Srebrenica, Siria

19 luglio 2012

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Un editoriale del Guardian (Srebrenica: the silence over Britain's guilt must be ended ) sostiene che la Gran Bretagna è tra i Paesi responsabili per quanto accadde a Srebrenica nel luglio 1995.

L'autore dell'articolo, Vernon Bogdanor, cita in particolare l'ex Ambasciatore degli Stati Uniti alla Nato, Robert Hunter, secondo cui la responsabilità per la “mancata azione militare della Nato [a Srebrenica] è di Londra”.

L'articolo, che ha attirato centinaia di commenti , non tutti positivi, conclude sostenendo che l'allora ministro degli Esteri britannico, Douglas Hurd, dovrebbe scusarsi, avendo coinvolto con la propria politica la Gran Bretagna nella peggiore atrocità avvenuta in Europa dopo l'Olocausto.

È importante che nel dibattito pubblico europeo emerga un sentimento comune di responsabilità per quanto avvenuto a Srebrenica. Sinora questa responsabilità era stata limitata all'Olanda e ai suoi caschi blu. Alla domanda che emerge dall'editoriale del quotidiano britannico, in particolare, non è mai stata data risposta. Gli ufficiali olandesi, sul campo, hanno dichiarato di aver richiesto l'intervento aereo che, secondo gli accordi, l'Alleanza era pronta a dare. Allora perché la Nato non è intervenuta con i raid aerei bloccando i tank serbi che, in fila per uno, si inerpicavano per la stretta strada di montagna che conduce a Srebrenica?

Le conclusioni del ragionamento del Guardian non riguardano però il rafforzamento delle Nazioni Unite, o la creazione di nuovi, efficaci meccanismi internazionali di prevenzione e interposizione nelle crisi. L'esempio sono gli interventi delle (auto)convocate coalizioni di Stati, in particolare il Kosovo e la Libia. Sullo sfondo c'è la questione che sta lentamente arrivando al centro dell'attenzione internazionale. Che fare per quanto sta accadendo in Siria?


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