizzato a marzo. Secondo Pashinyan, da ormai più di ventidue mesi non si è verificato un solo incidente con scambio di colpi d’arma da fuoco transfrontalieri. Si tratta di uno sviluppo senza precedenti nella storia travagliata delle relazioni tra Armenia e Azerbaijan, che potrebbe creare un ambiente generale favorevole alla pace. Si moltiplicano anche gli incontri tra i cittadini armeni e azerbaijani.
Se in passato gli incontri, promossi da organizzazioni internazionali, si sono tenuti all’estero, ora vengono perlopiù organizzati bilateralmente, svolgendosi nelle due capitali, Yerevan e Baku. Le organizzazioni non governative locali e straniere che in passato hanno organizzato incontri pubblici e conferenze a Tbilisi continuano a farlo, anche se c’è chi lo nega. Tuttavia, una recente iniziativa bilaterale che ha coinvolto analisti regionali e rappresentanti della società civile in visita a Yerevan e Baku è senza precedenti.
A settembre, il co-direttore di un think tank azerbaijano ha partecipato ad un seminario organizzato dall’Assemblea parlamentare della NATO a Yerevan. Eventi analoghi sono stati registrati anche prima della guerra dei quarantaquattro giorni nel 2020. A ottobre, cinque cittadini azerbaijani, rappresentanti di alcuni think tank e media, sono volati direttamente a Yerevan da Baku con un aereo dell’Azerbaijan Airlines, per la prima volta in quattordici anni, per incontrare cinque colleghi della società civile armena. A novembre, questi ultimi si sono recati a Baku con un volo diretto della compagnia Fly One Armenia per proseguire il dialogo.
C’è chi ritiene che questo esempio virtuoso della cosiddetta diplomazia parallela possa fornire suggerimenti e feedback al processo ufficiale tra i due governi. Entrambi gli eventi hanno incluso anche brevi incontri con due alti funzionari governativi, nello specifico con Armen Grigoryan, segretario del Consiglio di sicurezza armeno, a Yerevan, e con Hikmet Hajiyev, consigliere del presidente azerbaijano, a Baku. L’iniziativa è stata denominata “Il ponte della pace” e in futuro dovrebbe coinvolgere le comunità di confine e i media. Gli incontri si sono svolti senza incidenti.
Questo però non significa che non ci sia stata alcuna opposizione. Prima della partenza della delegazione armena per Baku, i media di Yerevan hanno contestato il costo dei voli charter. I media armeni hanno criticato anche la partecipazione di due giornalisti e due analisti azerbaijani ad un altro seminario a Yerevan. Il governo armeno ha coperto le spese del pernottamento, esattamente come ha fatto il governo azerbaijano per i cinque delegati armeni alla fine del mese scorso. Parliamo però di cifre irrisorie rispetto alle decine di milioni di euro che ad oggi l’Unione europea ha messo a disposizione dei due paesi.
Dal 2012 al 2015, il Partenariato europeo per la risoluzione pacifica del conflitto in Nagorno-Karabakh (EPNK), promosso dall’UE, ha ricevuto 5,8 milioni di euro per progetti di cui la popolazione dei due paesi e persino alcuni ambasciatori occidentali non hanno mai saputo nulla. L’EPNK è stato operativo dal 2010 al 2019. Il processo attualmente in corso è più trasparente ed evidentemente sta dando i suoi frutti.
A novembre, le delegazioni di Armenia e Azerbaijan si sono incontrate a margine di un evento dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE a Istanbul. Si prevedono altri incontri di questo tipo tra l’Assemblea nazionale di Yerevan e quella di Baku. Anche Alen Simonyan, presidente del parlamento armeno, ha dichiarato di voler visitare Baku. Sempre a novembre, le commissioni armena e azerbaijana per la delimitazione e demarcazione dei confini si sono incontrate a Gabala, in Azerbaijan. Il prossimo incontro si dovrebbe tenere in una città armena.
Ad ogni modo, i contatti – formali e informali – tra i rappresentanti dei due paesi testimoniano l’esistenza di una certa volontà politica di normalizzare le relazioni per preparare le popolazioni ad un eventuale accordo di pace. Non è però chiaro come le società stesse percepiscano questo processo, soprattutto considerando la contrarietà delle forze di opposizione in Armenia e degli ambienti dissidenti azerbaijani, attivi principalmente al di fuori della regione. Fino a poco tempo fa, sono stati proprio questi soggetti a ricevere gran parte dei finanziamenti dell’UE per incontri segreti tenuti all’estero.
Molti in Armenia semplicemente non credono che la pace sia vicina, data la recente storia di continui fallimenti. Forse per questo le ong continuano a portare avanti le loro attività. A novembre, quarantadue giovani provenienti da Armenia e Azerbaijan si sono incontrati a Tbilisi per sviluppare quella che definiscono una visione di pace e dialogo tra i due paesi. L’incontro è stato facilitato dalla ong LINKS Europe con sede all’Aja, che in passato faceva parte dell’EPNK. Si è trattato di un evento aperto e trasparente, con la partecipazione di alcuni ambasciatori occidentali e della Missione dell’Unione europea in Armenia (EUMA). C’è però ancora molto lavoro da fare.
In un sondaggio d’opinione condotto nel giugno di quest’anno dall’International Republican Institute (IRI) il 47% degli armeni si è detto favorevole ad un accordo di pace con l’Azerbaijan, il 10% è rimasto indeciso in attesa del testo del trattato, mentre circa il 40% si è opposto a qualsiasi accordo. Va sottolineato però che il sondaggio è stato effettuato prima della pubblicazione del testo completo dell’accordo, siglato e reso pubblico solo dopo la Dichiarazione di Washington dell’8 agosto.
Nel 2023, un sondaggio condotto in Azerbaijan ha rilevato che il 78,5% degli intervistati era a favore di un accordo di pace con l’Armenia. Da allora i dati non sono più stati aggiornati.
A sei mesi dalle elezioni parlamentari in Armenia, previste per il prossimo 7 giugno, tali sondaggi sono importanti, non solo per il futuro politico di Pashinyan, ma per ogni eventuale accordo di pace tra Armenia e Azerbaijan. In questo contesto, i governi e la società civile svolgono un ruolo fondamentale. I dettagli di qualsiasi trattato di pace e dei relativi accordi devono essere spiegati in modo approfondito ai cittadini di entrambi i paesi.
Inoltre, i risultati dell’attuale processo di normalizzazione devono essere tangibili e percepiti da tutti. Si può affermare che, per ora, la situazione sta evolvendo in questa direzione.
Il mese scorso, Baku ha revocato l’embargo sul transito di merci da e verso l’Armenia attraverso il territorio azerbaijano. Il grano russo e kazako è stato il primo prodotto a beneficiare della decisione. È probabile che sviluppi analoghi si verifichino nei prossimi mesi. Da notare che il prossimo vertice della Comunità politica europea (CPE) si terrà a Yerevan nel maggio del 2026, in concomitanza con l’inizio ufficiale della campagna elettorale in Armenia. Il processo di normalizzazione, con ogni probabilità, sarà tra i principali temi in agenda.
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