In memoria di Lejla Hairlahović

2 dicembre 2020

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"Con profonda tristezza informiamo che stanotte [il 28 novembre, ndr] ci ha lasciato Lejla Hairlahović, ricercatrice del Museo dell'infanzia in guerra (War Childhood Museum). Lejla, laureata in cultura antropologica all'Università di Zagabria, docente di inglese e con un master in studi europei, ha dato un contributo immenso alla realizzazione della collezione del nostro Museo".

Per Lejla Hairlahović (War Childhood Museum )

Con questo messaggio su Facebook il Museo di Sarajevo, progetto ideato nel 2010 da Jasminko Halilović, ha reso pubblica la morte di un'importante collaboratrice coinvolta dal 2016 in diversi progetti.

Museo che ha inaugurato la sua sede nel centro di Sarajevo nel gennaio del 2017 e che nasce, come scrivevamo su OBCT, da un percorso legato all'esperienza personale di Halilović: nato a Dobrinja, quartiere di Sarajevo, quattro anni prima dello scoppio della guerra, ha trascorso buona parte dell’infanzia nella città assediata. Partendo dall’esigenza di raccontare l'esperienza personale, Halilović ha poi allargato il campo di riflessione arrivando a raccontare il vissuto di un’intera generazione.

In memoria di una così importante collaboratrice, il Museo ha annunciato per venerdì 4 dicembre alle ore 16.00 una commemorazione a lei dedicata con l'intervento di diverse voci e che, a causa delle misure Covid, si terrà online sulla pagina Facebook del museo.

Ed è proprio il Covid che si è portato via Lejla a soli 37 anni e con un passato da atleta. Lejla Hairlahović Hušić infatti è stata giocatrice di pallamano della squadra ŽRK Krajina e ŽRK Živinice, oltre che fondatrice della scuola di pallamano "Dundo Bears“ a Cazin. Inoltre, già segretaria generale della Federazione Pallamano della BiH , nel 2018 è stata tra le prime firmatarie per la Bosnia Erzegovina della "RINCK Convention": convenzione avviata dalla Federazione europea di pallamano nel 2000 che certifica gli standard europei degli allenatori e degli istruttori dei paesi aderenti.

Lejla stessa aveva espresso in un suo ultimo post su Facebook le criticità della situazione rispetto alla pandemia: "Quante persone dovranno morire perché il USK (il Cantone Unsko-Sanski) si muova? Sono ‘preoccupati’. Questo è tutto. Alle elezioni mancano 12 giorni, ma per i cittadini di questo cantone è un tempo troppo lungo. Non sono importanti le vite umane. Importanti i giochi politici dei potenti di questo cantone. Il direttore dell’ospedale denuncia da tempo che hanno perso il controllo sull’epidemia. Ma i responsabili tacciono. Mentono dicendo che tutto è ok. Mentre la situazione è visibile ai nostri occhi. Mancano 12 giorni alle elezioni. Stanotte hanno aperto il reparto COVID 3, in due giorni si è riempito".

Una pandemia che sta colpendo pesantemente il paese, dove alla data di ieri 2 dicembre , i positivi sono arrivati alla cifra di 90378, su 425.012 testati, con 2773 morti (+46 rispetto all'1 dicembre). L'emergenza nel paese viene denunciato da settimane attraverso gli appelli dei medici. Tra questi Sebija Izetbegović, direttrice generale del KCUS (Kliničkog centra Univerziteta u Sarajevu, Centro clinico universitario di Sarajevo) che oggi ha dichiarato per Faktor : "Continueremo a fare il nostro lavoro come promesso ai cittadini, ma non so per quanto potremo reggere. Il problema principale per i nostri pazienti è la mancanza di assistenza sanitaria di base, per cui arrivano da noi in ospedale in condizioni già molto difficili. Per questo ho più volte lanciato un appello al governo cantonale sull'urgente necessità di mobilitare tutte le strutture sanitarie del territorio".


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